Le migliori poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia

Le quattro del mattino

Ora dalla notte al giorno.
Ora da un fianco all'altro.
Ora per trentenni.

Ora rassettata per il canto dei galli.
Ora in cui la terra ci rinnega.
Ora in cui il vento soffia dalle stelle spente.
Ora del chissà-se-resterà-qualcosa-di-noi.

Ora vuota.
Sorda, vana.

Fondo di ogni altra ora.

Nessuno sta bene alle quattro del mattino.
Se le formiche stanno bene alle quattro del mattino
- le nostre congratulazioni. E che arrivino le cinque,
se dobbiamo vivere ancora.
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    Scritta da: Andrea De Candia

    Possibilità

    Preferisco il cinema.
    Preferisco i gatti.
    Preferisco le querce sul fiume Warta.
    Preferisco Dickens a Dostoevskij.
    Preferisco me che vuol bene alla gente
    a me che ama l'umanità.
    Preferisco avere sottomano ago e filo.
    Preferisco il colore verde.
    Preferisco non affermare
    che l'intelletto ha la colpa di tutto.
    Preferisco le eccezioni.
    Preferisco uscire prima.
    Preferisco parlare con i medici d'altro.
    Preferisco le vecchie illustrazione a tratteggio.
    Preferisco il ridicolo di scrivere poesie
    al ridicolo di non scriverne.
    Preferisco in amore gli anniversari non tondi,
    da festeggiare ogni giorno.
    Preferisco i moralisti
    che non mi promettono nulla.
    Preferisco una bontà avveduta a una credulona.
    Preferisco la terra in borghese.
    Preferisco i paesi conquistati a quelli conquistatori.
    Preferisco avere delle riserve.
    Preferisco l'inferno del caos all'inferno dell'ordine.
    Preferisco le favole dei Grimm alle prime pagine.
    Preferisco foglie senza fiori a fiori senza foglie.
    Preferisco i cani con la coda non tagliata.
    Preferisco gli occhi chiari, perché li ho scuri.
    Preferisco i cassetti.
    Preferisco molte cose che qui non ho menzionato
    a molte pure qui non menzionate.
    Preferisco gli zeri alla rinfusa
    che non allineati in una cifra.
    Preferisco il tempo degli insetti a quello siderale.
    Preferisco toccare ferro.
    Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando.
    Preferisco prendere in considerazione perfino la possibilità
    che l'essere abbia una sua ragione.
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      Scritta da: Andrea De Candia

      Vietnam

      Donna, come ti chiami? - Non lo so.
      Quando sei nata, da dove vieni? - Non lo so.
      Perché ti sei scavata una tana sottoterra? - Non lo so.
      Da quando ti nascondi qui? - Non lo so.
      Perché mi hai morso la mano? - Non lo so.
      Sai che non ti faremo del male? - Non lo so.
      Da che parte stai? - Non lo so.
      Ora c'è la guerra, devi scegliere. - Non lo so.
      Il tuo villaggio esiste ancora? - Non lo so.
      Questi sono i tuoi figli? - Sì.
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        Scritta da: Andrea De Candia

        Del non leggere

        In libreria con l'opera di Proust
        non ti danno un telecomando,
        non puoi cambiare
        sulla partita di calcio
        o sul telequiz con in premio una Volvo.

        Viviamo più a lungo,
        ma con minor esattezza
        e con frasi più brevi.

        Viaggiamo più veloci, più spesso, più lontano
        e torniamo con foto invece di ricordi.
        Qui sono io con uno.
        Là, credo, è il mio ex.
        Qui sono tutti nudi,
        quindi di certo in spiaggia.

        Sette volumi - pietà.
        Non si potrebbe riassumerli, abbreviarli
        o meglio ancora mostrarli in immagini?
        Una volta hanno trasmesso un serial, La bambola,
        ma per mia cognata è di un altro che inizia con la P.

        E poi tra parentesi, chi mai era costui.
        Scriveva, dicono, a letto, per interi anni.
        Un foglio dopo l'altro,
        a velocità ridotta.
        Noi invece andiamo in quinta
        e - toccando ferro - stiamo bene.
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          Scritta da: Andrea De Candia

          Stupore

          Perché mai a tal punto singolare?
          Questa e non quella? E qui che ci sto a fare?
          Di martedì? In una casa e non nel nido?
          Pelle e non squame? Non foglia, ma viso?
          Perché di persona una volta soltanto?
          E sulla terra? Con una stella accanto?
          Dopo tante ere di non presenza?
          Per tutti i tempi e tutti gli ioni?
          Per i vibrioni e le costellazioni?
          E proprio adesso? Fino all'essenza?
          Sola da me e con me? Perché mi chiedo,
          non a lato, né a miglia di distanza,
          non ieri, né cent'anni addietro, siedo
          e guardo un angolo buio della stanza
          come, rizzato il capo, sta a guardare
          la cosa ringhiante che chiamano cane?
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            Scritta da: Andrea De Candia

            La terra santa

            Ho conosciuto Gerico,
            ho avuto anch'io la mia Palestina,
            le mura del manicomio
            erano le mura di Gerico
            e una pozza di acqua infettata
            ci ha battezzati tutti.
            Lì dentro eravamo ebrei
            e i Farisei erano in alto
            e c'era anche il Messia
            confuso dentro la folla:
            un pazzo che urlava al Cielo
            tutto il suo amore in Dio.
            Noi tutti, branco di asceti
            eravamo come gli uccelli
            e ogni tanto una rete
            oscura ci imprigionava
            ma andavamo verso la messe,
            la messe di nostro Signore
            e Cristo il Salvatore.
            Fummo lavati e sepolti,
            odoravamo di incenso.
            E dopo, quando amavamo
            ci facevano gli elettrochoc
            perché, dicevano, un pazzo
            non può amare nessuno.
            Ma un giorno da dentro l'avello
            anch'io mi sono ridestata
            e anch'io come Gesù
            ho avuto la mia resurrezione,
            ma non sono salita ai cieli
            sono discesa all'inferno
            da dove riguardo stupita
            le mura di Gerico antica.
            Composta lunedì 30 marzo 2015
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              Scritta da: Andrea De Candia

              Lirica antica

              Caro, dammi parole di fiducia
              per te, mio uomo, l'unico che amassi
              in lunghi anni di stupido terrore,
              fa che le mani m'escano dal buio
              incantesimo amaro che non frutta...
              Sono gioielli, vedi, le mie mani,
              sono un linguaggio per l'amore vivo
              ma una fosca catena le ha ben chiuse
              ben legate ad un ceppo. Amore mio
              ho sognato di te come si sogna
              della rosa e del vento,
              sei purissimo, vivo, un equilibrio
              astrale, ma io sono nella notte
              e non posso ospitarti. Io vorrei
              che tu gustassi i pascoli che in dono
              ho sortiti da Dio, ma la paura
              mi trattiene nemica; oso parole,
              solamente parole e se tu ascolti
              fiducioso il mio canto, veramente
              so che ti esalterai delle mie pene.
              Composta venerdì 10 aprile 2015
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