Poesie inserite da Angelo Michele Cozza

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Scritta da: Angelo Michele Cozza

Me ne voglio ì'

'A vita s'è tutta scarrupàta
a cchiù nun dico
saglie e cresce a mala salute
spànteco e dulore
s'appresentano a tutte ll'ore.

'O tiempo cchiù me ncurva
spalle vraccio e  cosce
meneno strille 'e pazzo,
pe' stanchezza ll'uocchie
stanno tra veglia e suonno;
dormo a surzo o quase maje
sulo ombre e male penziere
me fanno cumpagnia
quanno ricorde  'e ati tiempe
e  lacreme s'arreposano;
'o core viecchio
malato e appucundruto
a parlà nun ce 'a fa cchiù.

Stu martirio a chi
e a che serve cchiù!
Morte pecché ancora
te vuò ‘ntallià cu me!?
L'ùrdema sigaretta
me l'aggio fumata,
viene nun aspettà
ca sponta juorno!
Viene sùbbeto
jammo, fa ampressa:
Morte pe' sempe
famme addurmì.

E vuje sentite buono:
'e cose stanno accussì!
Sta tutto scritto
sta tutto signato
e ce sta nu sulo finale.
Mo che chiàgnite a ffà
o facite 'a  faccia appesa!
C' 'o  campà  e cu munno
chiurimmo tutt'e cunte
e nun ne parlammo cchiù.
Composta sabato 6 luglio 2019
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    Scritta da: Angelo Michele Cozza

    E ora che più non ci sei

    E ora che più non ci sei
    che ieri sei andata via senza un bacio
    dimmi che devo farne della mia vita?
    Se avrò forza verrò a deporre
    un fiore sulla tua tomba
    piangendo ti parlerò ancora
    mi dirai senza voce e poi?
    Seguirti e unirmi a te quanto prima
    è il solo fine che ora mi resta
    ma come e dove ritrovarti
    se nell'aldilà non ho mai creduto
    e non ho neanche il diritto di morire
    per abbreviare l'attesa di raggiungerti?
    Nel nulla e nel vuoto imperanti
    come dove e quando ritrovarti!
    Se da qualche parte tu dimorassi
    mi basterebbe pur un vago indizio:
    un fischio, un riverbero nel buio assoluto
    l'eco del fruscio della tua anima
    che solinga vaga nel camposanto
    tra croci o fuochi fatui
    sarebbe sufficiente per rinvenirti!
    Come vorrei crederci estinta amata
    come vorrei che tanto si avverasse:
    starebbe in piedi l'estrema speranza
    abbandonerei la certezza crudele
    da tanto in me insinuatasi e cresciuta
    che si nasce per morire e poi svanire.
    Ah venisse un giorno prossimo un vento
    generoso a portare la mia polvere
    li dove oggi già la tua l'ha preceduta.
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      Scritta da: Angelo Michele Cozza

      Rosicchi, mi sevizi e non mi uccidi!

      Affranto infelice e stanco
      annegar vorrei nel Nulla
      or che esausto di battere è il cuore
      e proibito mi è porre fine alla vita.
      Oblio pietoso perché diserti e ozi
      oh ulcere crudeli, crampi di morte!
      Luce mai sconfiggi il buio
      tutto si scompone e svanisce
      e converge in un puro zero
      che non si dispiega in nessun luogo.
      Mi son giocato tutto e ho perso
      e nelle tasche non ho più un soldo.

      Assonnati dolore che vivo
      e tu Moira perché ritardi
      e disconosci il mio diritto
      a non soffrire e più atroce
      fomenti la mia demenza
      se sono destinato a morire?
      Rosicchi mi sevizi e non mi uccidi!

      Non ostacolare il desiderio
      di farmi polvere, silenziami
      fammi tranquillo e sereno
      fammi sordo a rintocchi di campane a lutto
      salpi e ai miei morti mi ricongiunga
      nel caos e nella eterna notte io ritorni!

      Ha ogni giorno i suoi getti
      di orticarie e di spine
      un'implacabile logorio avanza
      pasce la mente acute pene
      asciugo lacrime di esser nato
      sconto il castigo di esser schiavo
      di un borioso corpo che ostinato
      il vizio di essere non abiura.

      Subita è la vita non chiesta
      e niente siamo io e te o morte!
      Amare, bere, andare al bagno
      illusioni, inganni addii e poi? Più nulla!
      O folli acquiescenti ciechi e illusi
      che accettate il calvario e la croce!

      A mani giunte e supino io sorrida
      prima di scompormi in atomi
      decreti il tempo che nel mondo
      tra miliardi di viventi a caso fui
      e che tanto per fato amai e piansi.
      Composta venerdì 30 novembre 1900
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        Scritta da: Angelo Michele Cozza

        Trottano o vanno al passo

        Trottano o vanno al passo
        tra bigie plaghe celesti
        nubi maculate e orlate
        con bioccoli sfrangiati
        già pronte a scaricare
        folgori tuoni e diluvi.
        Abbattute sete e arsure estive
        sbuffi pregni di brume
        da zolle e botri s'alzano
        al sorgere e calar di luci,
        al mugolare di ridesti venti
        stormiscono canne barbute
        chiome pallide e ramate;
        poggioli e finestre si rinchiudono
        all'avanzar di inumiditi giorni;
        di fiamme e dardi stanco
        riposa l'intiepidito sole.
        Transumanze. Remigar di stormi
        vagar di fucili ad armacollo
        lesti a impallinare suidi e alati.
        Da ramo al suolo, nei viali
        nei boschi e nei giardini,
        cadono fronde rogge e brune;
        mosti munge il torchio
        brulicano su vinacce moscerini;
        grembiuli e zaini si affoltano
        e si adunano dopo estivi riposi
        spauracchi su campi arati vegliano.

        Autunno, come puntuale ritorni!
        Più senile oggi ti incontro
        e la tua evolvente percorro
        fra arrivi di caligini e scrosci
        i tuoi coristi mesto ascolto!

        Primavera dell'inverno
        anche tu hai i tuoi frutti:
        castagne noci bacche e funghi;
        anche tu hai i tuoi fiori:
        crisantemi eriche dalie e zinne.

        Oh avvento di declini di luce
        mistica litania di funeree elegie
        epidemia di paniche malinconie
        accumuli di verdiccio per il pattume
        agonico proscenio di ingiallimenti!

        E tra queste foglie accartocciate
        che solinghe pendono dai rami
        c'è quella della mia brulla vita
        che ancor non si stacca e attende
        l'estrema e peggiore delle stagioni!
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          Scritta da: Angelo Michele Cozza

          Ammainate le fruste vele

          Ammainate le fruste vele
          raccolto sartie e stralli
          attraccato a una gomena
          è il veliero della vita
          che acqua imbarca da ogni lato;
          di aggiustamenti alla chiglia
          o alla carena ne abbiamo fatto tanti
          or increduli pur siamo qui
          in uno specchio d'acqua morta
          a chiederci se poi infine
          sia valsa la pena tenerlo a galla.
          Eh si! il fasciame è troppo marcio
          e l'affondare è solo un attardarsi
          che a mala voglia si rinnova.
          Nella volubilità dell'accadere
          senza croce né fede
          sciabordammo tra flutti
          di presente passato futuro
          fossimo a babordo o a tribordo
          poco o niente mai limpido si mostrò
          al limite dell'orizzonte fatuo
          a noi marinari attoniti
          testimoni di gommoni e affondi
          e mai invidiosi di regate
          traversate e navi da crociera
          che ostenti su azzurre pagine
          disegnavano strie di illusioni.

          Si annerirà del tutto il cielo
          infurierà una burrasca prima o poi:
          esausti e vinti, relitti inerti
          tra le fauci del gorgo spariremo.
          Più che mai oggi sappiamo
          che quanto conoscemmo o farneticammo
          -tinto di ottimismo o pessimismo-
          fu appena una goccia d'acqua
          e l'oceano ciò che ignorammo,
          che nell'oscurità dell'abisso
          ineluttabile affonda e si silenzia
          senza senso ogni vita vagheggiata.
          Si, anche dalla stiva buia
          sentivamo o l'avevamo intuito
          che pur se non si mostrava
          a pochi passi la morte volteggiasse
          che balordi sarebbero finiti i colloqui
          gli screzi e le schermaglie con le ombre!
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            Scritta da: Angelo Michele Cozza

            Su una stinta panchina

            Su una stinta panchina ove soli
            da tanto sostiamo in attesa di morire
            lo sognammo a lungo
            e dolcemente una compagna
            loquace che venisse a sedersi vicino
            e ci prendesse la mano nel saluto.
            Amara e dura è la solitudine
            oh sopraggiunta ammaliatrice!
            Sai, la beffarda appostata veglia
            non si lascia sviare e intrigante
            ci fa domande sul nostro futuro!
            Mi alzeranno in volo le tue parole
            se fervide si posano sul petto
            sereno concluderò il mio viaggio
            tra i fiori prossimi di una primavera
            che viene a cancellare i postumi
            di un uggioso inverno piovoso
            denso di assenze e fitto di nebbie.
            Fatti più vicina, su accostati
            avvinciti gioiosa alla mia vita
            riscaldami e ricuci i miei strappi.
            Da rovine e macerie affettive
            portami nel lussuoso centro
            della tua anima imbellettata
            ancor fluiscano acque argentate
            nel greto arso del mio destino
            e fruttifichino su rive
            abbandonate dovizie prelibate;
            fammi compagnia e rinasca
            su labbra senili un sorriso:
            da un cobalto cielo ruba
            una stella che pulsi per noi due!
            Attraversami feconda onda solare
            disperdi la torma di ombre rapaci
            che mi volteggiano intorno:
            batta il cuore sotto il tuo tepore
            si specchi poi nei tuoi occhi verdi
            nell'altitudine di una speme risorta!
            Composta giovedì 12 luglio 2018
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              Scritta da: Angelo Michele Cozza

              Luce che riverberi e mi guidi

              Luce che riverberi e mi guidi
              nel buio chiaro che incombe
              dimmi se oltre l'oggi più s'oscura
              e tremendo un acuto terrore sorge
              come sopporterò la greve sorte?
              Non ho tue notizie da giorni
              il cuore sbandato trema e presagi
              congettura mia tenerezza di sempre.
              Che ti è accaduto, dove sei
              che forza ostile alla vita
              ti assenta e di presenze mi priva?
              Preludio al peggio forse
              parla a vanvera la speranza?
              Valanghe di malinconia
              smottano da pendii di ore
              aumenta il freddo serale
              dell'invitto inverno
              si insedia il vuoto dell'universo
              sento della solitudine la mannaia
              che impietosa mi decapita
              vorace, intero una tristezza mi divora
              pene mi crivellano a mitraglia!
              Per riprendere fiato e coraggio
              per attimi bivacco con ricordi lieti
              mi riparo da funesti pensieri
              ritorno a quando baldanzosa d'amor
              leggera mi venivi incontro
              e al braccio forte ti attaccavi
              come edera ad un muro intiepidito.
              A quel tempo fuggito trionfava
              la tua buona salute, saltellavi
              tra cieli stellati e sorridevi:
              oh la fiaba che rapito
              raccolto ascolto quando il dolore
              sbadiglia e tregue dona!
              Non ti arrendere, or sbalza fuori:
              come una colomba apri le ali, svetta
              riprendi quel volo perché non sei sola
              perché ti amo e solo non posso restare!
              Ritorneranno le rondini tra le gronde
              all'ombra madidi correremo
              per ripararci dai dardi del sole
              ci riaddormenteremo e sveglieremo
              insieme sullo stesso cuscino.
              Oh restituiscimi la tua voce
              ch'io più oda di te e mi consoli:
              è la tua resistenza che tutto tiene in vita
              e ci solleva: a me appartieni non al buio!
              Passerà la piena avversa
              che vuole portarti via
              alla corrente non lasciarti andare
              caleranno le acque in turbinio
              mai straripi un fiotto e ci sommerga!
              Composta venerdì 2 marzo 2018
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                Scritta da: Angelo Michele Cozza

                Geremiade

                Reduce sconfitto e mezzo storpio
                dalle frontiere fumose della vita
                alla mia solitudine natia son ritornato:
                quanto tempo è passato,
                quanto fino ad oggi è accaduto!
                Non tutto è stato obliato
                nutrito e svariato è l'elenco
                delle cose non dimenticate
                tanti i momenti, le ricorrenze
                e i fatti nel pensiero ripetuti.
                Oh la lista di chi è partito
                senza averlo annunciato
                gli anniversari di pene mai confessate
                le tappe ad ostacolo degli anni dileguati!
                Alla mia prigione mi son riconsegnato
                inseguito da ignoranza e infantili paure
                tenute, barando, tante volte a bada.
                La litania di giorni che mi morde
                come eloquente ne è genuina portavoce!
                Dovrò gonfiarmi di calma e rassegnazione
                chiudere i conti con speranze e illusioni
                restare immobile o strisciare come lumaca
                per le poche energie sopravvissute.
                Per quanto è avvenuto o non si è avverato
                non si può far più nulla: auspichiamo
                che almeno si salvi qualche lapillo
                prima che raggiunga il suo punto di cenere
                o più maceria lo seppellisca e nasconda.
                Il buon senso, pervasivo e onesto,
                dice che mai si può ritornare daccapo
                la vita è così: il passato è passato
                il futuro è da un pezzo in frantumi
                e neanche più mi sporgo a guardare
                a occhi aperti l'abisso che conosco.
                Se non si può volare e fuggire
                bisogna subire le ombre che arrivano.

                Vulnerabile effimero corpo
                materia che tendi a scomporti
                inceppato l'ingranaggio ossidato
                del cuore motore, cadute le palpebre,
                senza anima, avvinto alle tue ossa
                finirai immobile e tumulato
                tra le dune silenti del nulla!
                Vivrò controvoglia ancora un poco
                ma non resti io desto fino alla morte
                che ha carta bianca e fa come vuole.
                Composta mercoledì 31 gennaio 2018
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                  Scritta da: Angelo Michele Cozza

                  Se l'idrovora non svuota la sentina

                  Un sole tiepido da fori di nubi emerge
                  lieve uno spirar le scardina silente
                  oltre piccole bave e rughe
                  remote scie solcano l'azzurro glauco
                  dal fronte di frangiflutti semi sommersi
                  gabbiani reali atterrano o decollano.

                  In un meriggio al termine
                  immoto sulla riva il cuore elabora
                  lungo un orizzonte torbido
                  che non ha segni chiari
                  aspetta il pescatore che a una lenza
                  un pesce abbocchi prima o poi.

                  S'abbruna a poco a poco l'aria
                  il cielo a mesto poi muta colore
                  una moltitudine di pensieri salpa
                  disegna spirali e cerchi concentrici
                  a istanti di tristezza si cerca scampo
                  mentre crolla su memorie il ricordo.

                  Dov'è lo svincolo che evita
                  una strada che non ha uscite
                  e rimette in viaggio l'anima confusa
                  la forza che sospinge l'uomo avvilito
                  fuori del recinto chiuso
                  dove stanno croci di eventi seppelliti?

                  Domani ancora più ingorghi di disaggio
                  più strapiombi deserti e inciampi
                  altri fili si sfilacceranno dalla trama
                  solchi più profondi scaverà l'aratro tempo
                  che col coltro taglia e col versoio rovescia
                  lungo il versante della vita che scoscende.

                  Affonderemo quanto prima se l'idrovora non svuota
                  la sentina che per stillicidio di tristezze si riempie!
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                    Scritta da: Angelo Michele Cozza

                    Ero sulla soglia dell'età verde

                    Ero sulla soglia dell'età verde
                    quando una sera ti vidi passare
                    e seguii la tua ombra fino ad un portone
                    serbando per giorni nella mente un viso
                    viso vagheggiato e tinteggiato da un albore
                    che spunta solo quando il cuore sogna
                    e al mattino ricorda intatto il suo dire.
                    Fu un inseguire furtivo e segreto
                    che tallonava una femminea figura
                    un affacciarmi continuo nella serra
                    ove cresceva prospero il tuo germoglio.

                    Trascorse del tempo, non so quanto
                    prima che ti rivolgessi la parola
                    e una vampa rosea abbagliasse i nostri occhi.
                    Eri leggiadra, le tue unghie avevano il colore della rosa
                    scarlatta, dardi scoccavi e infiacchivi il mio coraggio
                    che a te mi avvicinava con passi intimoriti.
                    Si accorciava poi la dolce lontananza
                    petali spuntavano dal grembo del sogno
                    il tuo respiro accelerato e ansante come il mio
                    rompeva il silenzio e dava fiato a parole mai udite.
                    Oh rosa come profumavi di soave e di speranza!

                    Ancella in divenire quali mondi spalancavi
                    come mi soggiogava la tua onda di tenerezza
                    in una avventurosa incertezza e illusione mi cullava
                    quante girandole multicolore esplodevano intorno:
                    era stagione di fiori e tu l'aura grazia dell'amore!
                    Cessati i preludi e tutti lontani
                    alitammo felici tra divini riflessi di luce
                    e vagammo tra le stelle nei pelaghi del cielo.
                    Perché precipitoso poi vanì
                    il nostro sogno tra i gorghi della sorte!
                    Dove sei ora, sarai viva, sarai sepolta?

                    Te cercando va cuore immiserito di porta in porta
                    te rincorro nelle tenebre infinite colomba bianca!
                    Se cielo fiume mare monte o orizzonte affisso
                    nella triste ora te va cantando il cuore illanguidito
                    memore amore di mia prima giovinezza!
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