Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Potenza

Sono credente, sì, ma non fervente
e sublimante vedo il prepotente.
Se fossi più credente e più fervente
in alto vedrei solo l'Onnipotente.

In basso, meno forte e simil niente
vedrei l'essere duro e imponente;
saprei per certo, ch'è essere indigente
e che mai fu importante né potente.

La fede incerta, poca e barcollante
volge lo sguardo mio all'arrogante
assiso in vetta grande, troneggiante,
la mente a tal pensiero va vagante.

Scritto in pagina di Libro rilevante
è che l'essere umano è barcollante,
il trono cui è assiso è traballante,
nullo è, quello che pare, esser gigante.

Torna il pensiero mio alle passate cose,
torna ove veduto avea bocciol di rose;
rincontra il pensier mio l'allegre spose
ch'or le vede stanche e assai nervose.

Quelle figure d'allora meravigliose
agli occhi sono immagini dogliose,
qualcosa son che cercano vogliose
e di trovarla appaiono ansiose.

Muta cani scorta cavaliere egregio
a cavalcioni d'un destriero bigio,
ognuno s'inchina a detto personaggio
mentre sul cavallo è di passaggio.

Rintocco di campana s'ode mogio
in quella sera del mese di maggio;
annuncia la fine del signore egregio
e dice che grandezza è sol miraggio.

Significa che di Grande ve n'è Uno
e la potenza Sua non l'ha nessuno;
chiunque può pensare esser qualcuno
ma in fondo resta solo come ognuno.
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    Scritta da: Nello Maruca

    L'amico

    Se in disgrazia per sfortuna cadi
    E aita chiedi a quello ch'è tuo amico
    Allora conoscere puoi quant'è sincero.
    Se alle tue necessità dona calore
    Di certo è sincero e amico vero
    Ma se, di contro, si squaglia e cerca
    Scusanti mancando del suo aiuto
    Non è amico vero ma bacato
    E somiglia a mela ch'è lucente fuori
    Ma dentro è marcia e d'invertebrati
    Laidi succhioni è popolata.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Pupillo

      Quinto di margherita fiore odoroso
      ritto cresciuto, bello e rigoglioso,
      fosti e tuttora sei grande gioiello
      ultima pietra di sì gran castello.

      Buono fosti sempre, rispettoso e quieto,
      alma sensibile, docile e mansueto
      d'arbusto sano, prosperoso e scuro
      da piccoletto già fosti maturo.

      Or che cresciuto sei null'hai mutato;
      dolce, sensibile e buono sei restato;
      solo un momento di tristezza in core
      scalfir voluto avrebbe il tuo spessore.

      Di quercia gran querciuolo ben nutrito
      della vita all'intemperie hai resistito
      e con la perspicacia che t'è nota
      t'aggrappasti alla mamma assai devota.

      Di me ti ricordasti, e ti son grato
      d'avermi posto pure all'altro lato,
      lesto come a padre si conviene
      ricorsi, tosto, all'opra pel tuo bene.

      Restar devi la quercia che sei nato
      mai giunco esser devi, in null'annata,
      né vento mai ti scuotono, pioggia o gelo,
      davanti agli occhi mai aver più velo.

      Quest'è l'augurio che ti manda mamma,
      mentr'io lo dico a mò di telegramma:
      Resta leone di ruggito feroce
      non fare che ti mettano alla croce.
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        Scritta da: Nello Maruca

        L'onest'uomo

        Nel corso di sua vita un sentimento
        unico l'ha sempre accompagnato
        mai, in nessun tempo, nemmeno per un momento
        tal'alto sentimento l'havea abbandonato
        finché avvenne un dì scompiglio in mente
        sua che quale gran macigno schiacciavagli
        la coscienza e lo rendeva niente.
        Da energici e vitali flemmi

        i pensieri furo, tutto abbagliato
        vide e il male quale tarlo rodeva
        i buoni intenti e lo sbagliato
        al giusto s'imponeva e vile lo rendeva.
        Più pace mai s'avrà ché il sentimento
        se pur per poco lasso s'è dipartito
        altrove rendendolo sgomento
        talché triste morire non è ma desiato.
        Purità! Per tanti lunghi anni stata
        gli sei vicino, l'hai per man portato,
        l'hai sempre ben guidato: Eri appagata:
        Perché o purità lo hai abbandonato?
        Vero che in abituale tua dimora
        sei tornata ma il segno dell'assenza
        chi lo cancella mai? Quel ch'era allora
        più non sarà da ora. Più non è l'essenza.

        L'incerta fede che porta poco sollievo
        gli offre e chi, allora, più l'allieterà?
        Mai cercò onori, sempre ne fu schivo,
        e alla sua follia chi ora crederà?
        Fu la pazzia a travolgerlo, a fargli
        tanto male, soltanto in sette giorni
        sconvolsegli la vita come guerrieri in armi
        sconvolgono palazzi, rovesciano governi.

        Maligno maledetto! tutto gli togliesti:
        La sposa stanca e buona, i figli,
        i nipotini: Quanto cattivo fosti!
        Eri in agguato, colpisti con gli artigli.
        Dell'orto distrutto hai albero e frutto
        perciò desiderio della fine avverte
        così, Maligno, sei contento in tutto
        mentr'egli riposo avrà perché inerte.

        Vergogna nel guardare i figli porta,
        indegno d'abbracciare la sposa amata,
        non ha argomento no, nulla gl'importa,
        non ha coraggio a dire: O mia adorata.
        Il cuore t'ha trafitto o dolce donna
        per futile motivo e sciocco orgoglio;
        per lui sei stata portante colonna
        non piangere più di tanto la sua spoglia.

        Per lungo tempo di te pur degno fu,
        fu la pazzia a sviarlo da sentier verace
        e tu, soltanto tu, puoi sol saperlo tu
        che solo per te vorrebbe riaver pace.
        Al Creatore credeva ed al creato,
        mai prima aveva in sé alcun reato,
        dell'onestà teneva culto assai
        ma cadde in burrone profondo, ormai.

        La mente er'intontita e lui vagava,
        svaniva il sogno di restar coi suoi
        giacché il male per strada lo ghermiva
        e lo gettava infra immensi guai.
        Non fece, no, per nulla alcuna ruberia
        od offesa a qualunque esser vivente;
        giammai la mente sfiorò tal cattiveria
        ma di tal'azioni è meno che niente.

        Commise illecito che vergogna mena
        per quell'essere ch'è certo cristiano
        poiché irregolarità comporta pena
        di profonda ferita dentro l'animo.
        L'illegalità non fu contro persona
        e nemmanco ad essere vivente
        in generale, può parere strano
        ma il danno verso altri è inesistente.

        Il cruccio ch'à è d'essersi discosto
        da quant'imposto da Dio Salvatore
        perché, inopportunamente, con furbizia
        ha ricevuto ciò che lecito era
        in altro corretto modo, comunque, avere

        Da retta via dal diavolo distorto
        agli uomini non voleva esser di torto
        e preso da enorme orgoglio sciocco
        resta stordito in immenso fosso.
        Sol Dio può dare ristoro all'alma sua,
        ridare la serenità che prima aveva,
        chetar la pena che gli arde in petto
        giacché non volea mancargli di rispetto.
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          Scritta da: Nello Maruca

          L'indifferenza

          Era d'inverno il dì che mi fu luce,
          lungi il papà mio a servire il Duce
          che portò guerra là, dov'era pace
          con avidità d'uccello rapace;
          In quella Terra D'Africa Orientale
          che per l'italica gente fu fatale.
          Era di venerdì l'infausto giorno,
          lenta la campana dava il mezzogiorno,
          poi, il vento sibilava acutamente
          mentre la sera avanzava lentamente.
          Di fulmini brillava il cupo cielo
          e tutt'intorno era freddo e gelo.

          Era carestia totale, la più profonda.
          Indotta dalla circostanza immonda
          per quella guerra sciagurata e dura
          che cacciò la gioventù dalle sue mura.
          In questo clima squallido e miserando
          la vita mia s'incamminò arrancando.
          Man mano che m'avanzava io negl'anni
          piangere vedea mamma per gli affanni,
          mentre mi carezzava il volto dolcemente
          mi ripeteva, stanca, tristemente:
          Nato sei in miseria e nell'inferno
          chissà se pace avrai, tu, qualche giorno!

          Era lo stato che da marmocchio vissi,
          precari i giovanili anni pregressi,
          e ora che m'affaccio all'età vetusta
          anche la vecchiaia appare guasta.
          Perché mi si domanda? È presto detto:
          L'epoca cui viviamo l'uomo ha corrotto
          per cui pur quelli che ti stanno in petto
          di stima, pure loro, fanno difetto.
          Così gli affetti che mi stanno a fronte
          Pur'essi, mio sangue, sono indifferenti.
          Degli altri se ne faccia un fascio solo:
          tutti d'accordo, man lasciato solo.
          Morrò con dolore dentro il cuore
          per mancanza d'affetto e loro amore.
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            Scritta da: Nello Maruca

            Il sogno di un sogno

            È una serata cupa, lampi e tuoni;
            due nipotini dormono buoni, buoni.
            Stanno vicino l'uno all'altro stretto
            in quello che lor chiamano grande letto.
            Accanto v'è la nonna, tutt'amore,
            che per lor prega Iddio, nostro Signore.

            Il vento ulula forte, un gran lamento,
            prendere sonno, quella notte, stento
            mentre il rumor dei tuoni di tanto in tanto
            riporta il pensier mio alla stanza accanto,
            a papà mio, a nonna Giovannina
            a mamma, a zia donna Esterina

            al papà di mia moglie, alla mammina,
            alle sorelle lontane e alla vicina.
            Tutti in rassegna passo i miei parenti,
            ne conto tanti, cinque volte venti;
            gli occhi sono stanchi, lacrimanti
            così mi fermo senza andar più avanti.

            Mi ritrovo, di botto, in un salone
            zeppo di sedie, tavoli e poltrone.
            Una ad una riempiono la stanza
            innumerevoli persone, in allegranza.
            Per prima accanto a me siede mia moglie,
            all'altro lato siedono due figlie

            seguono di mia moglie e me le casate
            e a lunghe sopracciglia due antenate.
            Entra, po, a passo lento e cadenzato
            L'Arciprete Battista accompagnato
            da Ciccio maresciallo assai compìto
            nonché il fratello Giuseppe, l' erudito.

            Con cinque germogli dal festante viso
            i miei figli maschi mi stanno a fronte,
            alla lor destra è giovane in sorriso
            e accosto di famiglia altro esponente.
            Sono i nipoti primi, alti e snelli
            c'hanno valor d' inestimabili gioielli,

            segue la femminuccia dai neri capelli,
            occhi castani, luminosi e belli.
            Nella festante, gioiosa ricorrenza
            allieta la serata la presenza
            la discendenza dei tanti parenti.
            con allargata ceppi, lì presenti.

            S'avvera  il desiderio di tant'anni
            vissuti in sofferenza e negl'affanni
            di vedere presenti tutti quanti
            a cerchio radunati, esilaranti.

            Finito il sonno s'azzera l'incanto
            E nello core rilacrima lo pianto.
            Giacché tutto vissuto ho nel sonno
            Che portato m'ha a far questo bel sogno.
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              Scritta da: Nello Maruca

              La morte

              S'è crudeltade la Morte o s'e pietade
              nessuno fino a ora l'ha mai saputo.
              Sol si conosce che con sforzo alcuno
              il forte leone abbatte e l'agnellino
              e non si cura del ricco uomo potente
              e nemmanco del misero e meschino
              e tutti stende senza alcun rimpianto
              e da sulla terra elimina ognuno.

              Là, dove giunge, non fa differenza
              né di regnanti o poveri accattoni;
              per essa tutti quanti sono uguali
              e in egual maniera ghermisce ognuno.
              Dinnanzi ad essa cede l'attacchino
              come s'inchina pure il re supremo.
              La secolare quercia strugge e ingoia
              e il sacro fusto dell'odoroso alloro.

              Non vale per fermarla oro o argento,
              ignora sia il signore che il poverello:
              Non guarda in faccia ne s'è brutto o bello
              e il debole risucchia senza sforzo
              come il forte atterra con un soffio.
              Alfine altro non è che affilata falce
              che stende l'erba tutta sulla propria
              ombra e inerte la ridona alla madre

              Terra forse perché rinasca in vigoria
              o allontanarla dal terreno tormento...
              Nessuno, invero, sa perché ghermisce
              s'è per crudeltade o per pietade.
              Un solo Libro tratta l'argomento
              ma il contenuto arduo è interpretare.
              Solo chi tiene fede e spera in Dio
              capisce ciò che non conosco io.
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