Alta sei donna mia turchese e bella ch'appari quale dal ciel discesa stella, lo guardo delicato è freccia in core che riempie di dolcezza e tant'amore.
Profumata sei qual rosa e giglio più ch'al mattino emana fior di tiglio, là, ove il passo posi ride la via inebriata di profumo delicata scia.
Sul dolce, sereno, splendido visino l'aspetto che raduni par divino, par che discendi da città remota, non già nata sull'umano pianeta.
D'umana razza tieni appartenenza Indi pur d'essa tieni somiglianza; tuttavia diversa è ogni fattezza Per quanto stile e immensa tenerezza.
Solo mi sento e desolato pure dacché a mancare mi vennero le cure di quanti nutro affetto e amore puro e dall'or lo tempo m'è amaro e duro.
I vecchi affetti tutti in cor li tengo, spiritualmente tutti a me li stringo che se puranco, son fuggiti via parte son sempre della carne mia
Di mamma l'immago tengo avanti che mi consola per i tanti assenti; papà mi dice col sorriso mesto sii negl'affetti ognora vigile e lesto.
Ma anche stamane mi fui ancor deluso notando al fratel mio lo cuore chiuso giacché incontrato accennai un sorriso ma lui restassi fermo e tetro in viso.
Allor bruciommi il petto tutto quanto e mesto restommi e deluso alquanto poiché l'alma si ravvivò al tormento ed ogni speme persi in quel momento.
La voce mi venne dell'amata Mamma che muta sussurrommi flemma, flemma: non dare peso a quanto capitato, sia il fratello ch'ai da sempre amato.
Cinquanta d'anni ne son già trascorsi e sentieri impervi tanti ne ho percorsi così come puranco, assai di rado, varcato, serenamente, ho qualche guado.
Ma sia che tempesta o bonaccia fosse giammai lo pensier mio da te si mosse e, per i ricordi del tuo grande affetto t'hò, piacevolmente, tenuto nel mio petto.
Rivedo il lungo, dolce viso sorridente in quell'amabile fare accattivante; ricordo quel primo assai felice incontro che ai timori miei non fu riscontro.
Avvenne il quinto giorno di lezione che perdemmo con "Turuzzo" la ragione; ci accapigliammo come due leoni per la macchia d'inchiostro sui calzoni.
Mettesti me sulla coscia destra "Turuzzo" lo ponesti sulla sinistra e facesti che morisse quel rancore donandoci il sorriso del tuo amore.
Stretti ci trovammo in un abbraccio mentre le lacrime solcavano le facce. Una carezza ancora, un bacio in fronte e fummo alla lavagna a far la conta.
Questo il primo insegnamento che mi desti, tant'altri mano a mano ne seguisti e lo facesti con la nobile arte che dello spirito tuo faceva parte.
Il senso di Dio nascere mi facesti. di Colui che dal nulla creò i Corpi celesti; di Chi tutto sa, tutto conosce e vede e dona vita eterna a chi Gli crede.
Nacque, così, nell'alma mia la volontà di pregarlo e venerarlo in umiltà. Questo il buon seme che mi regalasti dacché con pazienza e amore mi seguisti.
Presto il seme maturò buon frutto tanto che ad esso da allora devo tutto. Infondendo con la bontà l'amore in petto dell'essere mio facesti un uomo retto.
Oprare potevi solo tu questo prodigio col dire e il fare nel contegno ligio. Grazie, caro maestro mio, Grande maestro; per tutto questo, grazie mio caro Maestro.
Quest'oggi il nervosismo è culminato, per questo ogni fatica ho trascurato, dopo avere girovagato alquanto entro deluso nella stanza accanto.
Quel che quest'anno qui è capitato è avvenimento che va raccontato alfin che sappia chi ci ruota intorno della confusion che regna e del frastorno.
Abbia pietà di nuova circostanza e prenda dell'ambiente nuova coscienza onde non abbia lui ad adirarsi e non costringa altri a morsicarsi.
Approda, cheto cheto, a dirigenza uomo discreto dai capelli senza; non un mugugno mai, non una lagna, convive la miseria e si rassegna.
Al contrario, però, vive quest'io che pur con nostalgia, fuori d'astio mi contorcio, mugugno e pur mi lagno tanto che cancrena l'ho financo in sogno.
Guardo, lì, seduta a tavolino donna vestita d'abito di lino che al posto ci cercare d'operare dilettasi sulla sedia a dondolare.
Lumacone somiglia a movimenti: Lenta nel fare, lenta in spostamenti. Con il lavoro pare ci si culla, a fine giorno non conclude nulla.
Delle tante disgrazie è la più magna che capitata m'è tra nuca e collo, meglio se fosse assente alla bisogna ch'è personaggio di corto cervello.
L'è di coronamento buon compagno che in tela incagliato pare sia di ragno. Prende, pone, riprende e poi ripone, s'arrovella, si strugge e non compone.
Dai gesti, dal parlar, dal comportare i due al mio cervello fanno pensare: Bisognerebbe metterli in struttura ove potere offrir sicura cura.
Stanco di permanenza in sì squallido loco mestamente m'avvio allo stanzone donde mi par proviene una canzone; accanto alla finestra è uomo gelido
che al collo cinghia tiene penzoloni mentre reggesi con mano i pantaloni. M'accosto, al saluto mio risponde: Hai visto al monte che bell'alte onde?
Brillano gli occhi, tremano le mani; presto men vò dicendo: Addio, a domani. Nel corridoio restano tre, in crocchio, che prima mai incontrato avea mio occhio.
L'uno in altezza supera la norma e dall'aspetto parmi non sia in forma. Mi dà conferma, di mia impressione, al mio saluto, la truce espressione.
Dei rimanenti due uno s'inchina, l'altro lancia coriandoli e farina. In aria li sparpaglia e volan via mentre gl'astanti invocano Maria.
Sbigottito del far di quei signori accedo alla sala di lettura ove di doglianza carca e malumori trovo persona di scarsa cultura.
In serbo tiene solo sconoscenza, superbia, arroganza ed indignanza ** d'intemperanza tien comportamento e mostra di suo volto abbrutimento.
Delle manchevolezze mie non dico: Quello che faccio spesso lo modifico. Dico soltanto che non son quel ch'ero, mi scordo quel ch'ò detto e se pur c'ero.
Arricchito di sì tant'indigenza lesto men torno all'usuale permanenza convinto che l'ambiente mio disabile è, comunque, degli altri il più agibile.
Quando su prato il fiorellin germoglia e il sole di primavera scalda e accresce così, per te, l'amore mio arde e si pasce e ingigantisce di te più la mia voglia.
Il fiorellin che spoglio nasce su prato al sole che lo scalda, però, fa voto sciente che a carità è da ignoto così lo calor ch'il nutre lo fa grato.
Io t'ho dell'amor mio gratificato avendoti al core la porta schiuso e l'essere tutto mi resta confuso e pure un poco, ahimè, amareggiato.
Poiché lo foco ch'ò arde e consuma e ogni dì di più s'innalza e avanza purtuttavia non scuote tua coscienza e al grand'amore mio non si costuma.
L'amore m'ha invaso anima e corpo e gli occhi mi costringe a lungo pianto: Nemmanco tieni un poco di compianto e lasci incolto il rigoglioso orto.
Non fare che si trasformi a malasorte e cingi l'amor mio a forte abbraccio, non far che per un misero capriccio trasformi tant'ardore a triste sorte.
Nell'incavato fusto di ciliegio Di capinera è custodito letto Ch'esperta costruito ha in mod'egregio In loco ritenuto sicuro tetto. Tenerissime fibre l'hann'intrecciato Con diligente architettura innata Da testa nera, con fare ricercato Per schiudere le uova dell'annata.
Poscia, nel caldo, morbido lettuccio Depositò tre uova corpo grigio Sicura che mai avesse avuto cruccio Né che suo cuor divenisse bigio. Ma l'arbusto che non dava frutto Era d'impaccio all'animal'eretto Che non sopporta non avere tutto e nel demolire il legno scassa il tetto
di quella capinera dolce e buona che sotto già teneva tre nudetti da poco della schiusa dei tre uova di pelle ancora scura, i piccoletti. Implumi ancora, sol boccucci'aperta per quell'impulso di sopravvivenza la testolina, ora, all'ari'aperta cercando vanno di mamma la presenza
che svolazzando nei d'intorni e presso cinguettando, desolata, va piangendo e s'avvicina e s'allontana spesso e spaurita va dall'uman fuggendo. Da mane dura l'andirivien'ardito e par che preghi: Va! O uomo crudo non vedi il nido mio com'è avvilito? Perché in petto tieni cuore sì duro?
È sera, ormai, e l'uomo via sen va Indi la capinera è sul morente nido, un piccoletto afferra e vola e va penzoloni altro trasporta al posto fido torna, festante in becco stretto l'ultimo ai fratellini affianca sotto provvido e fortunoso tetto e accanto giace, finalmente, stanca.
Quant'amore traspare in sì tal'atto! Quant'affetto racchiude piccol volatile, quant'altruismo quel corpicino ha in petto, quanta bontà, quanta dolcezza e stile.
Amore per chi odia e che non ama, amore per il debole e negletto, amore a chi ha sete di giustizia e amore per lo sciocco beffeggiato e ancora per lo storpio e per il cieco. Amore per il sano e l'ammalato, amore per il forte e per il debole e pure pel potente e pel meschino. Amore per il sole e per la luna e amore per la luce e per le tenebre, amore per la notte e per il giorno e pur'anco per ognuna le stagioni. Amore per le fonti e per i fiumi, amore per i laghi e per i mari, amore per i monti e per i piani e amore per i rettili e gl'uccelli. Amore per la fauna e per la flora, amore per il cielo e il firmamento e amore pel creato e Creatore, amor per tutto quanto ci circonda e amore del donare senz'avere. Quest'è la carità, la vera carità.