Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca
È già notte, un rintocco: è passata
mezzanotte, mi stiracchio e sbadiglio
m'alzo lesto pian pianino per non dar
risveglio al nido; gongolante odo
un coro nell'accosto alla finestra
che dal basso del fossato sale in volo
e si espande lentamente per le vie
del ciel turchino. Sono grilli, son cicale,
raganelle o grigi ghiri? Ci sono gufi
e pipistrelli o son solo le raganelle?
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    Scritta da: Nello Maruca

    Bene

    Avevo immenso bene e l'ho perduto,
    falce crudele passò e l'ha mietuto;
    venne quel giorno, venne all'improvviso,
    sulle labbra gli smorzò il bel sorriso.

    Era d'autunno, era piovoso il giorno,
    inerte lo trovai al mio ritorno.
    Tutto si rabbuiò, fu notte fonda,
    sommerso fui, come da alta onda.

    Nessuno al mondo è bene tanto grande
    che amor per quanto grande tanto spande
    non ricchezze vi sono ne tesori
    che il bene indicato solo sfiori.

    Non è somma da dar per questo bene
    ché il mondo intero non lo contiene,
    nessuno può pagarlo né acquistarlo
    può solo averlo chi vuol solo amarlo.

    Voi che l'avete ancora, voi fortunati,
    voi, oggi più di ieri, da esso amati
    stringetevelo forte sopra al cuore
    dategli il calore del vostro amore.

    È del pianeta terra essere vivente
    e come nessun'altro è più amante;
    a nessun figlio mai procura pene,
    ha nome mamma, quest'immenso bene.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Dialogo

      Tu, che rilassato, all'ombra degl'austeri
      pioppi sprofondato sei in sonno tranquillo
      e resti steso al loco dei misteri,
      tornato sei alla terra, suo pupillo.

      Tutto scordato hai dacché sei chiuso,
      tutto scordato hai dacché sei steso;
      se piove resti là, come recluso,
      tra cielo e terra resti là, conteso.

      Manco ti smuovono i caldi raggi
      di cocente sole d'estiva calura,
      né scuotonti li vermi dei paraggi
      e d'aria t'è ripugna ogni fessura.

      Prima che fosti tu, fui così pur'io.
      Prima che mi partissi stetti lassù,
      non sai che stare dolce è in quest'oblio:
      Ah! perché non scendi pure tu quaggiù?

      Non devi mai dormire perché già dormi,
      non devi mai svegliarti, non è risveglio;
      ten stai disteso sotto i grandi olmi,
      posto più quieto non esiste e meglio.

      Beato te se scendi in quest'anfratto:
      Il luogo lo dimori senza sosta,
      nessuno sogna mai di darti sfratto,
      stai pur tranquillo: Non arriva posta.

      Maestri qui non sono né mastri d'ascia,
      avvocati e notai qui non trovi;
      chi quivi approda tutto a terra lascia,
      non sono né alberghi né ritrovi.

      Pioggia mai fu e immenso mare giace;
      tutt'è frastuono ma rumor non senti.
      Se qui ti stendi resti in grande pace;
      l'Alme son tante e tutte son'assenti.

      Fors'io verrei pure in quella valle
      ove mi dici che c'è tutto e nulla,
      lasciando, ahimè, la conosciuta calle
      per coricarmi in quell'oscura culla.

      Ma il dire che tu fai parmi mistero:
      Nel cranio gira forte l'emisfero,
      nel petto dice il cuor: Voglio pulsare:
      Non dire nulla ancor, lasciam'andare

      Scendere in tale luogo non mi lice
      ove ognuno parla e nessun dice,
      ove tutt'è silenzio e nulla tace,
      ove frastuono è ma è grande pace.

      Il racconto, mi pare d'altro mondo
      e partorito da mente malata;
      è come in aria fare il girotondo
      e la matassa è troppo ingarbugliata.

      Tutto il tuo racconto è un enimma
      che in toto pare solo melodramma:
      Indi, eternamente restati laggiù
      ch'io preferisco starmene quassù.
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        Scritta da: Nello Maruca

        Fuggiasco

        Col nodo in gola,
        spezzato il cuore,
        tremante di sconforto
        e di paura
        su incerto legno
        con acque minacciose,
        turbolenti
        sferzanti i fianchi
        esule desolato
        strascicante va.

        Trepidante alfin
        su sconosciuto suolo
        approda
        e pausa che generoso
        cuore ad esso va.

        Or se l'umanità
        Fosse men cruda
        E se un poco d'amor
        Tenesse in cuore
        Né tu, né io e nessuno
        Terremmo corpo
        E anima a digiuno.
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          Scritta da: Nello Maruca

          La felicità

          Non persona che non l'abbia pronunciata,
          non persona che non l'abbia ricercata
          non è persona cui non faccia gola
          ché né uman né cosa può, se non essa sola
          donare contentezza e appagamento
          giacché sol'essa di tanto può far vanto
          e di quanto più belle essere cose
          superando la dolcezza delle Muse
          Per settant'anni io l'ho ricercata
          E manco un poco d'essa ho mai trovato.
          Forse è manchevolezza tutta mia
          O forse vive solo in fantasia.
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            Scritta da: Nello Maruca

            Redentore

            Fredda era la notte ed innevata
            e la Pia Donna di bontà infinita
            di stanchezza e doglianza già stremata
            Al Redentore del mondo dava vita.
            Bussò Giuseppe a tutti i casolari
            Onde dare a Maria caldo giaciglio
            ma tutti gli occupanti furo avari
            Disdicendo Chi portava Divin Figlio.
            Aveva posto solo in una stalla,
            per letto il fieno d'una mangiatoia,
            al respiro del bue e l'asinella
            tenea Maria della maternità la gioia.
            Lui di tutto il creato possidente
            luogo migliore per nascere non ebbe,
            per l'ingordigia dell'umana gente
            nacque in miseria ed in miseria crebbe.
            Quel sembiante Umano, ch'era Divino,
            da Castissima Donna concepito
            al Dio Grande e Beato era l'affine
            ma da bieca umanità non fu capito.
            A Betlemme di Giudea resta la Grotta
            Che il Vagito Divino prima intese;
            luogo diviene di retta condotta
            cui grazia rende il cristiano e rese.
            Regnava, allora, nella Giudea Erode,
            uomo protervo, essere triviale
            d'ognuno paventava tranello e frode,
            poiché l'istinto suo era carnale.
            Seppe, dai Magi, di Gesù la nascita
            che di Giudea predicavano Re,
            decretò, quindi, togliere la vita
            agl'innocenti sotto gli anni tre.

            Al Puro putativo Padre Giuseppe
            un Angelo veloce venne in sogno:
            corri in Egitto, non badare a steppe
            ch'Erode al Piccoletto porta sdegno.
            Dell'Angelo a Maria dato l'avviso
            lasciavano quel luogo benedetto,
            in braccio Gesù dal casto bel sorriso
            in cerca d'altro tetto e d'altro letto.
            Quando l'Onnipotente al sonno eterno
            gli occhi chiudeva al bruto re regnante
            fu la Divina Famiglia di ritorno
            alle mura paterne, alla sua gente.
            A Nazareth di Galilea con i parenti
            rimaneva Gesù fino ai trent'anni,
            per essere battezzato tra le genti
            incontravasi al Giordano con Giovanni.
            Sconfiggeva Satana tra i monti;
            poscia, in testa a moltitudine gaudente
            cominciava gl'insegnamenti itineranti.
            Or visitando questa or quella gente.
            Seguito da Gerusalemme e da Giudea
            sanava storpi, ciechi ed ammalati;
            da riva al mar di Cafarnao in Galilea
            tutti erano accolti, toccati, graziati.
            Dai guarimenti dati al Suo passaggio
            la Siria tutta n'ebbe conoscenza;
            Ovunque dava del Padre il buon messaggio
            mostrando la grandezza e la Sua scienza.

            Moltiplicava i pesci e pure
            il pane, le acque quietava, comandava
            i venti, ai tormentati dava le Sue cure,
            sui mari e sopra i laghi camminava.
            Nemici farisei, scribi e sinedrio
            da Giuda, Suo discepolo, tradito
            ebbe Pilato giudice avversario
            capo di crudel popolo inferocito.
            Al posto di Barabba condannato
            fu crocefisso in mezzo due ladroni;
            Spirò, il cielo fu squarciato, fu boato,
            tremò la terra, tremaro i sommi troni.
            L'esanime Divin Corpo torturato,
            avvolto nel lenzuolo di bianco lino
            al suolo della tomba fu adagiato
            d'uomo devoto, avverso di Caino.
            Restava il Corpo esanime tre giorni,
            indi in cielo accanto al Padreterno,
            in terra, poscia, dai lochi Sempiterni
            a recare agli Apostoli governo.
            l'incredulo dei dodici Tommaso
            le dita nelle piaghe mettere volle,
            restò, ciò fatto, sgomento ma persuaso,
            cadde in ginocchio nelle carni imbelle.
            Ai Discepoli, Gesù, lascia la pace
            indi s'invola al Divin Palagio
            e, dal cospetto di Dio, dall'amor verace,
            guida gli Apostoli al Divin Messaggio.
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              Scritta da: Nello Maruca

              Aurora

              Aurora che in mezzo siedi rosseggiante
              poi della bianca alba e pria del luccicante
              sole che di luce cielo e mondo inonda
              ma tua luminosità supera e abbonda.

              Pria ch'esso compare e cielo di luce
              sua colori già tuo splendore riluce,
              ché qual alba a ritroso lo cammino
              fai e, di splendore prima sei del trino.

              Chi già candido origina tra splendore
              di due e forma di luce e di colore
              trino, percorso di sua vita è rilucente
              ché di macchia nell'andar rimane assente.

              Posta con l'Alba e il Sole nell'Olimpo
              al mondo doni luce a tutto campo,
              d'essa ne resti tutta quant'avvolta
              e la spandi ogni dì dall'alta Volta.
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                Scritta da: Nello Maruca

                Il rimorso

                Ogni mattina allo spuntare del giorno,
                all'apparire dell'attesa aurora
                sorgesse il sole o spirasse bora *
                o ch'estate fosse o piovoso inverno

                senz'alcun'indugio al campicello
                sperando mettere qualcosa nel paniere
                t'incamminavi per la ricerca giornaliera,
                con chissà qual'altri pensieri nel cervello:

                Quante volte, però' fu la ricerca vana,
                quante volte il ritorno fu triste e deluso
                che vuota fu la cerca quotidiana
                e altro giorno in fame s'è concluso.

                Nel desolato teterrimo abituro,
                sfumata la speranza del mattino
                tutt'intorno t'appariva ancor più scuro
                ma la speranza non avea confino.

                In quegl'anni di epidemica carestia
                puranco d'affetti, nonna, fosti scarsa.
                Povera in tutto, o nonna, io nol capia
                perciò lo cuore me lo stringe morsa.

                Grande, se solo poco avessi riflettuto
                t'avrei qualche sospiro, forse, lenito.
                nol feci, più nulla or posso, t'ho perduto!
                Il rimorso mi rode all'infinito.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Punti di vista

                  Scrive un Nobel che pur stando in punta
                  di piedi mai vide il Signore Iddio
                  passare per le vie.
                  E allora bisognerebbe arrampicarsi
                  in cima al sicomoro per vedere
                  il Signore se mai passi.
                  Di contro, posso dire, inchinandomi
                  umilmente al Grande del novecento,
                  che pur senza sforzarmi di stare in punta
                  di piedi o arrampicarmi sugli alberi
                  l'Onnipotente lo incontro tutti i giorni
                  e in ogni luogo, nelle grandiose
                  opere da Lui compiute e nei miracoli
                  che perpetua, da sempre, ogni giorno.
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