Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

CL

Ben trenta gioni seguita torpore
e a quella vita da briosa e sveglia
intrappolata in serrata tenaglia
manca la forza di saltare fore:

Cervello da destro a manco settore
or si rimove lesto e si frastaglia * * Campeggia
e nuova ricomincia altra battaglia
dando a ogni cosa giusto valore.

Abbia ogn'avvenimento suo percorso;
è razionalità che ciò comanda
e bizzarro è pensar stornarne corso.

Nessun potrebbe dare impulso inverso
a nave cui nocchier gestisce l'onda;
sarebbe rivoler giorno decorso.
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    Scritta da: Nello Maruca

    Il turbamento

    La vita è un pozzo fondo, senza fine
    ch'è pieno zeppo di miserie umane,
    per quanto tempo dura, fino alla fine,
    non son giornate che non siano vane.

    Per quanti sforzi son, per quanto t'opri,
    per quanto ti dibatti ed arrovelli,
    per quanto pace che bisogni copra
    non v'è cosa che plachi quel cervello.

    Non ragionamento che lo porta altrove,
    non problemi di natura maggiore,
    lo ritrovi ovunque e in ogni dove
    ch'è tutto scuro, pur bianco colore.

    Com'erba cattiva che su prato nasce
    che estirpata con certosina usanza
    in perseveranza presto rinasce
    a dimostrar dell'uomo l'impotenza.

    Così, quel turbamento, se si cheta
    riemerge, all'improvviso, dopo poco,
    nel cervello ritorna e non è quieta
    e fin che la vita è fa questo giuoco.

    Invero per chi ha credo è una sol via:
    è quella d'aggrapparsi al Sommo Iddio.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Bene

      Avevo immenso bene e l'ho perduto,
      falce crudele passò e l'ha mietuto;
      venne quel giorno, venne all'improvviso,
      sulle labbra gli smorzò il bel sorriso.

      Era d'autunno, era piovoso il giorno,
      inerte lo trovai al mio ritorno.
      Tutto si rabbuiò, fu notte fonda,
      sommerso fui, come da alta onda.

      Nessuno al mondo è bene tanto grande
      che amor per quanto grande tanto spande
      non ricchezze vi sono ne tesori
      che il bene indicato solo sfiori.

      Non è somma da dar per questo bene
      ché il mondo intero non lo contiene,
      nessuno può pagarlo né acquistarlo
      può solo averlo chi vuol solo amarlo.

      Voi che l'avete ancora, voi fortunati,
      voi, oggi più di ieri, da esso amati
      stringetevelo forte sopra al cuore
      dategli il calore del vostro amore.

      È del pianeta terra essere vivente
      e come nessun'altro è più amante;
      a nessun figlio mai procura pene,
      ha nome mamma, quest'immenso bene.
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        Scritta da: Nello Maruca

        Il rimorso

        Ogni mattina allo spuntare del giorno,
        all'apparire dell'attesa aurora
        sorgesse il sole o spirasse bora *
        o ch'estate fosse o piovoso inverno

        senz'alcun'indugio al campicello
        sperando mettere qualcosa nel paniere
        t'incamminavi per la ricerca giornaliera,
        con chissà qual'altri pensieri nel cervello:

        Quante volte, però' fu la ricerca vana,
        quante volte il ritorno fu triste e deluso
        che vuota fu la cerca quotidiana
        e altro giorno in fame s'è concluso.

        Nel desolato teterrimo abituro,
        sfumata la speranza del mattino
        tutt'intorno t'appariva ancor più scuro
        ma la speranza non avea confino.

        In quegl'anni di epidemica carestia
        puranco d'affetti, nonna, fosti scarsa.
        Povera in tutto, o nonna, io nol capia
        perciò lo cuore me lo stringe morsa.

        Grande, se solo poco avessi riflettuto
        t'avrei qualche sospiro, forse, lenito.
        nol feci, più nulla or posso, t'ho perduto!
        Il rimorso mi rode all'infinito.
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          Scritta da: Nello Maruca

          Sogno

          Se l'amicizia al mondo quand'è pura
          come ogni cosa bella poco dura
          come a lungo durare poteva mai
          l'agognata serenità ch'amo ed amai?

          Fu l'alba tersa, il cielo fu sereno,
          il tempo corse via dolce e ameno;
          Di sole illuminate le giornate,
          serene fur, nel sonno, le nottate.

          Non uno screzio fu, non un disguido:
          Peccato! Dipartito s'è per altro lido.
          Cappa è calata come cielo grigio
          e la serenità resta miraggio.

          Il Dio di carità a mani aperte
          senta la voce mia, le prec'incerte;
          Solo, soltanto in Te, mio Dio, confido:
          Fa ritornar la rondine al proprio nido.

          Come non so, vacante è la mia mente;
          Nemmeno può valere uomo potente.
          Tu puoi, però, rimuovere l'ostacolo
          oprando, Tua volontà, grosso miracolo.

          Or vedo in lontananza candide vesti:
          È Angelo conoscitore pensieri mesti.
          S'affretta a me vicino, prende mia mano:
          Dormi sereno, tuo desiderio è vano.

          Il dire che tu fai non mi consola,
          il mio pensiero ancora lontano vola,
          torno a pregare Iddio, l'Onnipotente,
          onde ridoni a noi l'Uomo valente.
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            Scritta da: Nello Maruca

            Fuggiasco

            Col nodo in gola,
            spezzato il cuore,
            tremante di sconforto
            e di paura
            su incerto legno
            con acque minacciose,
            turbolenti
            sferzanti i fianchi
            esule desolato
            strascicante va.

            Trepidante alfin
            su sconosciuto suolo
            approda
            e pausa che generoso
            cuore ad esso va.

            Or se l'umanità
            Fosse men cruda
            E se un poco d'amor
            Tenesse in cuore
            Né tu, né io e nessuno
            Terremmo corpo
            E anima a digiuno.
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              Scritta da: Nello Maruca

              Pupa

              E dei sinceri giochi di bambini
              fummo e lei e io ingenui compagni
              così crescemmo un poco birichini
              tra i campi a nascondino tra i castagni.

              Quando cresciuti, un poco, più grandetti
              ci ritrovammo a scuola, fanciulletti,
              poi giovinetti ancora tre anni fummo
              e altri cinque poi assieme viaggiammo.

              Così finisce lei ciclo di studio
              mentr'io m'avvio in verso l'ateneo,
              gode ella del lavoro già il preludio
              ignara dal sapere ch'avrà gran neo.

              E sposa e va più in là, oltre confine,
              rigonfio cuore di speranza e amore,
              animo sincero, gentile e fine
              lungi pensar di perdere l'onore.

              Ma l'uomo ch'à, di pietra tiene cuore
              ch'appen che luce vede primo fiore
              con la minaccia a lei la strada impone
              dopo strenua lotta ed aspra tenzone.

              Così la trovo là, in ginocchione
              smunta da duol, piangenti gl'occhi,
              racconta lesta sua maledizione,
              m'affida per sua bimba due balocchi.

              Domani non sarò, figliola cara,
              deposta giacerò nella mia bara
              ma veglierò su te dal Paradiso
              onde i miei pianti sian per te sorriso.

              Aspetta, Pupa mia, teco son pur'io,
              aspetta qui, un poco, il mio ritorno
              che certo mi ha mandato il gran buon Dio,
              vedrai, doman sarà diverso giorno.

              Quando che fui coi militi di torno
              stesa la ritrovai immersa a sangue,
              nel biglietto è scritto: Il cuore langue,
              meglio l'onore, figlia, che l'inferno.

              Potrai guardare dritto negli altrui occhi
              ch'onor per frutto lascio e due balocchi.
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                Scritta da: Nello Maruca

                Stranezza

                Costantemente in terra l'uomo è vilipeso
                perciò, ahimè, chi vive su questo Pianeta
                tosto, spesso, tiene voglia di giungere alla meta
                giacché più il tempo scorre più la vita è peso.

                Vuole il buon Dio, però, che in alto è altro Loco
                laddove si vive eternamente in piena pace
                dov'è quiete perenne; è luce, e tutto tace.;
                contrario di quanto si ha in questo fuoco. *
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  La Leggiadria

                  Dolce immago leggiadra donzelletta
                  Da tondeggiante capo da lunghi
                  coperto capei castano scuro
                  appena cadenti su serena fronte,
                  palpebre ondeggianti, cerulei occhi,
                  greco nasuccio conferente stile
                  a visino liscio, modellato
                  da mento ovaleggiante,
                  ben formato con su boccuccia
                  da carnose labbra sorridenti,
                  da prosperoso curvo seno
                  a snella vita
                  il tutto coronato vedo.
                  È natural bellezza in esso
                  affissa, al cui cospetto
                  umanità resta perplessa
                  e nell'opposto sesso
                  in vena il sangue trilla.

                  In luogo dei capei castano scuro
                  teschio deforme è;
                  laddove occhio ceruleo
                  era favilla trapela buco nero,
                  fondo, orrendo al par di sito
                  cui pria era di spicco
                  bocca da carnose rosseggianti
                  labbra.
                  Lungo quei ch'erano fianchi
                  di crisma infusi penzolano,
                  a lato, due ossei arti
                  ch'orripilazione hanno
                  su corpo tutto.
                  Ov'erano due lunghe,
                  tondeggianti gambe or sono
                  due stinchi, disdegno
                  dell'uman vivente.

                  Questo d'ossume gli occhi
                  della mente vedono allato.
                  Ah! Dove finita è leggiadra immago!?
                  Come divina natura oprare
                  puote mutazione sì tanta?

                  Alito è leggiadria che passa e va,
                  non spirito che in corpo sta
                  per proseguire, poscia,
                  l'andar su le celesti vie.
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                    Scritta da: Nello Maruca

                    La donna impudente

                    Se all'inizial pudore ritornasse,
                    Se alle virtù perdute risalisse
                    Se di bellezza minor sfoggio facesse,
                    se minore uso della lingua avesse,
                    se insita l'umanità in essa fosse,
                    se il senso di famiglia più alto tenesse
                    e se quando altri parla lei tacesse,
                    se fulcro in tutto essere non volesse,
                    se non per se ma più per gli altri fosse,
                    se dei malori suoi poco dicesse
                    e con l'amore i dissapori superasse,
                    se il sorriso sulle labbra più tenesse
                    e se le sue fattezze meno mostrasse
                    e mente a maggiore riflessione ponesse,
                    se nel guardare le minuzie trascurasse
                    e se l'altrui duolo suo lo facesse
                    e delle sue miserie men conto tenesse
                    e non i difetti altrui ma i suoi vedesse
                    e all'umanità più amor mostrasse,
                    se tutte queste doti racchiudesse
                    della casa regina ad esser tornasse.
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