Ben trenta gioni seguita torpore e a quella vita da briosa e sveglia intrappolata in serrata tenaglia manca la forza di saltare fore:
Cervello da destro a manco settore or si rimove lesto e si frastaglia * * Campeggia e nuova ricomincia altra battaglia dando a ogni cosa giusto valore.
Abbia ogn'avvenimento suo percorso; è razionalità che ciò comanda e bizzarro è pensar stornarne corso.
Nessun potrebbe dare impulso inverso a nave cui nocchier gestisce l'onda; sarebbe rivoler giorno decorso.
Se fortemente speri avere ciò che non hai, se con mente vagando vai sinceramente, se desiderio ch'è in te è puro e vero, se il vagheggiar rivolto è a Dio, aspettativa, desiderio tutto s'avvererà; ché questo sogno Dio mai eluderà.
Avevo immenso bene e l'ho perduto, falce crudele passò e l'ha mietuto; venne quel giorno, venne all'improvviso, sulle labbra gli smorzò il bel sorriso.
Era d'autunno, era piovoso il giorno, inerte lo trovai al mio ritorno. Tutto si rabbuiò, fu notte fonda, sommerso fui, come da alta onda.
Nessuno al mondo è bene tanto grande che amor per quanto grande tanto spande non ricchezze vi sono ne tesori che il bene indicato solo sfiori.
Non è somma da dar per questo bene ché il mondo intero non lo contiene, nessuno può pagarlo né acquistarlo può solo averlo chi vuol solo amarlo.
Voi che l'avete ancora, voi fortunati, voi, oggi più di ieri, da esso amati stringetevelo forte sopra al cuore dategli il calore del vostro amore.
È del pianeta terra essere vivente e come nessun'altro è più amante; a nessun figlio mai procura pene, ha nome mamma, quest'immenso bene.
Tu, che rilassato, all'ombra degl'austeri pioppi sprofondato sei in sonno tranquillo e resti steso al loco dei misteri, tornato sei alla terra, suo pupillo.
Tutto scordato hai dacché sei chiuso, tutto scordato hai dacché sei steso; se piove resti là, come recluso, tra cielo e terra resti là, conteso.
Manco ti smuovono i caldi raggi di cocente sole d'estiva calura, né scuotonti li vermi dei paraggi e d'aria t'è ripugna ogni fessura.
Prima che fosti tu, fui così pur'io. Prima che mi partissi stetti lassù, non sai che stare dolce è in quest'oblio: Ah! perché non scendi pure tu quaggiù?
Non devi mai dormire perché già dormi, non devi mai svegliarti, non è risveglio; ten stai disteso sotto i grandi olmi, posto più quieto non esiste e meglio.
Beato te se scendi in quest'anfratto: Il luogo lo dimori senza sosta, nessuno sogna mai di darti sfratto, stai pur tranquillo: Non arriva posta.
Maestri qui non sono né mastri d'ascia, avvocati e notai qui non trovi; chi quivi approda tutto a terra lascia, non sono né alberghi né ritrovi.
Pioggia mai fu e immenso mare giace; tutt'è frastuono ma rumor non senti. Se qui ti stendi resti in grande pace; l'Alme son tante e tutte son'assenti.
Fors'io verrei pure in quella valle ove mi dici che c'è tutto e nulla, lasciando, ahimè, la conosciuta calle per coricarmi in quell'oscura culla.
Ma il dire che tu fai parmi mistero: Nel cranio gira forte l'emisfero, nel petto dice il cuor: Voglio pulsare: Non dire nulla ancor, lasciam'andare
Scendere in tale luogo non mi lice ove ognuno parla e nessun dice, ove tutt'è silenzio e nulla tace, ove frastuono è ma è grande pace.
Il racconto, mi pare d'altro mondo e partorito da mente malata; è come in aria fare il girotondo e la matassa è troppo ingarbugliata.
Tutto il tuo racconto è un enimma che in toto pare solo melodramma: Indi, eternamente restati laggiù ch'io preferisco starmene quassù.
Col nodo in gola, spezzato il cuore, tremante di sconforto e di paura su incerto legno con acque minacciose, turbolenti sferzanti i fianchi esule desolato strascicante va.
Trepidante alfin su sconosciuto suolo approda e pausa che generoso cuore ad esso va.
Or se l'umanità Fosse men cruda E se un poco d'amor Tenesse in cuore Né tu, né io e nessuno Terremmo corpo E anima a digiuno.
Non persona che non l'abbia pronunciata, non persona che non l'abbia ricercata non è persona cui non faccia gola ché né uman né cosa può, se non essa sola donare contentezza e appagamento giacché sol'essa di tanto può far vanto e di quanto più belle essere cose superando la dolcezza delle Muse Per settant'anni io l'ho ricercata E manco un poco d'essa ho mai trovato. Forse è manchevolezza tutta mia O forse vive solo in fantasia.
Ogni mattina allo spuntare del giorno, all'apparire dell'attesa aurora sorgesse il sole o spirasse bora * o ch'estate fosse o piovoso inverno
senz'alcun'indugio al campicello sperando mettere qualcosa nel paniere t'incamminavi per la ricerca giornaliera, con chissà qual'altri pensieri nel cervello:
Quante volte, però' fu la ricerca vana, quante volte il ritorno fu triste e deluso che vuota fu la cerca quotidiana e altro giorno in fame s'è concluso.
Nel desolato teterrimo abituro, sfumata la speranza del mattino tutt'intorno t'appariva ancor più scuro ma la speranza non avea confino.
In quegl'anni di epidemica carestia puranco d'affetti, nonna, fosti scarsa. Povera in tutto, o nonna, io nol capia perciò lo cuore me lo stringe morsa.
Grande, se solo poco avessi riflettuto t'avrei qualche sospiro, forse, lenito. nol feci, più nulla or posso, t'ho perduto! Il rimorso mi rode all'infinito.
Aurora che in mezzo siedi rosseggiante poi della bianca alba e pria del luccicante sole che di luce cielo e mondo inonda ma tua luminosità supera e abbonda.
Pria ch'esso compare e cielo di luce sua colori già tuo splendore riluce, ché qual alba a ritroso lo cammino fai e, di splendore prima sei del trino.
Chi già candido origina tra splendore di due e forma di luce e di colore trino, percorso di sua vita è rilucente ché di macchia nell'andar rimane assente.
Posta con l'Alba e il Sole nell'Olimpo al mondo doni luce a tutto campo, d'essa ne resti tutta quant'avvolta e la spandi ogni dì dall'alta Volta.
E dei sinceri giochi di bambini fummo e lei e io ingenui compagni così crescemmo un poco birichini tra i campi a nascondino tra i castagni.
Quando cresciuti, un poco, più grandetti ci ritrovammo a scuola, fanciulletti, poi giovinetti ancora tre anni fummo e altri cinque poi assieme viaggiammo.
Così finisce lei ciclo di studio mentr'io m'avvio in verso l'ateneo, gode ella del lavoro già il preludio ignara dal sapere ch'avrà gran neo.
E sposa e va più in là, oltre confine, rigonfio cuore di speranza e amore, animo sincero, gentile e fine lungi pensar di perdere l'onore.
Ma l'uomo ch'à, di pietra tiene cuore ch'appen che luce vede primo fiore con la minaccia a lei la strada impone dopo strenua lotta ed aspra tenzone.
Così la trovo là, in ginocchione smunta da duol, piangenti gl'occhi, racconta lesta sua maledizione, m'affida per sua bimba due balocchi.
Domani non sarò, figliola cara, deposta giacerò nella mia bara ma veglierò su te dal Paradiso onde i miei pianti sian per te sorriso.
Aspetta, Pupa mia, teco son pur'io, aspetta qui, un poco, il mio ritorno che certo mi ha mandato il gran buon Dio, vedrai, doman sarà diverso giorno.
Quando che fui coi militi di torno stesa la ritrovai immersa a sangue, nel biglietto è scritto: Il cuore langue, meglio l'onore, figlia, che l'inferno.
Potrai guardare dritto negli altrui occhi ch'onor per frutto lascio e due balocchi.