Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

Questo utente ha inserito contributi anche in Frasi & Aforismi, in Racconti e in Frasi per ogni occasione.

Scritta da: Nello Maruca

L'assenza

Se il peso non s'avesse dell'affetto
la lontananza non avrebbe effetto.
Se, poi, negl'anni il bene s'è ampliato
il peso dell'assenza e più marcato.

Capire ciò lo può ch'in petto ha cuore
e se vi custodisce grand'amore.
Da stamane manca l'Angelo custode
e la tignola già dentro mi rode.

Se manca la feconda ape regina
nell'arnia resta spenta la fucina;
spenti i fornelli son della cucina.
Nessuno li cura: Manca la regina.

Tutto si ferma, tutto muore e tace
e io tormentato, stracco, senza pace.
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Scritta da: Nello Maruca

Il ritorno

In un cocente dì d'un assolato agosto
Milite, in man di campo fiore e due viole,
sotto il vermiglio luccicante sole
avanza verso noi a piede lesto.

Veste uniforme chiara, coloniale
e casco di sughero di bianco colore.
Piange nel rivedere il casolare
dopo un'assenza più che quinquennale.

Alla commossa mamma un forte abbraccio,
un bacio in fronte, una dolce carezza,
Sii serena: finito è il pasticciaccio.
Con le robuste braccia mi cinge con gaiezza:

Mai più tristezza: Or qui è il tuo papà.
Allegro, non lacrimar: giammai parte papà.
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Scritta da: Nello Maruca

Nonna e il tugurio

Vivevi sola con le tue galline
In un locale buio e fatiscente
Indegno posto a ospitar la gente
Ma miglior loco sol per gente fine. *

Eri scarsa di soldi e d'ogni bene,
non possedevi il becco d'un quattrino,
di tanto in tanto due uova nel cestino
ma non per te, per lenire le tue pene

ma per meglio nutrire i nipotini
ch'erano tanti e, tutti piccolini.
Ti sei involata in Ciel da quarant'anni
E tristi ripensiamo ai tuoi malanni.

Ora rivediamo la faccia tua patita
E la mente ci riporta a quel tugurio.
Se potessimo, nonna, ridonarti vita
ti doteremmo d'una reggia qual tugurio.
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Scritta da: Nello Maruca

Don Lollò

Non si capisce qual ch'è il motivo
di quella grinta del porco cattivo;
non si capisce, ancor, perché al mattino
dimenasi don Lollò al balconcino.
Si sa, però, ch'è insofferente nato
e il mal ch'addosso porta è una nota
ch'à disegnato sulla suina faccia
e la stortura ch'à in gambe e braccia.

L'accosto al pirandelliano personaggio
non è al mostro nostro un omaggio
ma è sol per illustrare la tracotanza
di questo don Lollò dell'ignoranza.
IL teschio in toto di cervello privo
lascia abbondante spazio a corrosivo;
La colpa è certo del paterno gene
tramatore di male, sdegnator di bene.

Quello, il vero don Lollò, l'intollerante
aveva di che dare al confidente
ché beni possedea in terre e case
e perdere potea danaro, tempo e cose
per rimanere agiato, in ogni caso.
Quest'altro, storpio, brutto e d'altro stampo
cui sola proprietà è l'essere intrigante
resta misero, impertinente questuante.
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Scritta da: Nello Maruca

Abbondanza

Ricchezza di cose, case e palazzi,
abbondanza di roba e di denaro
da sempre questo gli uomini cercaro;
per questo furo eternamente pazzi.

Per essi cedono affetti, bimbi, ragazzi,
calpestano sovente la coscienza,
ripudiano la propria figliolanza.
Son porci rozzi, luridi e pur sozzi.

Questo e ben altro è la vil ricchezza
che in vero è solo squallida miseria
in quanto al male volta e a cattiveria;
assai lontana d'Egli, àncora di salvezza.

Vera ricchezza è quella che in cuore
si tiene, che di spirito è, non materia
e all'animo più apporta miglioria
e sa donare con ardore amore.

Quest'ultima tu abbia d'abbondanza
e a uso dell'altrui mettila in atto,
per gli altri l'amor tuo sia loro motto,
non sia timor, se in altri discrepanza.

Quell'altra lascia l'abbiano gli avari,
miscredenti, ipocriti, triviali.
Destino loro è sol bocconi amari
ché di lor cattiveria traboccano gli annali.

Tu sei gioiello d'altissimo splendore;
restati bella nel tuo bel candore,
non offuscare, mai, per l'altrui l'amore,
lasciati guidare dal nobile tuo cuore.
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Scritta da: Nello Maruca

Piccola stella

Fulgido fiore al pari di violetta
Candida più del candor di giglio,
profumatissima qual fiore di tiglio;
e tant'altre qualità hai pargoletta.

Quanto profumo e qual da giovinetta
Custodirai nel tuo diletto petto?
Quanti steli piegheranno al tuo cospetto
Se già cotanta ricchezza hai piccoletta!?

Se in terra ubertosa è allignato
Querciolo che sviluppa dritto e robusto
Qual in altro terreno può dirsi arbusto
Meglio o al par di quello là maturato?

In fronte a esso ognun s'affloscia
E reggere non può al suo cospetto
Chè se un arbusto già splendido nasce
Già tutte qualità racchiude in petto.

Scarso è lo mio dir per te, o bella
Ilenia, perché dire di splendida Stella
Non può chiunque a tavolo s'accosta
Ma chi ha cervello assai e niente crosta.
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Scritta da: Nello Maruca

Sentimento d'amore

La vita che sol triboli mi ha dato,
l'amor qual sentimento mi ha insegnato
e poiché soltanto in bene essa spendo
nato son io per morire cantando.

Sono, pertanto, grato al divin Padre
d'avermi dato in uso strada madre,
che se anche ho sudato in suo percorso
molte di pene ho scosso di sul dorso.

Sono in attesa, ora, dell'ultimo atto,
mentre pago canto l'appreso motto:
Padre celeste, Iddio dell'Universo
fa che Ti giunga, in prece, ogni mio verso.
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Scritta da: Nello Maruca

Tristezza

Quanta tristezza, o Dio, che sofferenza
avere tanti fratelli e esserne senza.
Forse perché l'umanità non tiene essenza
diniego, perciò, d'affetto e indulgenza.
Se nell'amor non è la temperanza
tosto scompare da mente la pazienza,
si spezza il sottil fil della speranza,
subentra, indi, rabbia e arroganza.
Finché della sincerità c'è la presenza
appare tutto favola e romanza;
allorquando qualcuno vive d'importanza
l'altro fa calare nell'impotenza
perciò a mano che quell'altro avanza
colui che pria tenea pari uguaglianza
cade e finisce presto nell'indigenza.
Quell'altro, lo spergiuro, nell'indecenza.
Se spiegare si dovesse la causanza
di tal caparbia e stupida perseveranza
ciascuno direbbe: In me è tolleranza.
Altri son privi di buona coscienza
ignari di cos'è la fratellanza.
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Scritta da: Nello Maruca

L'appello

Per più mesi fui protetto
tra le mura d'una roccia
ma anelavo d'essere stretto
con amore tra le tue braccia.

Le pareti lisce e spesse
aveano forza di corazza,
sol poté la tua tristezza
penetrare entro le stesse.

Or con l'uovo che s'è schiuso
finalmente son disceso
a ridare il perso riso
al dolcissimo tuo viso.

Questa notte t'ho sognata,
ti ho veduto addolorata
per dei scrupoli e rimorsi
ai reali fatti inversi.

Dal natante dondolato
m'ero un poco appisolato
quando in cima a scalinata
una scritta illuminata

l'arcano mi ha svelato:
Un Arcangelo alato
in Cielo era cercato,
indi a sé l'ha richiamato.

Era scritto, decretato
che l'evento fosse stato.
Perciò, il pianto sia sorriso,
la tristezza sia allegrezza,
il dispero sia speranza
e la fine sia l'inizio.
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Scritta da: Nello Maruca
Dal chiarore delle stelle, nella notte fredda e buia
nel fetore della stalla s'è calato il Redentore.
adagiato sul giaciglio, ricoperto fu di paglia
ché quell'era il focolare attizzato dal respiro
di quegl'esseri viventi che al peccato erano
assenti. Gli era accanto, un po' tremante per
stanchezza e di paura, quella Donna mesta e pia
che più avanti prende il nome di Santissima Maria.
Cereo il volto, stanchi gli arti per cammin di lunga
via, aggravata dal gran parto, mal reggevano i suoi
occhi ma l'evento era sì grande che le pene poco
sentia. Ad un lato, inginocchiato, era in umile
preghiera quel brav'uomo falegname che d'averi
superava un qualunque alto reame. Era fredda
quella notte, era neve a fiocchi a fiocchi, v'era
turbinio di vento, era buio tutt'intorno. S'aspettava
il nuovo giorno. Una stella rilucente si partì
dall'Oriente rischiarando dal gran buio il cammino
ai viandanti ch'erano i tre grandi re magi. Da dimora
dei lor luoghi carchi ivano d'omaggi alla grotta
di Betlemme onde rendere ovazione d'ogni cosa
al Creatore che pur piccolo com'era l'universo
gli soggiaceva. Cielo e terra, mari e laghi, acqua
e vento, monti e piani, neve e nebbia, sole e stelle,
luna e buio, grandine e gelo tutto quanto gl'apparteneva.
Tutto suo era il creato ma, poi, l'uomo vile e ingrato
Tutto quanto gli ha negato. Solo il bue e l'asinello
con Giuseppe e con Maria i re Magi e l'Angioletto
gli rimasero vicino mentre Erode già pensava
come farlo eliminare.
Dai re Magi s'aspettava di sapere ove cercare
ma dal cielo appare un Angelo ch'altra strada
fa lor fare. Ampie ali, vesti bianche dalla Reggia
del Divino con un tuffo s'avvicina a Giuseppe
che dormiva Messaggero, che il Buon Dio giù spedito
avea al Messia e, accosto all'orecchio gli sussurra:
Presto, presto per il ben del Pargoletto svelto, giù, salta
dal letto, corri via con Gesù e la Santissima Maria.
Questo è loco non adatto, questo è loco di misfatto.
La Santissima Maria pur se stanca non dormia, indi,
stretto tiene in braccio il Figliolo benedetto. Quindi
al bue dolce e buono danno in testa una carezza
e in fretta dalla stalla menan fuora lo somarello
e la Donna benedetta, la Santissima Maria, stretto
in braccio il Bambinello, si sistema sulla sella
del docile asinello e, intraprendono il cammino
per il loro nuovo destino.
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