Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Il Natale

Suono giunge indistinto in lontananza
e poco a poco parmi che s'avanza.
M'accosto lentamente alla finestra,
le flebil note annunciano un'orchestra.
Dal cielo a fiocchi lenta cade la neve
e su ogni cosa posa piano, lieve
Mentre l'orchestra sempre più vicina
Di Cristo ci ricorda e di Maria Regina.
Le dolci note sono della zampogna
Che a valle scende giù dalla montagna,
accompagnata dal suon della chitarra
ci dice che Gesù è sceso in terra.
Il manto bianco a vista si disperde
e tutt'intorno ha ricoperto il verde.
Il vento porta il mugolio del cane,
il tocco festoso delle bronzee campane.
La mamma ruota in casa indaffarata
a preparare frittate e pignoccata,
a friggere baccalà nella padella
e lenticchie a condire nella scodella.
Per la famiglia questa è la gran festa;
tutti siam dentro: Il nonno in testa.
Nella modesta casa a due stanzette
Siam tutti intorno al fuoco: i diciassette.
Ora si sente il sibilo del vento
Quasi fosse dell'orchestra altro strumento;
la zampogna prosegue il suo cammino
e noi contenti intorno al tavolino.
Quel che di questa festa è più importante
è la serenità che intorno spande.
Nel cuore d'ognuno cessa ogni doglianza
Poiché pervaso di dolce speranza.
Di tutte le ricorrenze è la più grande
Ed è per l'Universo la più imponente
Giacché di quest'oggi è la lieta novella
Del Redentore nato in una stalla.
Richiamati dai delicati canti,
Degli Angeli dal cielo scesi gaudenti,
Lo venerano i pastori trepidanti
e i re magi del lontano oriente.
Composta martedì 30 novembre 2004
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    Scritta da: Nello Maruca

    La rosa profumata

    Là, nell'angolo più bello
    dell'orto del mio ostello,
    sprigionata da una rosa
    che profuma ogni cosa

    un odore inebriante
    da più tempo è vagante.
    Son'ott'anni ch'è costante
    e non cede mai un istante.

    Al pari del suo odore
    è perenne pur l'ardore
    e così m'ha preso il cuore
    che ridonda pel suo amore.

    Tanti beni ho al cospetto
    e a ciascuno don'affetto;
    notte e dì, però, al mio petto
    uno solo ne tengo stretto.

    È quel fiore inebriante
    che rubato m'ha cuore e mente,
    mai potrà esserm'assente:
    Morirebbero cuore e mente.

    Questa Rosa bella e fresca
    porta il nome di Francesca.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Invito

      Io intuisco, amore, quant'è doglioso
      l'affetto aver perduto dei più cari,
      quant'attristato s'è il cuor voglioso
      per quegl'amori fattisi assai rari.

      L'animo nobile tuo avea creduto
      ch'avrebbe sempre avuti e mai perduto.
      L'illusione è grande, assai penosa
      e accresce lo pensare chi in ciel riposa.

      Colei che vesti d'Angelo ha indossato
      stretta tienti la mano in ogni ora.
      Guarda, ti dice: Il capo com'è ornato
      dei più bei fiori e come giglio odora.

      Di me non t'attristare: Sono beata,
      vivo il riposo eterno: Dissetata;
      Un posto accanto a me t'ho riservato
      di luce luminosa tutt'ornato.

      Intanto resta lì, tra le tue perle
      alfin che la tua luce ancor le lustri,
      in ansia più di tanto non tenerle,
      a chi t'ha tolto affetto amor dimostra.

      Angoscia tanta e tanta n'hai provata;
      ascolta ora me, la tua adorata:
      Resta distesa ognor ch'io son felice,
      tale sarò ancora se tu stai in pace.
      Composta sabato 30 novembre 2002
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        Scritta da: Nello Maruca

        Fiore

        Dettami o mio Signore parole alate che superi
        Il lor suono di capinera il canto ond'io imperi
        In versi corta esistenza di sì cotanto splendido
        Gran Fiore. Descrivere vorrei suo volto candido
        Col garbo e maestria del sommo Dante ma in povertade
        Di pensieri m'accingo ad affrontare in umiltade
        Ardua impresa con mente mia che flette e non connette
        Chè al cospetto d'Anima sublime, stanco, non permette
        Ravvicinar divario frapposto in povertade di pensieri
        Miei e magnitude di grandezza Sua.
        Dea, che di Latona figlia e del gran Giove dio degli dei,
        a somma vetta dell'Olimpo assisa che al Dio di luce
        Apollo fosti sorella, di ninfe circondata, in castitade,
        degl'Inferi, del Cielo e della Terra Triforme venerata,
        di caccia assai devota, dei boschi protettrice, peristi!

        Stella che brilla di mattino e all'apparire del sole
        Corre e va via; Viola di prato di delicato odore,
        fragile e bella inebiatrice dei campi tutt'intorno,
        Garofalo rosso di profumo intenso, candido
        E di purezza intriso Giglio; peristi! E vuoto
        Intorno a Te molto lasciasti.

        Ma nello spiccare lo volo nei luminosi Lochi
        Che agli Angeli di Dio son riservati, seme lascasti
        In terra a germinare che sviluppò e in luce crebbe
        Di luminosa luce e di bellezza a simboleggiar
        La Tua figura eletta. Un Fiore fosti, come tal peristi;
        Fiore altro come tale in terra non è che ognuno
        Al Tuo cospetto affievolisce; nessun paragone degno
        è esserTi posto.
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          Scritta da: Nello Maruca

          VITA

          Dei giorni dell'agosto passati di mia vita
          Solo uno ne ricordo raggiante e luminoso:
          Quello che fu d'Angelo il giorno della vita.
          Già all'alba, quel mattino, splendeva luminoso.

          Intorno era profumo di rose e di viole,
          i prati tutt'interi coperti eran di fiori.
          La terra era ammantata di luminoso sole
          E noi contenti, allegri, noi s'aspettava fuori.

          Di gioia e di sorrisi tutto quel giorno
          È intriso giacché dal Paradiso calava
          In veste bianche, in terra a far soggiorno,
          colui che tutt'intero nel cuor mi si poneva.

          In quel luogo nascosto, scaldato dal mio amore,
          fissa dimora ha posto e più non lo distacco.
          Se un giorno ne uscisse sanguinerebbe il cuore;
          verrebbe il mio cervello molto malato e stracco.

          Febbraio 1999 Nonno Nello al suo Angelo
          Con un abbraccio.
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            Scritta da: Nello Maruca

            Il Fiore

            Mese mariano di bei fior'ornato
            che pei profumi suoi resta invidiato
            e tutto quanto in se è generato
            e dal letargo ogn'essere è svegliato.

            Mese di amore, mese di speranza
            ch'ogn'anno rinnova la vecchia usanza
            di ridonare al sole risplendenza
            a seguito d'inverno di doglianza.

            L'animo mio quest'anno ha spalancato
            ché dolce fior un dì l'ha visitato
            e di tutto l'odore suo ha inebriato
            così lo core mio ver se ha portato.

            Candor, quel fiore, tien di bianco giglio,
            l'odore è di viola e fiore di tiglio,
            riesce, per amore, dare scompiglio
            lungi di cattiveria e di periglio.

            La bianca sua manina ho carezzato,
            un bacio sulla guancia m'ha donato,
            la sua dolcezza il cuore mi ha segnato
            e l'alma tutta quanta m'ha turbato.
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              Scritta da: Nello Maruca

              La serenità

              La serenità non è roba palpabile
              tanto che cosa non è manco visibile,
              nemmanco è qualcosa d'acquistabile
              possederla, però, è anche possibile.

              Di quel che si ha bast'essere contento;
              ti basti il dieci, non cercare il cento,
              non t'irritar se forte soffia il vento
              mentre la pioggia speravi qual'evento.

              Non pensar quel che potea ma che non fu
              pensa, invece, piuttosto a quel ch'hai tu,
              non desiare di scala andar sempre più su
              fermati! Guarda quant'altri a te son giù.

              Indi, restando immoto di serenità
              l'animo t'è pervaso ché sazietà
              ha per quel che il Ciel gli ha dato
              e l'essere n'è tutto inebriato.
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                Scritta da: Nello Maruca

                V

                In croce al posto di essere spergiuro
                Quei ch'affossar pote mondo sotterra,
                umil soggiace a man crudel che sferra
                frusta su corpo gentil, docile e puro.

                E tutt'intorno annerisce: È scuro.
                Assordante boato scote la terra
                qual più mille cannon tonanti in guerra
                e squarcio corre per lo cielo oscuro.

                Ed Ei spirò, e l'Alma da Suo petto
                uscio; trema lo Cielo ed è tremor
                di terra. Centuria tutta è terror.

                Centurione, pur ei, ghiaccio da timor
                destra man porta su gelido petto
                e per malvagità di pria mostra terror.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Carabiniere

                  Ah! Se potessi essere non io
                  e al par di Dante mi facesse Iddio
                  dell'Esercito branca tant'onesta
                  con diligenza canterei le gesta.
                  Con mano lesta stilerei lo scritto
                  e, di Te, Grande, narrerei l'editto.

                  Se, poi, di Giotto avessi mente esperta
                  Tua storia pingerei con mano certa;
                  l'illustrerei su tela ricamata
                  come nessuna mai fu disegnata.
                  A Dio che innalza e abbassa pregherei
                  Onde uguagliare altra mai potrei.

                  Se del musico Verdi avessi l'estro
                  le lodi canterei da gran maestro:
                  Le canterei al suon di cornamusa
                  e in ciel l'innalzerei, storia diffusa.
                  Dolce all'orecchio il suono giungerebbe
                  Tal che manco melodia d'Angeli terrebbe.

                  Povero sono, però, in mente e arte
                  perciò ogni velleità metto da parte;
                  il sangue forte pulsa nelle vene
                  sferzando nel cervello forti pene.
                  In minuetto mi muovo in queste righe
                  come formica nel trascinar le spighe.
                  M'accosto, con timore, tremolante
                  a narrare di Te, Uomo importante.

                  Degno di fede e di vetusto onore
                  il bene altrui alberghi dentro al cuore,
                  da sempre per l'altrui la vita doni:
                  Fedele più dei cani ai lor padroni.
                  Quella divisa nera a strisce rosse
                  vanta conquiste di molte riscosse:
                  La porti con l'orgoglio del gran Fante
                  d'importante battaglia reduce zelante...

                  Ti volle Emanuele Primo di Sardegna
                  quale tutore d'ordine e di legge;
                  presente sempre dove il male affligge
                  resti al tuo posto fino alla consegna:
                  Rivedo la battaglia di Pastrengo,
                  della Sforzesca e quella di Novara,
                  per questo dentro al cuore mio Ti tengo
                  e la Figura Tua m'è dolce e cara.

                  In Aspromonte e sul silano monte
                  hai combattuto lotte da valente,
                  avverso i disonesti, per l'ostaggio,
                  reprimesti nel silenzio il brigantaggio.
                  In Libia fosti a conquistar medaglie
                  lasciandoti alle spalle molte Spoglie,
                  nella campagna fosti a Senafè
                  e combattesti in quel di Macallè.

                  Del sangue Tuo inondasti Podgora
                  e quel Tuo sacrificio vale ancora,
                  mostrandoti al dovere servo ligio
                  rendesti alla Nazione gran servigio.
                  Nei secoli fedele: Qesto il Tuo Motto
                  fedele resti in tal mondo corrotto,
                  lo fai per dedizione al Tuo dovere,
                  degno sei d'ogni stima, carabiniere.
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                    Scritta da: Nello Maruca

                    Il quadro

                    Forgiata da Mastro che dei maestri è Mastro
                    di nobili metalli in uno fusi cornice pende,
                    di fiori ricamata. Non di minore pregio nastro
                    la regge che, ad avorio appeso, più regal la rende.

                    Da sfondo, luminoso come sole, appare un cuore
                    che a caratteri di fuoco ha inciso: Amore.
                    Dal dio Vulcano indelebile la stampa è apposta
                    che alle cure affidata l'ha della dea Vasta

                    che al focolar dei buoni è attenta e lesta.
                    Nel mezzo, la cornice, un quadro la sovrasta
                    ch'a le immagini di tre racchiuse in una
                    da divinità bendata, detta Fortuna.

                    Una, grande e possente è la figura
                    che alle altre due profonde dolce cura.
                    Dal petto emette solo dolci suoni;
                    dolce lo sguardo, occhi belli e buoni.

                    Gentile nel suo far, cortese in tutto
                    grand'albero v'appar cui pende buon frutto,
                    Il frutto coprodotto è dolce e fresco
                    ch'anco il pianto per l'anima è rinfresco.

                    Altra dolce e buona figura l'accompagna
                    ch'è degnamente degna sua compagna;
                    reso felice ha lui col pregiato frutto,
                    ella è felice mamma e moglie in tutto.

                    Assai più bello è il quadro quì descritto
                    ma riportar su carta non m'è concesso
                    ché ai soli Grandi ascritto è tal diritto:
                    Sol loro, a cose belle, han riservato accesso.
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