Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca
Rondinella della prim'aurora
che ilo hai piantato nel mio cuore
nel tuo altro n'ho fissato con ardore
e ancor d'allora, operano ognora.
Della stagione fredda al perdurare, *
lasciandomi nel nido, solo solo,
spiegasti l'ali tue a lungo volo
nella speme di presto ritornare.

Volasti sopra burrascosi mari
col groppo in gola, lacrimando gl'occhi,
poi, a lungo combattesti con allocchi
martire innocente di sicari:
Cadendo, infine, sotto i colpi inflitti
fosti traslata in nido di rapace
là dove mai il tuo cuore ha avuto pace
e i dolci sentimenti furon reietti.

Rondine rimanesti, però, fida
giacché natura tua è dolce e buona,
meriti essere posta in una icona
ch'amore porti anche a gente infida.
Diventi reginetta di nidiata
che pigola, ti chiama e tanto t'ama,
al contro dell'allocco, lingua di lama,
possiedi bontà grande, rinomata.

Di anni ne tocco ora quasi trentotto,
tu ne registri appena trentatré,
d'allora ne son trascorsi ventitré:
Saremmo uniti, senza quel complotto!
La divisione nostra è solo carnale
ché dentro t'ho nel petto mio trafitto
mentr'io mi resto nel tuo petto eretto
e l'immensa passione resta totale.

Io t'ho presente il giorno tutt'intero,
la notte m'addolcisci col tuo sogno,
ti resti giorno e notte nel mio regno
come regnante resta nel suo impero.
Ricordi il finto nido? Era piccino.
Uno n'ho costruito più grandetto
onde capienza ha di grande letto
nella speranza d'averti un dì vicino.

Al lato n'ho intrecciato uno più bello
ch'aspetta d'ospitar tuoi rondinelli
ch'anno, ho saputo, toni dolci e belli
come il tuo viso delizioso e snello.
I quattordici d'anni appena avea
toccato quando spedisti il tristo scritto
che tutto tengo in mente quell'editto
che imposto fu da gente vile e rea.

Ed anelavi del mio certo aita,
col pensiero di rondine sincera,
speravi che al giunger della sera
la trepidazione fosse finita.
La missiva, ahimè! Tardi pervenne;
ma s'anco giunta fosse immentinente
niente potuto avrei, niente e poi niente
tant'alte superar eran transenne.

Dopo aver posto copia dentro al cuore
l'ho bene in uno scrigno conservata
e tutta in mente, tutta l'ho fissata:
Ogni parola grida: Amore, amore:
Con dolor grande e tanta volontà
m'astengo dal venir fino laggiù
potrei, la povertà ch'avea or non è più,
non licemi, però, darti altra ansietà.

D'amarti, amore, non sarò mai stanco
e aspetto sempre che mi vieni a fianco
e nella speme vivo del ritorno
al fin che cessi questo gran frastorno.
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    Scritta da: Nello Maruca

    L'abbondanza

    Quando in casa poco c'era
    Si giocava e si rideva,
    ora che zeppo è ogni loco
    né si ride né si gioca.
    Tutto quanto appare poco
    e sia il riso sia il giuoco
    tramutati sono in fuoco.
    Le bevande e vettovaglie
    Fan salire altre voglie
    e niuno è più contento
    Di benessere cotanto.
    C'è, perciò, solo lagnanza
    Per la scelta e l'abbondanza.
    Sol li nonni e li bisnonni
    Con gli zii già ottantenni
    Dirimpetto sono al fuoco
    Ben contenti di quel poco
    Chè rammentano che c'era
    Gran miseria da mane a sera.
    Ricordano il passato,
    sanno quanto ch'è costato,
    sanno quanti patimenti
    san le pene e i tormenti.
    E, perciò, quel caldo fuoco
    Per quanto appar poco
    Dona loro giovamento
    e al corpo e alla mente.
    Ogni tanto un guardo sbieco
    Come dir: dico e non dico.
    State attenti, o voi scontenti,
    Che potreste ai vostri denti
    Solo offrire un po' di pane,
    Senza pranzi e scarse cene
    Come quando per luce c'era
    La candela di scarna cera.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Omino

      Nitido all'orecchio giunge suono
      che dritto s'inserisce dentro al cuore;
      arriva armonioso da lontano
      e l'alma tutta inebria del suo odore.

      È il saluto del picciol mio tesoro
      d'ingenuità impastato e di bontà;
      lucente alla mia mente è più dell'oro,
      forte lo stringo al petto in lealtà.

      Arriva tutti i giorni, ogni mattina,
      rinnovasi ogni dì nei miei pensieri.
      All'improvviso appare la personcina
      come ogni giorno, come apparve ieri.

      È la figura di quel dolce Omino
      che nella mano mi dà la sua manina:
      La tengo stretta lungo il mio cammino
      e il gesto lo ripeto ogni mattina.
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        Scritta da: Nello Maruca

        Il benessere

        Quando l'essere umano cullato
        è del benessere non tien nemico
        che lo sprezza o ingiuria. Tutti parenti,
        tutti cortesi amici, e ognun s'affretta
        a tessere artificioso plauso.
        Chiunque lo tratta da grande signore
        ancor più se fosse principe o duca.
        Largo si fanno insigniti e codardi
        per rimanere accosti a sua signoria.
        Se coincidenza vuole che fortuna
        allenti stretta della sua cintura
        allora perde quell'uomo amori,
        grazie ed onori e tutti quei parenti,
        amici e serventi non uno ne rimane
        a lui vicino ché veloci si squagliano,
        volan via, e non più saluti, inchini
        e reverenze ma maldicenza, perfidia
        e molta spregiudicata irriverenza.
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          Scritta da: Nello Maruca

          La Torre

          Solenne, alta s'ergea al centro Torre
          che d'onore ricopria queste sue terre;
          era rifugio di sciancati e stracchi,
          vanto d'ognuno era, giovani e vecchi.

          Tutti copriva col paterno manto.
          Mai turbativa fu, mai fu tormento,
          non discrimine mai, mai differenza;
          d'ogni seme traeva buona essenza.

          Forte s'udì, per l'aria, grande sussulto:
          Cadde tra nebbia il gran Gigante avvolto;
          Tremò la terra, le case furon scosse
          Piegò la testa, ahimè! E più non resse.

          Tra tanti ti scegliesti il miglior frutto,
          alla famiglia tu levasti tutto,
          per la sua gente fu immane sorte;
          perché non ti fermasti o crudel Morte?

          Fu il Ciel che mi richiese anima eletta,
          perciò falciai la troneggiante Vetta;
          Ma se or lo guardo volgi al firmamento
          sorrideti una Stella risplendente.
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            Scritta da: Nello Maruca

            L'abbandono

            Nelle tristi passeggiate estive
            solo mi trovo presso quel ruscello
            laddove era tutto lustro e bello
            mentr'ora appare sterile e brullo
            per la tua assenza, mia soave stella,
            e pure le foglie che son verdi e vive

            paiono mosce, penzolanti, smorte.
            Ti dipartisti e più non ritornasti,
            provocato in cuore m'hai enormi guasti.
            Sono certo, non a male lo facesti
            se dentro tieni quei sentimenti onesti
            d'allora che amore giurasti fino a morte.

            Certo è la sorte che ti tien discosta,
            non scema, però, la pena dell'abbandono
            giacché sognato sempre avea in quel dono
            ch'avere la donna amata spera ognuno;
            sentirsi gratificato, essere qualcuno
            d'aver seco l'amata di carezze desta.
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              Scritta da: Nello Maruca

              Il Fiore

              Mese mariano di bei fior'ornato
              che pei profumi suoi resta invidiato
              e tutto quanto in se è generato
              e dal letargo ogn'essere è svegliato.

              Mese di amore, mese di speranza
              ch'ogn'anno rinnova la vecchia usanza
              di ridonare al sole risplendenza
              a seguito d'inverno di doglianza.

              L'animo mio quest'anno ha spalancato
              ché dolce fior un dì l'ha visitato
              e di tutto l'odore suo ha inebriato
              così lo core mio ver se ha portato.

              Candor, quel fiore, tien di bianco giglio,
              l'odore è di viola e fiore di tiglio,
              riesce, per amore, dare scompiglio
              lungi di cattiveria e di periglio.

              La bianca sua manina ho carezzato,
              un bacio sulla guancia m'ha donato,
              la sua dolcezza il cuore mi ha segnato
              e l'alma tutta quanta m'ha turbato.
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                Scritta da: Nello Maruca

                Saggio corona di sonetti

                In questa classe siamo sedici alunni,
                nove siam maschi, sette sono donne.
                Quattro son compagni dei passati anni;
                un solo maschio e tre hanno le gonne.

                Elsa, Lucia e Caterina Lo Munni
                nomata, per sue rime, poetessa "Erinne" *
                il maschio, compagno, Cucco Giovanni.
                Quest'è la prima B d'Istituto Aronne.

                Uom'elegante da fattezze basse,
                si sofferma tra i banchi e sorridente
                dice: sono il docente Carlo Alasse

                proffessor di lettere in questa classe,
                al vostro fianco sarò costantemente,
                io sarò ruota e voi sarete l'asse.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Gemme

                  D'Epifania, d'incerto sole, in tiepida giornata,
                  giunge la prima Gemma tant'amata.
                  Brillano i suoi occhi per bontà ed amore,
                  di tenerezza mi riempie il cuore.
                  Suo lamento è dolce nota,
                  bel carattere denota.

                  La seconda, ch'è seconda in tempo,
                  di luce brilla più del firmamento;
                  lunghi capelli, grand'occhi, luminoso viso
                  a giugno mi perviene all'improvviso.
                  Tutto piglia, tira, strilla,
                  tutt'intorno ad ella brilla.

                  In un febbraio tetro, freddo e gelo
                  la terza, poi, calata m'è dal cielo;
                  di gioia sussultar fa l'alma mia
                  mentre m'appresto a dir l'Ave Maria.
                  Occhio piccolo, lucente,
                  sguardo fermo, intelligente.

                  Nell'odoroso di fiori e biancospino maggio
                  mi giunge all'improvviso il grand'omaggio
                  di quarta Gemma splendida, lucente che tra le Gemme
                  è Gemma delle Gemme.
                  Tosto pare assai carino,
                  un tantino birichino.

                  A capodanno la quinta mi compare
                  venuta all'improvviso a illuminare
                  la nera notte di fulmini percossa,
                  di vento e tuoni forti molto scossa.
                  Di furbizia mente fina
                  lesto offre lo spuntino. *

                  Cinque di Gemme splendide ho nel cuore,
                  ognuna d'inestimabile valore.
                  La vita che pur tanto m'ha deluso
                  in fin sì grandi beni m'ha profuso.
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                    Scritta da: Nello Maruca

                    La preghiera dell'orfanella

                    Quando ch'ancora il latte mi donava
                    persi l'aggrappo a lauta mammella
                    di quella nobile figura dolce e bella
                    che sopra al core suo mi dondolava.
                    Un dì per smisurata malasorte
                    in fretta si partì per luminosa
                    via lasciandomi di nettare desiosa
                    alfin di Dio venire a maestose Porte.

                    Inver con me voleva ella restare
                    ma divin Forza al ciel la fa carpire
                    e a nulla valser lo suo reagire
                    né le suppliche mie per fer voltare.
                    Troppo piccina per attaccarmi a Te,
                    Madre Divina, che se possanza avessi
                    avuto per'amore Tuo, e gl'eccessi
                    pianti, per caritade, mi sarei gaudente.

                    Qual uccelletto io ancora implume
                    restar volevo nel mio caldo nido
                    ma lo destino tristo quant'infido
                    non volle lì mettessi le mie piume.
                    Pregarti, allora, Madonna, non potevo
                    ché ancor lo cervel mio non connetteva
                    né la mia lingua verbo ancor diceva
                    né di mie gambe passo alcun movevo.

                    Ma ora che lo cervello s'è ingrandito
                    e lo cuor mio per malor si è spanso
                    e molto a ragionar riesco e penso
                    a questa preghiera l'ascolto Tuo invito:
                    Se darmi non vuoi ancor l'amata mamma
                    perché poss'io toccarla e abbracciarla,
                    se in Cielo vuoi Tu ancora trattenerla
                    privandomi ognora della mia fiamma

                    fa ch'io giunga almeno ai Tuoi piè santi,
                    fa che alla scala dell'empireo approdi,
                    lascia almeno lì che la mia mamma godi
                    e di sospiri la copri e di miei pianti.
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