Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Saggio corona di sonetti

In questa classe siamo sedici alunni,
nove siam maschi, sette sono donne.
Quattro son compagni dei passati anni;
un solo maschio e tre hanno le gonne.

Elsa, Lucia e Caterina Lo Munni
nomata, per sue rime, poetessa "Erinne" *
il maschio, compagno, Cucco Giovanni.
Quest'è la prima B d'Istituto Aronne.

Uom'elegante da fattezze basse,
si sofferma tra i banchi e sorridente
dice: sono il docente Carlo Alasse

proffessor di lettere in questa classe,
al vostro fianco sarò costantemente,
io sarò ruota e voi sarete l'asse.
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    Scritta da: Nello Maruca

    Il rimorso

    Ogni mattina allo spuntare del giorno,
    all'apparire dell'attesa aurora
    sorgesse il sole o spirasse bora *
    o ch'estate fosse o piovoso inverno

    senz'alcun'indugio al campicello
    sperando mettere qualcosa nel paniere
    t'incamminavi per la ricerca giornaliera,
    con chissà qual'altri pensieri nel cervello:

    Quante volte, però' fu la ricerca vana,
    quante volte il ritorno fu triste e deluso
    che vuota fu la cerca quotidiana
    e altro giorno in fame s'è concluso.

    Nel desolato teterrimo abituro,
    sfumata la speranza del mattino
    tutt'intorno t'appariva ancor più scuro
    ma la speranza non avea confino.

    In quegl'anni di epidemica carestia
    puranco d'affetti, nonna, fosti scarsa.
    Povera in tutto, o nonna, io nol capia
    perciò lo cuore me lo stringe morsa.

    Grande, se solo poco avessi riflettuto
    t'avrei qualche sospiro, forse, lenito.
    Nol feci, più nulla or posso, t'ho perduto!
    Il rimorso mi rode all'infinito.
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      Scritta da: Nello Maruca

      La promessa

      Una barca gongolante
      dalle vele biancheggianti
      è partita da levante
      tra le onde fluttuanti.

      A me viene lentamente
      a portar il pargoletto
      che aspetto trepidante
      di tenere sul mio petto

      per cantare la ninna nanna
      con l'amore di una mamma,
      con l'affetto della nonna
      alla gemma, dolce fiamma.

      Quando, poi, il piccoletto
      addormito s'è sul petto
      nella cuna, caramente,
      lo distendo dolcemente.

      Stringo in mano la manina
      e contemplo il visino.
      L'accarezzo pian pianino
      e mi resto a lui vicina.

      Poi ripenso il vivo scritto
      indi giuro, indi prometto
      per il bene affisso in petto
      che sarà sorriso il pianto
      e allegrezza la tristezza.
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        Scritta da: Nello Maruca

        Gemme

        D'Epifania, d'incerto sole, in tiepida giornata,
        giunge la prima Gemma tant'amata.
        Brillano i suoi occhi per bontà ed amore,
        di tenerezza mi riempie il cuore.
        Suo lamento è dolce nota,
        bel carattere denota.

        La seconda, ch'è seconda in tempo,
        di luce brilla più del firmamento;
        lunghi capelli, grand'occhi, luminoso viso
        a giugno mi perviene all'improvviso.
        Tutto piglia, tira, strilla,
        tutt'intorno ad ella brilla.

        In un febbraio tetro, freddo e gelo
        la terza, poi, calata m'è dal cielo;
        di gioia sussultar fa l'alma mia
        mentre m'appresto a dir l'Ave Maria.
        Occhio piccolo, lucente,
        sguardo fermo, intelligente.

        Nell'odoroso di fiori e biancospino maggio
        mi giunge all'improvviso il grand'omaggio
        di quarta Gemma splendida, lucente che tra le Gemme
        è Gemma delle Gemme.
        Tosto pare assai carino,
        un tantino birichino.

        A capodanno la quinta mi compare
        venuta all'improvviso a illuminare
        la nera notte di fulmini percossa,
        di vento e tuoni forti molto scossa.
        Di furbizia mente fina
        lesto offre lo spuntino. *

        Cinque di Gemme splendide ho nel cuore,
        ognuna d'inestimabile valore.
        La vita che pur tanto m'ha deluso
        in fin sì grandi beni m'ha profuso.
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          Scritta da: Nello Maruca

          Cxl

          Scorre lento lo tempo e par ch'io invecchi,
          sono quattr'ore di stancante attesa
          e speme che a sottile filo è appesa
          l'alma che sostiene parmi che stacchi.

          Chiudonsi alla prece gli stanch'occhi
          quando mia speme già volge alla scesa
          e tosto è sobbalzo a dare ripresa
          mentre campana suon dodici tocchi.

          Martella il core in petto e non si cheta
          ch'ansia da presso formenta e punzecchia
          e alma d'apprensione da corpo è spulsa.

          Nessun pensiero più nel senno specchia
          ch'ogni ragionamento è di ripulsa
          e soltanto il niente è di senno meta.
          Composta domenica 31 ottobre 2010
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            Scritta da: Nello Maruca

            Il gentiluomo

            Disquisire di te, del tuo sembiante
            arduo perviene a me vate cadente
            che altre sublimi Menti aviano vanto
            con diligenza dire di tanto manto.
            La testa ch'è vagante e pertinace
            non tiene pace a essere incapace

            e allora s'inoltra nell'oscura selva,
            tenacemente, ad affrontar la belva.
            L'arma con cui combatte è una penna
            che patisce dir del cervel ch'affanna,
            che s'arrovella e non trova forma
            l'enunciar che vorrebbe in piena norma.

            Mò pare che irta poco meno è l'erta,
            indi, la scritta scorre un po' più certa.
            Entra nel mezzo di folta foresta
            e, caparbiamente, a belva tien testa.
            Vede la bontà dell'esser tuo, descrive
            la dolcezza del tuo cuore, rivive

            quanto grande per l'altrui hai amore
            e della carità lo gran spessore.
            Ma nell'andare incespica, cade, s'alza,
            si rincammina, ricade, sobbalza
            ma intricato di cespugli è il loco
            indi la penna più non regge il gioco.

            Si sfiducia, s'abbatte, indi, soggiace.
            ma sol per poco, essa, però, si tace.
            Chè una penna pur debole e flemma
            si scalda e brucia più d'immensa fiamma,
            e ancora maggior  di fiamma rossa diviene
            se a bontà s'affaccia e non a pene.

            Qui la dolcezza, in breve, vuol narrare
            d'uomo gentile che sa soltanto amare.
            Di te vuol dire, Cavaliere illustre,
            della schiettezza limpida, campestre
            ch'altra maggior, giammai, rilevi altrove
            e puranco la scorza zotica rimuove.

            Cuore gentile, colmo d'ogn'affetto
            che per il ben'altrui non tien difetto,
            proclive e lesto a propinar man forte
            e al bisognoso schiudere le chiuse porte.
            Se di un essere eretto già hai scritto
            e anche in verbo ripetuto e detto

            della dolcezza e umanità infinita
            ch'altro vuoi dire che porta in sé tal vita?
            Ch'altro un uomo può aver che spinge
            oltre la carità e che dolcezza aggiunge
            a stile, bontà, fede e grand'amore?
            Se cotante virtù racchiude in cuore

            cosa vorresti, penna, dire più ancora?
            Qui, diletto amore, la mente si scolora
            perciò t'implora a gentil riflessione
            alfin che t'ammanti di comprensione
            e per la mente che troppo vacilla
            quanto pel cuore che in pett'oscilla.
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              Scritta da: Nello Maruca

              Nonna e il tugurio

              Vivevi sola con le tue galline
              In un locale buio e fatiscente
              Indegno posto a ospitar la gente
              Ma miglior loco sol per gente fine. *

              Eri scarsa di soldi e d'ogni bene,
              non possedevi il becco d'un quattrino,
              di tanto in tanto due uova nel cestino
              ma non per te, per lenire le tue pene

              ma per meglio nutrire i nipotini
              ch'erano tanti e, tutti piccolini.
              Ti sei involata in Ciel da quarant'anni
              E tristi ripensiamo ai tuoi malanni.

              Ora rivediamo la faccia tua patita
              E la mente ci riporta a quel tugurio.
              Se potessimo, nonna, ridonarti vita
              ti doteremmo d'una reggia qual tugurio.
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                Scritta da: Nello Maruca

                Il turbamento

                La vita è un pozzo fondo, senza fine
                ch'è pieno zeppo di miserie umane,
                per quanto tempo dura, fino alla fine,
                non son giornate che non siano vane.

                Per quanti sforzi son, per quanto t'opri,
                per quanto ti dibatti ed arrovelli,
                per quanto pace che bisogni copra
                non v'è cosa che plachi quel cervello.

                Non ragionamento che lo porta altrove,
                non problemi di natura maggiore,
                lo ritrovi ovunque e in ogni dove
                ch'è tutto scuro, pur bianco colore.

                Com'erba cattiva che su prato nasce
                che estirpata con certosina usanza
                in perseveranza presto rinasce
                a dimostrar dell'uomo l'impotenza.

                Così, quel turbamento, se si cheta
                riemerge, all'improvviso, dopo poco,
                nel cervello ritorna e non è quieta
                e fin che la vita è fa questo giuoco.

                Invero per chi ha credo è una sol via:
                è quella d'aggrapparsi al Sommo Iddio.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Abbondanza

                  Ricchezza di cose, case e palazzi,
                  abbondanza di roba e di denaro
                  da sempre questo gli uomini cercaro;
                  per questo furo eternamente pazzi.

                  Per essi cedono affetti, bimbi, ragazzi,
                  calpestano sovente la coscienza,
                  ripudiano la propria figliolanza.
                  Son porci rozzi, luridi e pur sozzi.

                  Questo e ben altro è la vil ricchezza
                  che in vero è solo squallida miseria
                  in quanto al male volta e a cattiveria;
                  assai lontana d'Egli, àncora di salvezza.

                  Vera ricchezza è quella che in cuore
                  si tiene, che di spirito è, non materia
                  e all'animo più apporta miglioria
                  e sa donare con ardore amore.

                  Quest'ultima tu abbia d'abbondanza
                  e a uso dell'altrui mettila in atto,
                  per gli altri l'amor tuo sia loro motto,
                  non sia timor, se in altri discrepanza.

                  Quell'altra lascia l'abbiano gli avari,
                  miscredenti, ipocriti, triviali.
                  Destino loro è sol bocconi amari
                  ché di lor cattiveria traboccano gli annali.

                  Tu sei gioiello d'altissimo splendore;
                  restati bella nel tuo bel candore,
                  non offuscare, mai, per l'altrui l'amore,
                  lasciati guidare dal nobile tuo cuore.
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