Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Ninna nanna

Galoppando il bianco giglio
viene portandomi mio figlio.
Mamma è qui, aspetta te,
mamma è qui, tutta per te.
Sogno sempre il tuo visino,
vedo te, o, mio bambino.
Qui, accanto al focolare
mamma resta, sta a sognare.
Resto e sogno il mio bel Re,
resto qui, aspetto te.
Nel mio sogno c'è la culla
che ti dondola e trastulla.
Nella culla fai la nanna
amor grande della mamma.
M'hai rapito già il cuore
o mio grande, dolce amore.
Fai la ninna, fai la nanna
dolce bimbo della mamma
ch'io ti veglio, ti sorveglio
fino a quando resti sveglio.
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    Scritta da: Nello Maruca

    L'affetto

    Bisogno quanto l'aria per la vita,
    quanto d'acqua bisognevole n'è corpo,
    non meno del sangue circolante in vena,
    non meno di vena trasportare sangue,
    non meno di lingua a proferir parola,
    non meno d'anca per deambulare,
    non meno d'intelletto per capire
    e quanto occhi necessitano al vedere,
    non meno di narici per l'olfatto,
    non meno di palato per sapore
    e non meno della bocca per respiro.
    Quanto di queste cose vogl'affetto.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Il denaro

      Mai grand'amore per il denaro ebbi
      tanto che poco e male lo conobbi;
      m'accorgo, ora, però, che mancando esso
      nemmanco il necessario t'è concesso.
      Vero che la felicità non la precetta
      ma di piaceri, sì, fa grand'incetta.
      Indifferente gli resta la morte
      ma dona garanzia di buona sorte.
      Non assicura, no, la vita eterna
      ma dona ricchezza ed agio sulla terra.
      Certo, beato non è chi lo possiede
      ma il misero ginocchioni, lui in piedi.
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        Scritta da: Nello Maruca

        La fiammella

        Con lo sguardo del pensiero
        il remoto ho visitato
        del tuo cuore innamorato.
        In un angolo sta scritto
        quel ch'è noto nel di fuori:
        Il bel sogno ho coronato
        con l'amico e con l'amato.
        Son felice, son contenta,
        sono piena di speranza.
        È profonda del mio amore
        la radice nel mio cuore
        e mai alcuna circostanza
        tal'affetto incrinerà.
        Solo l'ultimo respiro
        la fiammella spegnerà.
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          Scritta da: Nello Maruca

          La sfortuna

          Se di palazzi, case e appartamenti,
          se di ville e terreni ubertosi
          e di estesi, proliferi prati erbosi,
          di greggi e mugghianti armenti
          avessi di tal possidenza poca contezza
          e se di seno fossi d'altra razza
          or non potrei qui dire di mia stanchezza
          ché alcuno dire mai avrebbe osato
          cosa che male avrei poi sopportato
          e avrebbe al mio cospetto ebbrezza
          non certamente per sua contentezza
          ma per lo stato della mia altezza.
          Di ciò la dea bendata non mi fè dono
          indi sul dorso m'ho fulmine e tuono.
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            Scritta da: Nello Maruca

            La gratitudine

            Tanti furo i lupetti che in grembo
            teneva mamma lupa e al lembo
            di sua veste ciascuno s'attaccava
            appresso che amorevolmente allattava.
            Alla ricerca almeno del minimale,
            al fine di nutrire la prole frale,
            lontana dalla tana, in sofferenza
            il tutto procurava in perseveranza.

            Del provveduto tutto ad essi dava
            e ogni cosa per se trascurava;
            allo stremo di forze pur ridotta
            giammai modificava la condotta.
            Onde impinguare di carne ad essi l'ossa
            il fisico distruggeva di se stessa;
            tutt'essi circondando del suo amore
            ch'ora, per gratitudine, pestano suo coro.

            Mentre i lupetti, ora, son forti e belli
            del lor comportar ne tien gli affanni
            ché se pur avanti ita è negl'anni
            pochi di questi i danni, tanti di quelli.
            Essi or sono grandi, scostanti e arroganti,
            privi di dolcezza, tolleranza e garbo.
            Di mamma lupa, dei sacrifici e stenti
            alcuna memoria più tengono in serbo.

            Per questo, poveretta, essa si contrista,
            la notte sul giaciglio sbuffa, si rigira,
            pensa quel ch'è stato, chiede a Colui ch'ispira:
            Iddio, ho tanto amato, perché mi si rattrista?
            Rivede i cuccioletti che ad essa
            s'aggrappavano quando scarne le ossa
            il caldo del suo corpo ognuno ricercava
            e lei, d'amor di mamma, tutti circondava.

            Tutto è finito, ormai, tutto è concluso.
            Dei stenti e sacrifici tutto è fuso,
            tutto quel che fece era dovuto
            e, nulla, rispetto al dato, ha ricevuto.
            Sperando che i lupetti cambino gesta
            nei ricordi cheta se ne resta,
            delusa e sconfortata se ne giace,
            tornare a pensar quel ch'era le piace.

            In quest'attesa ch'è mesta speranza
            l'è di conforto un essere vivente
            che sempre è fermo, per amore e usanza
            e in ogni occasione resta presente.
            Peccato! Sua natura verso non consente
            indi, dire non può, solennemente
            quant'è riconoscente. Il dolce strofinare,
            l'effusion gioiose lo stanno a dimostrare.

            Di pelo biondo chiaro, striato grigio scuro,
            baffi lunghi e irsuti, pupille verde bruno
            affetto le dà grande, amor tenero e puro.
            Micio di razza, in cure supera ognuno.
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              Scritta da: Nello Maruca

              IV

              Comincia allo scoccar dei Suoi trenta
              anni l'ammaestramento itinerante
              e ovunque la folla è esultante
              ché sciancato al Suo dir dritto diventa.

              Vento non è o alt'onda turbolenta
              che temi, né alcunché d'altro esuberante
              giacché cosa non è su Lui imperante
              ma tutto è qual neve che lo sol paventa.

              I pani e pure i pesci centuplicava,
              sulle acque dei laghi e mari camminava
              e furia d'acque e venti tacitava.

              In Cafarnao, loco d'opera messianica
              di Galilea, e storpi e ciechi risanava
              con amor grande e bontate unica.

              Gl'afflitti ver Lui amor nutrivano
              e d'intense benedizioni lo colmavano
              ma avea contrari a Se scribi e sinedrio
              con Pilato e tutto il suo imperio.

              Indi insultato, malmenato e vilipeso,
              da sommario giudizio condannato
              ai carnefici senzadio viene affidato
              e al legno ch'è aggravato rest'appeso.
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