Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Lo scoramento

Solo mi sento e desolato pure
dacché a mancare mi vennero le cure
di quanti nutro affetto e amore puro
e dall'or lo tempo m'è amaro e duro.

I vecchi affetti tutti in cor li tengo,
spiritualmente tutti a me li stringo
che se puranco, son fuggiti via
parte son sempre della carne mia

Di mamma l'immago tengo avanti
che mi consola per i tanti assenti;
papà mi dice col sorriso mesto
sii negl'affetti ognora vigile e lesto.

Ma anche stamane mi fui ancor deluso
notando al fratel mio lo cuore chiuso
giacché incontrato accennai un sorriso
ma lui restassi fermo e tetro in viso.

Allor bruciommi il petto tutto quanto
e mesto restommi e deluso alquanto
poiché l'alma si ravvivò al tormento
ed ogni speme persi in quel momento.

La voce mi venne dell'amata Mamma
che muta sussurrommi flemma, flemma:
non dare peso a quanto capitato,
sia il fratello ch'ai da sempre amato.
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    Scritta da: Nello Maruca

    Al mio maestro peppino

    Cinquanta d'anni ne son già trascorsi
    e sentieri impervi tanti ne ho percorsi
    così come puranco, assai di rado,
    varcato, serenamente, ho qualche guado.

    Ma sia che tempesta o bonaccia fosse
    giammai lo pensier mio da te si mosse
    e, per i ricordi del tuo grande affetto
    t'hò, piacevolmente, tenuto nel mio petto.

    Rivedo il lungo, dolce viso sorridente
    in quell'amabile fare accattivante;
    ricordo quel primo assai felice incontro
    che ai timori miei non fu riscontro.

    Avvenne il quinto giorno di lezione
    che perdemmo con "Turuzzo" la ragione;
    ci accapigliammo come due leoni
    per la macchia d'inchiostro sui calzoni.

    Mettesti me sulla coscia destra
    "Turuzzo" lo ponesti sulla sinistra
    e facesti che morisse quel rancore
    donandoci il sorriso del tuo amore.

    Stretti ci trovammo in un abbraccio
    mentre le lacrime solcavano le facce.
    Una carezza ancora, un bacio in fronte
    e fummo alla lavagna a far la conta.

    Questo il primo insegnamento che mi desti,
    tant'altri mano a mano ne seguisti
    e lo facesti con la nobile arte
    che dello spirito tuo faceva parte.

    Il senso di Dio nascere mi facesti.
    di Colui che dal nulla creò i Corpi celesti;
    di Chi tutto sa, tutto conosce e vede
    e dona vita eterna a chi Gli crede.

    Nacque, così, nell'alma mia la volontà
    di pregarlo e venerarlo in umiltà.
    Questo il buon seme che mi regalasti
    dacché con pazienza e amore mi seguisti.

    Presto il seme maturò buon frutto
    tanto che ad esso da allora devo tutto.
    Infondendo con la bontà l'amore in petto
    dell'essere mio facesti un uomo retto.

    Oprare potevi solo tu questo prodigio
    col dire e il fare nel contegno ligio.
    Grazie, caro maestro mio, Grande maestro;
    per tutto questo, grazie mio caro Maestro.
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      Scritta da: Nello Maruca

      La capinera

      Nell'incavato fusto di ciliegio
      Di capinera è custodito letto
      Ch'esperta costruito ha in mod'egregio
      In loco ritenuto sicuro tetto.
      Tenerissime fibre l'hann'intrecciato
      Con diligente architettura innata
      Da testa nera, con fare ricercato
      Per schiudere le uova dell'annata.

      Poscia, nel caldo, morbido lettuccio
      Depositò tre uova corpo grigio
      Sicura che mai avesse avuto cruccio
      Né che suo cuor divenisse bigio.
      Ma l'arbusto che non dava frutto
      Era d'impaccio all'animal'eretto
      Che non sopporta non avere tutto
      e nel demolire il legno scassa il tetto

      di quella capinera dolce e buona
      che sotto già teneva tre nudetti
      da poco della schiusa dei tre uova
      di pelle ancora scura, i piccoletti.
      Implumi ancora, sol boccucci'aperta
      per quell'impulso di sopravvivenza
      la testolina, ora, all'ari'aperta
      cercando vanno di mamma la presenza

      che svolazzando nei d'intorni e presso
      cinguettando, desolata, va piangendo
      e s'avvicina e s'allontana spesso
      e spaurita va dall'uman fuggendo.
      Da mane dura l'andirivien'ardito
      e par che preghi: Va! O uomo crudo
      non vedi il nido mio com'è avvilito?
      Perché in petto tieni cuore sì duro?

      È sera, ormai, e l'uomo via sen va
      Indi la capinera è sul morente nido,
      un piccoletto afferra e vola e va
      penzoloni altro trasporta al posto fido
      torna, festante in becco stretto
      l'ultimo ai fratellini affianca
      sotto provvido e fortunoso tetto
      e accanto giace, finalmente, stanca.

      Quant'amore traspare in sì tal'atto!
      Quant'affetto racchiude piccol volatile,
      quant'altruismo quel corpicino ha in petto,
      quanta bontà, quanta dolcezza e stile.
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        Scritta da: Nello Maruca

        La carità

        Amore per chi odia e che non ama,
        amore per il debole e negletto,
        amore a chi ha sete di giustizia
        e amore per lo sciocco beffeggiato
        e ancora per lo storpio e per il cieco.
        Amore per il sano e l'ammalato,
        amore per il forte e per il debole
        e pure pel potente e pel meschino.
        Amore per il sole e per la luna
        e amore per la luce e per le tenebre,
        amore per la notte e per il giorno
        e pur'anco per ognuna le stagioni.
        Amore per le fonti e per i fiumi,
        amore per i laghi e per i mari,
        amore per i monti e per i piani
        e amore per i rettili e gl'uccelli.
        Amore per la fauna e per la flora,
        amore per il cielo e il firmamento
        e amore pel creato e Creatore,
        amor per tutto quanto ci circonda
        e amore del donare senz'avere.
        Quest'è la carità, la vera carità.
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          Scritta da: Nello Maruca

          Il denaro

          Mai grand'amore per il denaro ebbi
          tanto che poco e male lo conobbi;
          m'accorgo, ora, però, che mancando esso
          nemmanco il necessario t'è concesso.
          Vero che la felicità non la precetta
          ma di piaceri, sì, fa grand'incetta.
          Indifferente gli resta la morte
          ma dona garanzia di buona sorte.
          Non assicura, no, la vita eterna
          ma dona ricchezza ed agio sulla terra.
          Certo, beato non è chi lo possiede
          ma il misero ginocchioni, lui in piedi.
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            Scritta da: Nello Maruca

            La fiammella

            Con lo sguardo del pensiero
            il remoto ho visitato
            del tuo cuore innamorato.
            In un angolo sta scritto
            quel ch'è noto nel di fuori:
            Il bel sogno ho coronato
            con l'amico e con l'amato.
            Son felice, son contenta,
            sono piena di speranza.
            È profonda del mio amore
            la radice nel mio cuore
            e mai alcuna circostanza
            tal'affetto incrinerà.
            Solo l'ultimo respiro
            la fiammella spegnerà.
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              Scritta da: Nello Maruca

              Arte nuova

              Più l'ore se ne vanno con il tempo
              più la mia mente ha turbinio di lampo.
              In essa ruota sempre quello sperma
              che fuoriesce senz'alcun'orgasmo
              e suggerisce, con grand'insistenza,
              conoscere di tanto la causanza.

              Il Dei e Garzanti sfoglio senza sosta
              ma è come cercare al lago l'aragosta.
              Della Treccani m'accosto a copertina
              con fare e con pazienza certosina;
              lesto metto ogni pagina al mio vaglio
              così m'accorgo del secondo sbaglio.

              Mentre men sto, così, nell'incertezza
              avverto sulla testa una carezza:
              Austero, di nobile figura, è al mio fianco
              uomo vetusto, dai capelli bianchi.
              Se il tuo cuor tu m'apri in confidenza
              accenderti poss'io persa speranza
              ché quel ch'al tuo cervello assilla e sfugge
              al cospetto del mio certo non regge.

              Cominciò, tutto, oh Grande, coi malanni
              e da quel giorno pace più non ebbi
              ché si moltiplicar d'allor gli affanni
              e in incertezze e dubbi sempre crebbi.
              Con pression dall'altro lato fatta
              liquido lattescente innanzi m'esce,
              l'organo non gioisce: Forte patisce;
              la testa gira e par diventi matta.

              Arte nuova è codesta in medicina
              che più recenti studi son'approdati.
              raggiunto quando abbiam la cinquantina
              di quest'infame male siamo toccati.
              Prostata han dato nome gli scienziati
              e dei malanni è certo tra i più ingrati:
              Quale castagniforme appare in loco
              e a chi colpisce brucia come fuoco.

              Il liquido che secerne è simil sperma
              e riferimento non è d'alcun orgasmo
              poiché d'agogna non ha nessuna norma
              ma risultato è di grande spasmo.
              Abituati a far senza dell'orgasmo,
              convivi col dolore e con lo spasmo;
              oltre non ti crucciar, tempo è di flemma,
              risolto parmi t'abbia il gran dilemma.
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                Scritta da: Nello Maruca

                La gratitudine

                Tanti furo i lupetti che in grembo
                teneva mamma lupa e al lembo
                di sua veste ciascuno s'attaccava
                appresso che amorevolmente allattava.
                Alla ricerca almeno del minimale,
                al fine di nutrire la prole frale,
                lontana dalla tana, in sofferenza
                il tutto procurava in perseveranza.

                Del provveduto tutto ad essi dava
                e ogni cosa per se trascurava;
                allo stremo di forze pur ridotta
                giammai modificava la condotta.
                Onde impinguare di carne ad essi l'ossa
                il fisico distruggeva di se stessa;
                tutt'essi circondando del suo amore
                ch'ora, per gratitudine, pestano suo coro.

                Mentre i lupetti, ora, son forti e belli
                del lor comportar ne tien gli affanni
                ché se pur avanti ita è negl'anni
                pochi di questi i danni, tanti di quelli.
                Essi or sono grandi, scostanti e arroganti,
                privi di dolcezza, tolleranza e garbo.
                Di mamma lupa, dei sacrifici e stenti
                alcuna memoria più tengono in serbo.

                Per questo, poveretta, essa si contrista,
                la notte sul giaciglio sbuffa, si rigira,
                pensa quel ch'è stato, chiede a Colui ch'ispira:
                Iddio, ho tanto amato, perché mi si rattrista?
                Rivede i cuccioletti che ad essa
                s'aggrappavano quando scarne le ossa
                il caldo del suo corpo ognuno ricercava
                e lei, d'amor di mamma, tutti circondava.

                Tutto è finito, ormai, tutto è concluso.
                Dei stenti e sacrifici tutto è fuso,
                tutto quel che fece era dovuto
                e, nulla, rispetto al dato, ha ricevuto.
                Sperando che i lupetti cambino gesta
                nei ricordi cheta se ne resta,
                delusa e sconfortata se ne giace,
                tornare a pensar quel ch'era le piace.

                In quest'attesa ch'è mesta speranza
                l'è di conforto un essere vivente
                che sempre è fermo, per amore e usanza
                e in ogni occasione resta presente.
                Peccato! Sua natura verso non consente
                indi, dire non può, solennemente
                quant'è riconoscente. Il dolce strofinare,
                l'effusion gioiose lo stanno a dimostrare.

                Di pelo biondo chiaro, striato grigio scuro,
                baffi lunghi e irsuti, pupille verde bruno
                affetto le dà grande, amor tenero e puro.
                Micio di razza, in cure supera ognuno.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  IV

                  Comincia allo scoccar dei Suoi trenta
                  anni l'ammaestramento itinerante
                  e ovunque la folla è esultante
                  ché sciancato al Suo dir dritto diventa.

                  Vento non è o alt'onda turbolenta
                  che temi, né alcunché d'altro esuberante
                  giacché cosa non è su Lui imperante
                  ma tutto è qual neve che lo sol paventa.

                  I pani e pure i pesci centuplicava,
                  sulle acque dei laghi e mari camminava
                  e furia d'acque e venti tacitava.

                  In Cafarnao, loco d'opera messianica
                  di Galilea, e storpi e ciechi risanava
                  con amor grande e bontate unica.

                  Gl'afflitti ver Lui amor nutrivano
                  e d'intense benedizioni lo colmavano
                  ma avea contrari a Se scribi e sinedrio
                  con Pilato e tutto il suo imperio.

                  Indi insultato, malmenato e vilipeso,
                  da sommario giudizio condannato
                  ai carnefici senzadio viene affidato
                  e al legno ch'è aggravato rest'appeso.
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