Solo mi sento e desolato pure dacché a mancare mi vennero le cure di quanti nutro affetto e amore puro e dall'or lo tempo m'è amaro e duro.
I vecchi affetti tutti in cor li tengo, spiritualmente tutti a me li stringo che se puranco, son fuggiti via parte son sempre della carne mia
Di mamma l'immago tengo avanti che mi consola per i tanti assenti; papà mi dice col sorriso mesto sii negl'affetti ognora vigile e lesto.
Ma anche stamane mi fui ancor deluso notando al fratel mio lo cuore chiuso giacché incontrato accennai un sorriso ma lui restassi fermo e tetro in viso.
Allor bruciommi il petto tutto quanto e mesto restommi e deluso alquanto poiché l'alma si ravvivò al tormento ed ogni speme persi in quel momento.
La voce mi venne dell'amata Mamma che muta sussurrommi flemma, flemma: non dare peso a quanto capitato, sia il fratello ch'ai da sempre amato.
Cinquanta d'anni ne son già trascorsi e sentieri impervi tanti ne ho percorsi così come puranco, assai di rado, varcato, serenamente, ho qualche guado.
Ma sia che tempesta o bonaccia fosse giammai lo pensier mio da te si mosse e, per i ricordi del tuo grande affetto t'hò, piacevolmente, tenuto nel mio petto.
Rivedo il lungo, dolce viso sorridente in quell'amabile fare accattivante; ricordo quel primo assai felice incontro che ai timori miei non fu riscontro.
Avvenne il quinto giorno di lezione che perdemmo con "Turuzzo" la ragione; ci accapigliammo come due leoni per la macchia d'inchiostro sui calzoni.
Mettesti me sulla coscia destra "Turuzzo" lo ponesti sulla sinistra e facesti che morisse quel rancore donandoci il sorriso del tuo amore.
Stretti ci trovammo in un abbraccio mentre le lacrime solcavano le facce. Una carezza ancora, un bacio in fronte e fummo alla lavagna a far la conta.
Questo il primo insegnamento che mi desti, tant'altri mano a mano ne seguisti e lo facesti con la nobile arte che dello spirito tuo faceva parte.
Il senso di Dio nascere mi facesti. di Colui che dal nulla creò i Corpi celesti; di Chi tutto sa, tutto conosce e vede e dona vita eterna a chi Gli crede.
Nacque, così, nell'alma mia la volontà di pregarlo e venerarlo in umiltà. Questo il buon seme che mi regalasti dacché con pazienza e amore mi seguisti.
Presto il seme maturò buon frutto tanto che ad esso da allora devo tutto. Infondendo con la bontà l'amore in petto dell'essere mio facesti un uomo retto.
Oprare potevi solo tu questo prodigio col dire e il fare nel contegno ligio. Grazie, caro maestro mio, Grande maestro; per tutto questo, grazie mio caro Maestro.
Nell'incavato fusto di ciliegio Di capinera è custodito letto Ch'esperta costruito ha in mod'egregio In loco ritenuto sicuro tetto. Tenerissime fibre l'hann'intrecciato Con diligente architettura innata Da testa nera, con fare ricercato Per schiudere le uova dell'annata.
Poscia, nel caldo, morbido lettuccio Depositò tre uova corpo grigio Sicura che mai avesse avuto cruccio Né che suo cuor divenisse bigio. Ma l'arbusto che non dava frutto Era d'impaccio all'animal'eretto Che non sopporta non avere tutto e nel demolire il legno scassa il tetto
di quella capinera dolce e buona che sotto già teneva tre nudetti da poco della schiusa dei tre uova di pelle ancora scura, i piccoletti. Implumi ancora, sol boccucci'aperta per quell'impulso di sopravvivenza la testolina, ora, all'ari'aperta cercando vanno di mamma la presenza
che svolazzando nei d'intorni e presso cinguettando, desolata, va piangendo e s'avvicina e s'allontana spesso e spaurita va dall'uman fuggendo. Da mane dura l'andirivien'ardito e par che preghi: Va! O uomo crudo non vedi il nido mio com'è avvilito? Perché in petto tieni cuore sì duro?
È sera, ormai, e l'uomo via sen va Indi la capinera è sul morente nido, un piccoletto afferra e vola e va penzoloni altro trasporta al posto fido torna, festante in becco stretto l'ultimo ai fratellini affianca sotto provvido e fortunoso tetto e accanto giace, finalmente, stanca.
Quant'amore traspare in sì tal'atto! Quant'affetto racchiude piccol volatile, quant'altruismo quel corpicino ha in petto, quanta bontà, quanta dolcezza e stile.
Amore per chi odia e che non ama, amore per il debole e negletto, amore a chi ha sete di giustizia e amore per lo sciocco beffeggiato e ancora per lo storpio e per il cieco. Amore per il sano e l'ammalato, amore per il forte e per il debole e pure pel potente e pel meschino. Amore per il sole e per la luna e amore per la luce e per le tenebre, amore per la notte e per il giorno e pur'anco per ognuna le stagioni. Amore per le fonti e per i fiumi, amore per i laghi e per i mari, amore per i monti e per i piani e amore per i rettili e gl'uccelli. Amore per la fauna e per la flora, amore per il cielo e il firmamento e amore pel creato e Creatore, amor per tutto quanto ci circonda e amore del donare senz'avere. Quest'è la carità, la vera carità.
Mai grand'amore per il denaro ebbi tanto che poco e male lo conobbi; m'accorgo, ora, però, che mancando esso nemmanco il necessario t'è concesso. Vero che la felicità non la precetta ma di piaceri, sì, fa grand'incetta. Indifferente gli resta la morte ma dona garanzia di buona sorte. Non assicura, no, la vita eterna ma dona ricchezza ed agio sulla terra. Certo, beato non è chi lo possiede ma il misero ginocchioni, lui in piedi.
Con lo sguardo del pensiero il remoto ho visitato del tuo cuore innamorato. In un angolo sta scritto quel ch'è noto nel di fuori: Il bel sogno ho coronato con l'amico e con l'amato. Son felice, son contenta, sono piena di speranza. È profonda del mio amore la radice nel mio cuore e mai alcuna circostanza tal'affetto incrinerà. Solo l'ultimo respiro la fiammella spegnerà.
Più l'ore se ne vanno con il tempo più la mia mente ha turbinio di lampo. In essa ruota sempre quello sperma che fuoriesce senz'alcun'orgasmo e suggerisce, con grand'insistenza, conoscere di tanto la causanza.
Il Dei e Garzanti sfoglio senza sosta ma è come cercare al lago l'aragosta. Della Treccani m'accosto a copertina con fare e con pazienza certosina; lesto metto ogni pagina al mio vaglio così m'accorgo del secondo sbaglio.
Mentre men sto, così, nell'incertezza avverto sulla testa una carezza: Austero, di nobile figura, è al mio fianco uomo vetusto, dai capelli bianchi. Se il tuo cuor tu m'apri in confidenza accenderti poss'io persa speranza ché quel ch'al tuo cervello assilla e sfugge al cospetto del mio certo non regge.
Cominciò, tutto, oh Grande, coi malanni e da quel giorno pace più non ebbi ché si moltiplicar d'allor gli affanni e in incertezze e dubbi sempre crebbi. Con pression dall'altro lato fatta liquido lattescente innanzi m'esce, l'organo non gioisce: Forte patisce; la testa gira e par diventi matta.
Arte nuova è codesta in medicina che più recenti studi son'approdati. raggiunto quando abbiam la cinquantina di quest'infame male siamo toccati. Prostata han dato nome gli scienziati e dei malanni è certo tra i più ingrati: Quale castagniforme appare in loco e a chi colpisce brucia come fuoco.
Il liquido che secerne è simil sperma e riferimento non è d'alcun orgasmo poiché d'agogna non ha nessuna norma ma risultato è di grande spasmo. Abituati a far senza dell'orgasmo, convivi col dolore e con lo spasmo; oltre non ti crucciar, tempo è di flemma, risolto parmi t'abbia il gran dilemma.
Pur quest'anno son disceso per recarti il dono atteso; ma se pensi che son scemo perché ancor mi sforzo e remo t'assicuro: o men capricci o mi chiudo come i ricci. e, ahimè, per te son guai perché sol schiaffi acquisirai. Ma se invece ti correggi Avrai baci e tant'omaggi.
Tanti furo i lupetti che in grembo teneva mamma lupa e al lembo di sua veste ciascuno s'attaccava appresso che amorevolmente allattava. Alla ricerca almeno del minimale, al fine di nutrire la prole frale, lontana dalla tana, in sofferenza il tutto procurava in perseveranza.
Del provveduto tutto ad essi dava e ogni cosa per se trascurava; allo stremo di forze pur ridotta giammai modificava la condotta. Onde impinguare di carne ad essi l'ossa il fisico distruggeva di se stessa; tutt'essi circondando del suo amore ch'ora, per gratitudine, pestano suo coro.
Mentre i lupetti, ora, son forti e belli del lor comportar ne tien gli affanni ché se pur avanti ita è negl'anni pochi di questi i danni, tanti di quelli. Essi or sono grandi, scostanti e arroganti, privi di dolcezza, tolleranza e garbo. Di mamma lupa, dei sacrifici e stenti alcuna memoria più tengono in serbo.
Per questo, poveretta, essa si contrista, la notte sul giaciglio sbuffa, si rigira, pensa quel ch'è stato, chiede a Colui ch'ispira: Iddio, ho tanto amato, perché mi si rattrista? Rivede i cuccioletti che ad essa s'aggrappavano quando scarne le ossa il caldo del suo corpo ognuno ricercava e lei, d'amor di mamma, tutti circondava.
Tutto è finito, ormai, tutto è concluso. Dei stenti e sacrifici tutto è fuso, tutto quel che fece era dovuto e, nulla, rispetto al dato, ha ricevuto. Sperando che i lupetti cambino gesta nei ricordi cheta se ne resta, delusa e sconfortata se ne giace, tornare a pensar quel ch'era le piace.
In quest'attesa ch'è mesta speranza l'è di conforto un essere vivente che sempre è fermo, per amore e usanza e in ogni occasione resta presente. Peccato! Sua natura verso non consente indi, dire non può, solennemente quant'è riconoscente. Il dolce strofinare, l'effusion gioiose lo stanno a dimostrare.
Di pelo biondo chiaro, striato grigio scuro, baffi lunghi e irsuti, pupille verde bruno affetto le dà grande, amor tenero e puro. Micio di razza, in cure supera ognuno.
Comincia allo scoccar dei Suoi trenta anni l'ammaestramento itinerante e ovunque la folla è esultante ché sciancato al Suo dir dritto diventa.
Vento non è o alt'onda turbolenta che temi, né alcunché d'altro esuberante giacché cosa non è su Lui imperante ma tutto è qual neve che lo sol paventa.
I pani e pure i pesci centuplicava, sulle acque dei laghi e mari camminava e furia d'acque e venti tacitava.
In Cafarnao, loco d'opera messianica di Galilea, e storpi e ciechi risanava con amor grande e bontate unica.
Gl'afflitti ver Lui amor nutrivano e d'intense benedizioni lo colmavano ma avea contrari a Se scribi e sinedrio con Pilato e tutto il suo imperio.
Indi insultato, malmenato e vilipeso, da sommario giudizio condannato ai carnefici senzadio viene affidato e al legno ch'è aggravato rest'appeso.