Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

L'affetto

Bisogno quanto l'aria per la vita,
quanto d'acqua bisognevole n'è corpo,
non meno del sangue circolante in vena,
non meno di vena trasportare sangue,
non meno di lingua a proferir parola,
non meno d'anca per deambulare,
non meno d'intelletto per capire
e quanto occhi necessitano al vedere,
non meno di narici per l'olfatto,
non meno di palato per sapore
e non meno della bocca per respiro.
Quanto di queste cose vogl'affetto.
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    Scritta da: Nello Maruca

    Eredità

    Di un padre moribondo
    scriveva Passeroni
    che al letto chiamò al bordo
    per mai aver tenzoni
    i dieci figlioletti
    che tutti tiene in petto.
    Dà un mazzo di bacchette
    legate strette strette.

    Chi rompe, dice, il fascio
    e mi mostra possanza
    ogni ricchezza lascio
    e gli altri restan senza.
    Dall'uno all'altro
    così, il fascio passa
    ma niun pur forte e scaltro
    lo sfascia di sua possa.

    Ad ogni figlio, allora,
    solo una verga dona,
    spezzatela, qui, ora
    e avrete il vostro dono.
    E tutte in un istante,
    l'ha scritto Passeroni
    le verghe furo infrante.
    Ecco or qui il dono:

    Se lontan da voi le risse,
    cagion di debolezza
    le avrete regola fissa
    vi avrete una corazza.
    Se lontano le contese
    invece vi terranno
    per niun nemico è impresa
    donarvi pena e affanno.

    Pure i debolissimi
    che pensavanvi pria forti
    saran per voi fortissimi
    se voi sarete smorti.
    L'ha scritto Passeroni,
    pur'altri prima ancora,
    io ne confermo il vero
    che ne son prigioniero

    Non sono, pertanto, alcuno
    perché mi persi ognuno.
    Perciò tenete cura,
    Per evitare sciagura,
    Di rimanere tutt'uno.
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      Scritta da: Nello Maruca

      La fiammella

      Con lo sguardo del pensiero
      il remoto ho visitato
      del tuo cuore innamorato.
      In un angolo sta scritto
      quel ch'è noto nel di fuori:
      Il bel sogno ho coronato
      con l'amico e con l'amato.
      Son felice, son contenta,
      sono piena di speranza.
      È profonda del mio amore
      la radice nel mio cuore
      e mai alcuna circostanza
      tal'affetto incrinerà.
      Solo l'ultimo respiro
      la fiammella spegnerà.
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        Scritta da: Nello Maruca

        La sfortuna

        Se di palazzi, case e appartamenti,
        se di ville e terreni ubertosi
        e di estesi, proliferi prati erbosi,
        di greggi e mugghianti armenti
        avessi di tal possidenza poca contezza
        e se di seno fossi d'altra razza
        or non potrei qui dire di mia stanchezza
        ché alcuno dire mai avrebbe osato
        cosa che male avrei poi sopportato
        e avrebbe al mio cospetto ebbrezza
        non certamente per sua contentezza
        ma per lo stato della mia altezza.
        Di ciò la dea bendata non mi fè dono
        indi sul dorso m'ho fulmine e tuono.
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          Scritta da: Nello Maruca

          Il compleanno

          Questa sera un po' depresso
          Resto al bordo del mio letto,
          sono incerto sul da fare:
          Dormire o qualcosa ideare?
          Ora il pendolo s'è desto
          E rintocca mezzanotte.
          La mia sposa è già dormiente,
          io mi stendo lentamente.
          Poi mi alzo, pian pianino,
          per lasciar tranquillo il nido,
          al mio tavolo m'accosto
          e comincio con far lesto
          la stesura di quest'inno
          pel vegliardo novantenne.

          Zio Gustavo uomo retto
          Dal suo fare quasi perfetto
          Ha saputo col suo stile
          Superare il tempo ostile.
          Nel decorso di sua vita
          Ha sofferto e ha patito
          Ma ha saputo degnamente
          frenare cuore e mente.
          Tempo, oggi, dell'avvento
          Captato ha l'evento
          Radunando al suo cospetto
          Tutti quelli ch'à nel petto.

          E con stima e con amore
          Dal profondo d'ogni cuore
          Noi porgiamo l'augurio
          In questo giorno di tripudio.
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            Scritta da: Nello Maruca

            La gratitudine

            Tanti furo i lupetti che in grembo
            teneva mamma lupa e al lembo
            di sua veste ciascuno s'attaccava
            appresso che amorevolmente allattava.
            Alla ricerca almeno del minimale,
            al fine di nutrire la prole frale,
            lontana dalla tana, in sofferenza
            il tutto procurava in perseveranza.

            Del provveduto tutto ad essi dava
            e ogni cosa per se trascurava;
            allo stremo di forze pur ridotta
            giammai modificava la condotta.
            Onde impinguare di carne ad essi l'ossa
            il fisico distruggeva di se stessa;
            tutt'essi circondando del suo amore
            ch'ora, per gratitudine, pestano suo coro.

            Mentre i lupetti, ora, son forti e belli
            del lor comportar ne tien gli affanni
            ché se pur avanti ita è negl'anni
            pochi di questi i danni, tanti di quelli.
            Essi or sono grandi, scostanti e arroganti,
            privi di dolcezza, tolleranza e garbo.
            Di mamma lupa, dei sacrifici e stenti
            alcuna memoria più tengono in serbo.

            Per questo, poveretta, essa si contrista,
            la notte sul giaciglio sbuffa, si rigira,
            pensa quel ch'è stato, chiede a Colui ch'ispira:
            Iddio, ho tanto amato, perché mi si rattrista?
            Rivede i cuccioletti che ad essa
            s'aggrappavano quando scarne le ossa
            il caldo del suo corpo ognuno ricercava
            e lei, d'amor di mamma, tutti circondava.

            Tutto è finito, ormai, tutto è concluso.
            Dei stenti e sacrifici tutto è fuso,
            tutto quel che fece era dovuto
            e, nulla, rispetto al dato, ha ricevuto.
            Sperando che i lupetti cambino gesta
            nei ricordi cheta se ne resta,
            delusa e sconfortata se ne giace,
            tornare a pensar quel ch'era le piace.

            In quest'attesa ch'è mesta speranza
            l'è di conforto un essere vivente
            che sempre è fermo, per amore e usanza
            e in ogni occasione resta presente.
            Peccato! Sua natura verso non consente
            indi, dire non può, solennemente
            quant'è riconoscente. Il dolce strofinare,
            l'effusion gioiose lo stanno a dimostrare.

            Di pelo biondo chiaro, striato grigio scuro,
            baffi lunghi e irsuti, pupille verde bruno
            affetto le dà grande, amor tenero e puro.
            Micio di razza, in cure supera ognuno.
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              Scritta da: Nello Maruca

              IV

              Comincia allo scoccar dei Suoi trenta
              anni l'ammaestramento itinerante
              e ovunque la folla è esultante
              ché sciancato al Suo dir dritto diventa.

              Vento non è o alt'onda turbolenta
              che temi, né alcunché d'altro esuberante
              giacché cosa non è su Lui imperante
              ma tutto è qual neve che lo sol paventa.

              I pani e pure i pesci centuplicava,
              sulle acque dei laghi e mari camminava
              e furia d'acque e venti tacitava.

              In Cafarnao, loco d'opera messianica
              di Galilea, e storpi e ciechi risanava
              con amor grande e bontate unica.

              Gl'afflitti ver Lui amor nutrivano
              e d'intense benedizioni lo colmavano
              ma avea contrari a Se scribi e sinedrio
              con Pilato e tutto il suo imperio.

              Indi insultato, malmenato e vilipeso,
              da sommario giudizio condannato
              ai carnefici senzadio viene affidato
              e al legno ch'è aggravato rest'appeso.
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                Scritta da: Nello Maruca

                CXLIV

                Quando la meta già tocca la mano
                qualcosa di contorto allora appare
                bloccando, nel mezzo, il camminare
                e lo percorso vinto rende vano.

                Boccheggiante, giovane francescano
                correndo supera portico e Altare
                e un non so che riesce a balbettare
                a fiato grosso, faccia e occhio strano.

                Passa minuto che par lunga attesa,
                riesce a stento dire suora Brunetta
                caduta monte donna Maria Marchesa.

                Vocio, singultire di donne sfatte
                è il dir sciagura repentina scesa
                su tetto che per l'altrui amor si batte.
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