Tre le parole chiave dell'umanità: Fede, speranza e carità. La fede è virtù prima di cristianità cui convinzione è divinità; indica fiducia la speranza e nell'impossibilità resta presenza; la carità è amore per ciascuno, disponibilità per tutti e per ognuno.
Bisogno quanto l'aria per la vita, quanto d'acqua bisognevole n'è corpo, non meno del sangue circolante in vena, non meno di vena trasportare sangue, non meno di lingua a proferir parola, non meno d'anca per deambulare, non meno d'intelletto per capire e quanto occhi necessitano al vedere, non meno di narici per l'olfatto, non meno di palato per sapore e non meno della bocca per respiro. Quanto di queste cose vogl'affetto.
Di un padre moribondo scriveva Passeroni che al letto chiamò al bordo per mai aver tenzoni i dieci figlioletti che tutti tiene in petto. Dà un mazzo di bacchette legate strette strette.
Chi rompe, dice, il fascio e mi mostra possanza ogni ricchezza lascio e gli altri restan senza. Dall'uno all'altro così, il fascio passa ma niun pur forte e scaltro lo sfascia di sua possa.
Ad ogni figlio, allora, solo una verga dona, spezzatela, qui, ora e avrete il vostro dono. E tutte in un istante, l'ha scritto Passeroni le verghe furo infrante. Ecco or qui il dono:
Se lontan da voi le risse, cagion di debolezza le avrete regola fissa vi avrete una corazza. Se lontano le contese invece vi terranno per niun nemico è impresa donarvi pena e affanno.
Pure i debolissimi che pensavanvi pria forti saran per voi fortissimi se voi sarete smorti. L'ha scritto Passeroni, pur'altri prima ancora, io ne confermo il vero che ne son prigioniero
Non sono, pertanto, alcuno perché mi persi ognuno. Perciò tenete cura, Per evitare sciagura, Di rimanere tutt'uno.
Con lo sguardo del pensiero il remoto ho visitato del tuo cuore innamorato. In un angolo sta scritto quel ch'è noto nel di fuori: Il bel sogno ho coronato con l'amico e con l'amato. Son felice, son contenta, sono piena di speranza. È profonda del mio amore la radice nel mio cuore e mai alcuna circostanza tal'affetto incrinerà. Solo l'ultimo respiro la fiammella spegnerà.
Se di palazzi, case e appartamenti, se di ville e terreni ubertosi e di estesi, proliferi prati erbosi, di greggi e mugghianti armenti avessi di tal possidenza poca contezza e se di seno fossi d'altra razza or non potrei qui dire di mia stanchezza ché alcuno dire mai avrebbe osato cosa che male avrei poi sopportato e avrebbe al mio cospetto ebbrezza non certamente per sua contentezza ma per lo stato della mia altezza. Di ciò la dea bendata non mi fè dono indi sul dorso m'ho fulmine e tuono.
Questa sera un po' depresso Resto al bordo del mio letto, sono incerto sul da fare: Dormire o qualcosa ideare? Ora il pendolo s'è desto E rintocca mezzanotte. La mia sposa è già dormiente, io mi stendo lentamente. Poi mi alzo, pian pianino, per lasciar tranquillo il nido, al mio tavolo m'accosto e comincio con far lesto la stesura di quest'inno pel vegliardo novantenne.
Zio Gustavo uomo retto Dal suo fare quasi perfetto Ha saputo col suo stile Superare il tempo ostile. Nel decorso di sua vita Ha sofferto e ha patito Ma ha saputo degnamente frenare cuore e mente. Tempo, oggi, dell'avvento Captato ha l'evento Radunando al suo cospetto Tutti quelli ch'à nel petto.
E con stima e con amore Dal profondo d'ogni cuore Noi porgiamo l'augurio In questo giorno di tripudio.
Tanti furo i lupetti che in grembo teneva mamma lupa e al lembo di sua veste ciascuno s'attaccava appresso che amorevolmente allattava. Alla ricerca almeno del minimale, al fine di nutrire la prole frale, lontana dalla tana, in sofferenza il tutto procurava in perseveranza.
Del provveduto tutto ad essi dava e ogni cosa per se trascurava; allo stremo di forze pur ridotta giammai modificava la condotta. Onde impinguare di carne ad essi l'ossa il fisico distruggeva di se stessa; tutt'essi circondando del suo amore ch'ora, per gratitudine, pestano suo coro.
Mentre i lupetti, ora, son forti e belli del lor comportar ne tien gli affanni ché se pur avanti ita è negl'anni pochi di questi i danni, tanti di quelli. Essi or sono grandi, scostanti e arroganti, privi di dolcezza, tolleranza e garbo. Di mamma lupa, dei sacrifici e stenti alcuna memoria più tengono in serbo.
Per questo, poveretta, essa si contrista, la notte sul giaciglio sbuffa, si rigira, pensa quel ch'è stato, chiede a Colui ch'ispira: Iddio, ho tanto amato, perché mi si rattrista? Rivede i cuccioletti che ad essa s'aggrappavano quando scarne le ossa il caldo del suo corpo ognuno ricercava e lei, d'amor di mamma, tutti circondava.
Tutto è finito, ormai, tutto è concluso. Dei stenti e sacrifici tutto è fuso, tutto quel che fece era dovuto e, nulla, rispetto al dato, ha ricevuto. Sperando che i lupetti cambino gesta nei ricordi cheta se ne resta, delusa e sconfortata se ne giace, tornare a pensar quel ch'era le piace.
In quest'attesa ch'è mesta speranza l'è di conforto un essere vivente che sempre è fermo, per amore e usanza e in ogni occasione resta presente. Peccato! Sua natura verso non consente indi, dire non può, solennemente quant'è riconoscente. Il dolce strofinare, l'effusion gioiose lo stanno a dimostrare.
Di pelo biondo chiaro, striato grigio scuro, baffi lunghi e irsuti, pupille verde bruno affetto le dà grande, amor tenero e puro. Micio di razza, in cure supera ognuno.
Comincia allo scoccar dei Suoi trenta anni l'ammaestramento itinerante e ovunque la folla è esultante ché sciancato al Suo dir dritto diventa.
Vento non è o alt'onda turbolenta che temi, né alcunché d'altro esuberante giacché cosa non è su Lui imperante ma tutto è qual neve che lo sol paventa.
I pani e pure i pesci centuplicava, sulle acque dei laghi e mari camminava e furia d'acque e venti tacitava.
In Cafarnao, loco d'opera messianica di Galilea, e storpi e ciechi risanava con amor grande e bontate unica.
Gl'afflitti ver Lui amor nutrivano e d'intense benedizioni lo colmavano ma avea contrari a Se scribi e sinedrio con Pilato e tutto il suo imperio.
Indi insultato, malmenato e vilipeso, da sommario giudizio condannato ai carnefici senzadio viene affidato e al legno ch'è aggravato rest'appeso.