Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Ninna nanna

Galoppando il bianco giglio
viene portandomi mio figlio.
Mamma è qui, aspetta te,
mamma è qui, tutta per te.
Sogno sempre il tuo visino,
vedo te, o, mio bambino.
Qui, accanto al focolare
mamma resta, sta a sognare.
Resto e sogno il mio bel Re,
resto qui, aspetto te.
Nel mio sogno c'è la culla
che ti dondola e trastulla.
Nella culla fai la nanna
amor grande della mamma.
M'hai rapito già il cuore
o mio grande, dolce amore.
Fai la ninna, fai la nanna
dolce bimbo della mamma
ch'io ti veglio, ti sorveglio
fino a quando resti sveglio.
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    Scritta da: Nello Maruca

    Paese mio

    Accovacciato ai piedi di montagna
    posto è il ridente paese dei miei sogni;
    guarda il Tirreno da sopra la campagna,
    alle spalle coperto è di castagni.

    Imponente svetta Monte Mancuso
    ricco di faggio di verde scuro foglie,
    con l'ontano pregiato di grand'uso
    l'attenzione di chi lo guarda coglie.

    Di piante verdeggianti sempre verdi
    è circondato a mò di mur di cinta,
    la gente l'accarezza di suoi guardi
    innamorata di sua verde tinta.

    Vanta tra nati di suo ventre uomini
    dottii, illustri d'ogni sorta: dottori,
    speziali e ingegneri, sonanti nomi:
    prefetti, generali ed ispettori.

    Ora paesino mio dolce ed amato,
    i tempi sono andati del passato;
    tutti gl'illustri tuoi si son dissolti
    in casse chiuse e in neri panni avvolti.

    Vivono in te solo persone ingrate
    alla materia dal bene già sviate,
    son solo belve ed avvoltoi rapaci
    che d'amor patrio più non son capaci.

    Come appassita pianta dell'alloro,
    non più ridente come gli anni d'oro,
    sol nell'orgoglio tuo mai svalutato
    rimani afflitto, là, dove sei nato.
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      Scritta da: Nello Maruca

      L'avaro

      In loco del vero Iddio, l'Onnipotente
      Altro ne tiene in cuore il gran furfante:
      Lui disconosce il Padre, l'Onniveggente
      ma dei possedimenti è grand'amante.

      Sol la materia tiene a conoscenza,
      della spiritualità nulla curanza.
      Vive contando i beni di giorno in giorno
      e solo la roba, null'altro vede intorno.

      Produce il vino ma lo vende a botte,
      e delle mandrie vende latte e ricotte
      Olio! Un cucchiaio per l'intero giorno,
      un tozzo di pane e cacio a mezzogiorno

      e delle mandrie vende latte e ricotte;
      il volto tiene scuro e l'occhio bieco.

      Ha men la vista, quasi divien cieco.
      Valersi dell'oculista è uno spreco.
      Schiavo della ricchezza, n'h'arsura
      mentre il denaro lo presta a usura.
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        Scritta da: Nello Maruca

        La rondine e la rana

        All'apparire del solstizio estivo
        vaga la rondine per il ciel sereno
        e tutt'intorno inonda del garrir festivo.
        Ora repente in alto, ora s'abbassa
        or brevemente librasi, ora il terreno
        volteggiando lambe con scattante mossa.
        Nella belletta posasi per la materia
        del costruendo nido e alla rana
        che nella fanghiglia sguazza solitaria:
        Rotoli sozza e gracidi contenta
        e stai in cotanta puzzolente melma.
        In acqua, però, poi, mi rituffo attenta
        dice la rana; non tu che ne fai letto
        e giorno e notte ci rimani accolta.
        Mira il tuo sporco e ner'aspetto
        così t'accorgi che d'essa resti avvolta.
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          Scritta da: Nello Maruca

          Stranezza

          Costantemente in terra l'uomo è vilipeso
          perciò, ahimè, chi vive su questo Pianeta
          tosto, spesso, tiene voglia di giungere alla meta
          giacché più il tempo scorre più la vita è peso.

          Vuole il buon Dio, però, che in alto è altro Loco
          laddove si vive eternamente in piena pace
          dov'è quiete perenne; è luce, e tutto tace.;
          contrario di quanto si ha in questo fuoco. *
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            Scritta da: Nello Maruca

            La Leggiadria

            Dolce immago leggiadra donzelletta
            Da tondeggiante capo da lunghi
            coperto capei castano scuro
            appena cadenti su serena fronte,
            palpebre ondeggianti, cerulei occhi,
            greco nasuccio conferente stile
            a visino liscio, modellato
            da mento ovaleggiante,
            ben formato con su boccuccia
            da carnose labbra sorridenti,
            da prosperoso curvo seno
            a snella vita
            il tutto coronato vedo.
            È natural bellezza in esso
            affissa, al cui cospetto
            umanità resta perplessa
            e nell'opposto sesso
            in vena il sangue trilla.

            In luogo dei capei castano scuro
            teschio deforme è;
            laddove occhio ceruleo
            era favilla trapela buco nero,
            fondo, orrendo al par di sito
            cui pria era di spicco
            bocca da carnose rosseggianti
            labbra.
            Lungo quei ch'erano fianchi
            di crisma infusi penzolano,
            a lato, due ossei arti
            ch'orripilazione hanno
            su corpo tutto.
            Ov'erano due lunghe,
            tondeggianti gambe or sono
            due stinchi, disdegno
            dell'uman vivente.

            Questo d'ossume gli occhi
            della mente vedono allato.
            Ah! Dove finita è leggiadra immago!?
            Come divina natura oprare
            puote mutazione sì tanta?

            Alito è leggiadria che passa e va,
            non spirito che in corpo sta
            per proseguire, poscia,
            l'andar su le celesti vie.
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              Scritta da: Nello Maruca

              La donna impudente

              Se all'inizial pudore ritornasse,
              Se alle virtù perdute risalisse
              Se di bellezza minor sfoggio facesse,
              se minore uso della lingua avesse,
              se insita l'umanità in essa fosse,
              se il senso di famiglia più alto tenesse
              e se quando altri parla lei tacesse,
              se fulcro in tutto essere non volesse,
              se non per se ma più per gli altri fosse,
              se dei malori suoi poco dicesse
              e con l'amore i dissapori superasse,
              se il sorriso sulle labbra più tenesse
              e se le sue fattezze meno mostrasse
              e mente a maggiore riflessione ponesse,
              se nel guardare le minuzie trascurasse
              e se l'altrui duolo suo lo facesse
              e delle sue miserie men conto tenesse
              e non i difetti altrui ma i suoi vedesse
              e all'umanità più amor mostrasse,
              se tutte queste doti racchiudesse
              della casa regina ad esser tornasse.
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                Scritta da: Nello Maruca

                Il dono della vita

                Da quando Iddio tutto creò d'un fiato
                È risaputo che la vita umana
                Per dono l'ha donata Madre Natura
                E concepita l'avrebbe sì perfettamente
                Che di difetto dovrebbe essere assente.
                Constato, invece, ahimè, amareggiato
                Che il dono è dono sì ma osteggiato
                E che non è in toto, indi, compiuto
                Ch'appare albero spoglio e mal pasciuto.
                Qual dono essere può la vita umana
                Se nasce gente storpia e senza mani?
                Se gente muore di stenti e carestia,
                in guerre, pestilenze e malattie?
                Se tanto definirsi è esser dono
                Mi si risponda: cosa c'è di buono?

                Forse di buono è che all'altro Mondo
                delle privazioni si arriva mondo
                e si è elevati a dignità di Santo
                per non avere in terra avuto vanto.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  All'amato

                  Quando su prato il fiorellin germoglia
                  e il sole di primavera scalda e accresce
                  così, per te, l'amore mio arde e si pasce
                  e ingigantisce di te più la mia voglia.

                  Il fiorellin che spoglio nasce su prato
                  al sole che lo scalda, però, fa voto
                  sciente che a carità è da ignoto
                  così lo calor ch'il nutre lo fa grato.

                  Io t'ho dell'amor mio gratificato
                  avendoti al core la porta schiuso
                  e l'essere tutto mi resta confuso
                  e pure un poco, ahimè, amareggiato.

                  Poiché lo foco ch'ò arde e consuma
                  e ogni dì di più s'innalza e avanza
                  purtuttavia non scuote tua coscienza
                  e al grand'amore mio non si costuma.

                  L'amore m'ha invaso anima e corpo
                  e gli occhi mi costringe a lungo pianto:
                  Nemmanco tieni un poco di compianto
                  e lasci incolto il rigoglioso orto.

                  Non fare che si trasformi a malasorte
                  e cingi l'amor mio a forte abbraccio,
                  non far che per un misero capriccio
                  trasformi tant'ardore a triste sorte.
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