Galoppando il bianco giglio viene portandomi mio figlio. Mamma è qui, aspetta te, mamma è qui, tutta per te. Sogno sempre il tuo visino, vedo te, o, mio bambino. Qui, accanto al focolare mamma resta, sta a sognare. Resto e sogno il mio bel Re, resto qui, aspetto te. Nel mio sogno c'è la culla che ti dondola e trastulla. Nella culla fai la nanna amor grande della mamma. M'hai rapito già il cuore o mio grande, dolce amore. Fai la ninna, fai la nanna dolce bimbo della mamma ch'io ti veglio, ti sorveglio fino a quando resti sveglio.
In loco del vero Iddio, l'Onnipotente Altro ne tiene in cuore il gran furfante: Lui disconosce il Padre, l'Onniveggente ma dei possedimenti è grand'amante.
Sol la materia tiene a conoscenza, della spiritualità nulla curanza. Vive contando i beni di giorno in giorno e solo la roba, null'altro vede intorno.
Produce il vino ma lo vende a botte, e delle mandrie vende latte e ricotte Olio! Un cucchiaio per l'intero giorno, un tozzo di pane e cacio a mezzogiorno
e delle mandrie vende latte e ricotte; il volto tiene scuro e l'occhio bieco.
Ha men la vista, quasi divien cieco. Valersi dell'oculista è uno spreco. Schiavo della ricchezza, n'h'arsura mentre il denaro lo presta a usura.
Costantemente in terra l'uomo è vilipeso perciò, ahimè, chi vive su questo Pianeta tosto, spesso, tiene voglia di giungere alla meta giacché più il tempo scorre più la vita è peso.
Vuole il buon Dio, però, che in alto è altro Loco laddove si vive eternamente in piena pace dov'è quiete perenne; è luce, e tutto tace.; contrario di quanto si ha in questo fuoco. *
Solo mi sento e desolato pure dacché a mancare mi vennero le cure di quanti nutro affetto e amore puro e dall'or lo tempo m'è amaro e duro.
I vecchi affetti tutti in cor li tengo, spiritualmente tutti a me li stringo che se puranco, son fuggiti via parte son sempre della carne mia
Di mamma l'immago tengo avanti che mi consola per i tanti assenti; papà mi dice col sorriso mesto sii negl'affetti ognora vigile e lesto.
Ma anche stamane mi fui ancor deluso notando al fratel mio lo cuore chiuso giacché incontrato accennai un sorriso ma lui restassi fermo e tetro in viso.
Allor bruciommi il petto tutto quanto e mesto restommi e deluso alquanto poiché l'alma si ravvivò al tormento ed ogni speme persi in quel momento.
La voce mi venne dell'amata Mamma che muta sussurrommi flemma, flemma: non dare peso a quanto capitato, sia il fratello ch'ai da sempre amato.
Cinquanta d'anni ne son già trascorsi e sentieri impervi tanti ne ho percorsi così come puranco, assai di rado, varcato, serenamente, ho qualche guado.
Ma sia che tempesta o bonaccia fosse giammai lo pensier mio da te si mosse e, per i ricordi del tuo grande affetto t'hò, piacevolmente, tenuto nel mio petto.
Rivedo il lungo, dolce viso sorridente in quell'amabile fare accattivante; ricordo quel primo assai felice incontro che ai timori miei non fu riscontro.
Avvenne il quinto giorno di lezione che perdemmo con "Turuzzo" la ragione; ci accapigliammo come due leoni per la macchia d'inchiostro sui calzoni.
Mettesti me sulla coscia destra "Turuzzo" lo ponesti sulla sinistra e facesti che morisse quel rancore donandoci il sorriso del tuo amore.
Stretti ci trovammo in un abbraccio mentre le lacrime solcavano le facce. Una carezza ancora, un bacio in fronte e fummo alla lavagna a far la conta.
Questo il primo insegnamento che mi desti, tant'altri mano a mano ne seguisti e lo facesti con la nobile arte che dello spirito tuo faceva parte.
Il senso di Dio nascere mi facesti. di Colui che dal nulla creò i Corpi celesti; di Chi tutto sa, tutto conosce e vede e dona vita eterna a chi Gli crede.
Nacque, così, nell'alma mia la volontà di pregarlo e venerarlo in umiltà. Questo il buon seme che mi regalasti dacché con pazienza e amore mi seguisti.
Presto il seme maturò buon frutto tanto che ad esso da allora devo tutto. Infondendo con la bontà l'amore in petto dell'essere mio facesti un uomo retto.
Oprare potevi solo tu questo prodigio col dire e il fare nel contegno ligio. Grazie, caro maestro mio, Grande maestro; per tutto questo, grazie mio caro Maestro.
Quando su prato il fiorellin germoglia e il sole di primavera scalda e accresce così, per te, l'amore mio arde e si pasce e ingigantisce di te più la mia voglia.
Il fiorellin che spoglio nasce su prato al sole che lo scalda, però, fa voto sciente che a carità è da ignoto così lo calor ch'il nutre lo fa grato.
Io t'ho dell'amor mio gratificato avendoti al core la porta schiuso e l'essere tutto mi resta confuso e pure un poco, ahimè, amareggiato.
Poiché lo foco ch'ò arde e consuma e ogni dì di più s'innalza e avanza purtuttavia non scuote tua coscienza e al grand'amore mio non si costuma.
L'amore m'ha invaso anima e corpo e gli occhi mi costringe a lungo pianto: Nemmanco tieni un poco di compianto e lasci incolto il rigoglioso orto.
Non fare che si trasformi a malasorte e cingi l'amor mio a forte abbraccio, non far che per un misero capriccio trasformi tant'ardore a triste sorte.