Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

La partenza

Quel che raggiante pria ora uggioso
è viso ché corpo al veleggiante
legno è presso, pensiero altro loco
posato già sua passione vede
indi i begl'occhi a lacrimare cede
mentre a lento andar scompar naviglio.
Per dir dolor ch'opprime all'altrui è pari
dappresso al boccaporto invia segnale
chi straziato al molo posato ha cuore.
Strazio restato è su molo freddo,
strazio galleggia su schiumos'onda.
Composta sabato 30 novembre 1974
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    Scritta da: Nello Maruca

    Saggio corona di sonetti

    In questa classe siamo sedici alunni,
    nove siam maschi, sette sono donne.
    Quattro son compagni dei passati anni;
    un solo maschio e tre hanno le gonne.

    Elsa, Lucia e Caterina Lo Munni
    nomata, per sue rime, poetessa "Erinne" *
    il maschio, compagno, Cucco Giovanni.
    Quest'è la prima B d'Istituto Aronne.

    Uom'elegante da fattezze basse,
    si sofferma tra i banchi e sorridente
    dice: sono il docente Carlo Alasse

    proffessor di lettere in questa classe,
    al vostro fianco sarò costantemente,
    io sarò ruota e voi sarete l'asse.
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      Scritta da: Nello Maruca

      La promessa

      Una barca gongolante
      dalle vele biancheggianti
      è partita da levante
      tra le onde fluttuanti.

      A me viene lentamente
      a portar il pargoletto
      che aspetto trepidante
      di tenere sul mio petto

      per cantare la ninna nanna
      con l'amore di una mamma,
      con l'affetto della nonna
      alla gemma, dolce fiamma.

      Quando, poi, il piccoletto
      addormito s'è sul petto
      nella cuna, caramente,
      lo distendo dolcemente.

      Stringo in mano la manina
      e contemplo il visino.
      L'accarezzo pian pianino
      e mi resto a lui vicina.

      Poi ripenso il vivo scritto
      indi giuro, indi prometto
      per il bene affisso in petto
      che sarà sorriso il pianto
      e allegrezza la tristezza.
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        Scritta da: Nello Maruca

        Il rimorso

        Ogni mattina allo spuntare del giorno,
        all'apparire dell'attesa aurora
        sorgesse il sole o spirasse bora *
        o ch'estate fosse o piovoso inverno

        senz'alcun'indugio al campicello
        sperando mettere qualcosa nel paniere
        t'incamminavi per la ricerca giornaliera,
        con chissà qual'altri pensieri nel cervello:

        Quante volte, però' fu la ricerca vana,
        quante volte il ritorno fu triste e deluso
        che vuota fu la cerca quotidiana
        e altro giorno in fame s'è concluso.

        Nel desolato teterrimo abituro,
        sfumata la speranza del mattino
        tutt'intorno t'appariva ancor più scuro
        ma la speranza non avea confino.

        In quegl'anni di epidemica carestia
        puranco d'affetti, nonna, fosti scarsa.
        Povera in tutto, o nonna, io nol capia
        perciò lo cuore me lo stringe morsa.

        Grande, se solo poco avessi riflettuto
        t'avrei qualche sospiro, forse, lenito.
        Nol feci, più nulla or posso, t'ho perduto!
        Il rimorso mi rode all'infinito.
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          Scritta da: Nello Maruca

          Porcara

          Vuoi per mola, per faccia ed andatura,
          per volgarità d'animo e costumanza,
          per trivialità di far la sua pastura*
          da porcara, dei porci ha stessa usanza.

          Il puzzo che sprigiona è come puzzola,
          più di vipera ha dente avvelenato;
          subdolo insetto al pari di tignola
          cui l'operare il male è gusto innato.

          Di cattiveria pregno il suo giaciglio,
          tutt'intorno l'aria puzza del Maligno
          e manco l'incenso dato a gran sparpaglio
          riesce a profumar quel volto arcigno.

          Spregevole più di Circe per tranelli
          ch'avea, però, un corpo snello e bello
          e tramutava in porci questi e quelli
          onde tenere Ulisse nel suo ostello.

          A differenza ha vita orripilante,
          maestra nel ferire esseri in norma,
          nessun per essa mai fu spasimante
          mancante essa di modi, d'arte e forma.

          Se maggiore uso dello specchio avesse,
          se riuscisse a contemplarsi dentro,
          se sol di coscienza a conoscenza fosse
          vedrebbe la lordura cui sguazza al centro.

          D'umano parmi sì, ch'abbia qualcosa:
          é un grave atteggiamento a lavandaia;
          no! Per la categoria è offesa a iosa
          in quanto oggetto dell'immondezzaio.
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            Scritta da: Nello Maruca

            Gemme

            D'Epifania, d'incerto sole, in tiepida giornata,
            giunge la prima Gemma tant'amata.
            Brillano i suoi occhi per bontà ed amore,
            di tenerezza mi riempie il cuore.
            Suo lamento è dolce nota,
            bel carattere denota.

            La seconda, ch'è seconda in tempo,
            di luce brilla più del firmamento;
            lunghi capelli, grand'occhi, luminoso viso
            a giugno mi perviene all'improvviso.
            Tutto piglia, tira, strilla,
            tutt'intorno ad ella brilla.

            In un febbraio tetro, freddo e gelo
            la terza, poi, calata m'è dal cielo;
            di gioia sussultar fa l'alma mia
            mentre m'appresto a dir l'Ave Maria.
            Occhio piccolo, lucente,
            sguardo fermo, intelligente.

            Nell'odoroso di fiori e biancospino maggio
            mi giunge all'improvviso il grand'omaggio
            di quarta Gemma splendida, lucente che tra le Gemme
            è Gemma delle Gemme.
            Tosto pare assai carino,
            un tantino birichino.

            A capodanno la quinta mi compare
            venuta all'improvviso a illuminare
            la nera notte di fulmini percossa,
            di vento e tuoni forti molto scossa.
            Di furbizia mente fina
            lesto offre lo spuntino. *

            Cinque di Gemme splendide ho nel cuore,
            ognuna d'inestimabile valore.
            La vita che pur tanto m'ha deluso
            in fin sì grandi beni m'ha profuso.
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              Scritta da: Nello Maruca

              Uguaglianza

              Sento da sempre dir con insistenza
              di somiglianza con altrui presenza;
              da tempo studio, io, ciascuna usanza
              e, incontrato mai ho l'uguaglianza.
              Quel che qui dico può sembrar non vero
              E senza scambiare il bianco per il nero
              Vagliamo bene assai la circostanza
              Ed alla cosa diamo giusta importanza.

              Consideriamo il dotto e lo sciancato:
              Il primo se la fa con l'avvocato
              l'altro con le persone abominate
              seguono, perciò, vie divaricate.
              Or l'umile guardiamo e l'orgoglioso:
              Il primo in un cantuccio resta pensoso
              l'altro, a testa alta, baldanzoso
              passeggia col suo fare spocchioso.

              Prendiamo ad esempio la marchesa,
              con chi, secondo voi, ha la sua intesa?
              Certo non con l'onest'uomo di paese
              ma col suo pari rango, nobile marchese.
              la nobildonna dai guantoni bianchi
              malaticcia, occhi cerchiati e stanchi
              porta il suo velo sia per eleganza
              quanto mostrare agli umili importanza.

              Di sul calesse dal mantice nero
              trainato da nobile destriero
              non un sorriso spento, non uno sguardo
              manco all'inchino di stanco vegliardo.
              Luminoso diviene il cereo viso
              e la sua bocca è tutta gran sorriso
              se solo scorge da lontano il ricco
              anche se nell'andare è smorto e fiacco.

              Il capufficio, poi, lo ben sapete
              mostrare preminenza ha grande sete.
              I dipendenti inchioda a scrivania
              a spregio e dell'amore e d'armonia.
              Ancor quando innocenza in aria affiora
              niuno accostamento vedo, poi, ancora,
              tra il magistrato e il malcapitato
              ché poco o tanto resta bacchettato.

              La pari dignità tanto cantata
              da quest'umanità già traviata,
              misconosciuta in ogni umano gesto
              solo giustifica è d'enorme guasto
              al fine che al finir di vita terrena
              sminuita possa essere la pena
              al cospetto del Giudice Divino
              come se a giudicar fosse un padrino.
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                Scritta da: Nello Maruca

                Il medico – uomo –

                In tempo sì volgare e traffichino
                Ove d'imperio regna corruzione
                pare non vero trovare uomo sì buono
                che qui m'appresto a dare descrizione:
                Età apparente sulla quarantina,
                altezza un metro e una settantina;
                di peso pare poco più di norma,
                tronco ben fatto, d'elegante forma.

                Animo incline, lesto alla bisogna
                La costumanza sua nessuno lagna.
                Ben educato, colmo di franchezza
                Nessuno lamenta sua castigatezza.
                D'Ippocrate difficil via ha intrapreso
                E ad ogni male dà il giusto peso,
                con grande lena a mo d'uccel rapace
                esegue il suo lavoro, ascolta e tace.

                Spiccata perspicacia in mente alberga
                Onde in certezza sua ricetta verga;
                il suo intelletto non resta mistero
                ché nel diagnosticare è sempre vero.
                Di sì gran dote l'ha fornito Iddio
                Alfin che poco badi al proprio io
                Ma dell'altrui sventura
                Ne fia propria premura.
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