Le migliori poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Mutamento

Pur quei monti i ciel sfioranti
ch'eran verdi i giorni avanti
son mutati in biancheggianti
e ora son di verde assenti.

Il fioccare lento e stanco
un tappeto tutto bianco
ha deposto a mò di manto
che coperto ha ogni canto.

Eran bei, quie verdi monti
dagl'arbusti troneggianti,
dal color lussureggiante
che a tratti era cangiante.

Per volere del Divino,
ch'è fenomeno all'umano,
la bellezza ch'era dapprima
pur mutata, ' è come prima.

Di diverso ha solo il manto
che alla vista è tutt'incanto
brillantante era pria d'ora,
luminisa resta ognora.
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    Scritta da: Nello Maruca

    La quercia

    Da frondosi rami inghirlandata
    vive, impettita, al lato di ruscello
    a orecchio gorgogliante serenata,
    seren dimora di spensierato augello

    che ombra generosa nella calura
    estiva al sudato campagnolo
    largisce, nata in ridente verzura
    quercia; gioia canterino rosignolo.

    Tutto, per tutto il giorno è allegria
    ché canori abitanti facile sito
    deliziosi canti e grida in aria
    danno e musicare è dolce invito.

    Ogni suono per l'aria s'azzittisce,
    a man ch'avanza notte ombra scompare
    e bel tripudio del dì tutto finisce
    ché dimoranti vanno a riposare.

    Frondosa quercia sol'assor s'addorme.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Il contadino

      Lenta la nebbia s'alza dal mare alla montagna
      coprendo il cielo azzurro di luttuoso manto
      mentre la massaia accanto al focolare
      a rimestare intenta è il desinare.
      Di presso, del cane l'abbaiar rabbioso s'ode
      e di tanto un raglio sgradevole l'accompagna
      col muggito del ruminante bue cui il belar
      della lanosa pecora fa eco col grugnire
      d'un maiale che del rumoreggiare pare stufo.
      Il rude contadino sul ceppo assiso
      pensoso è del domani; di quello che sarà:
      Pioggia, vento o neve o il sol risplenderà?
      Così, assorto, in ansia mesto sta.
      La pipa tra le labbra; il fumo in alto va
      e stanco, un sonnellino seduto resta e fa.
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        Scritta da: Nello Maruca

        CXLVIII

        Penoso è lo restare entro lo limbo
        Pure se di spazio n'è in sopravanza
        Chè libertate mai è abbastanza
        e desioso n'è pur docile bimbo.

        Fanciullo d'incerto passo al lembo
        Di veste di mamma s'attacca con speranza
        e nell'abbraccio cessa sua doglianza
        . Così vedrebbe lo cuor mio cader lo piombo

        Che lo rilega in sì tale disagio
        Sol se s'avesse di Beltà qualche spiraglio
        e realtà scostasse falso miraggio.

        Nel cuore m'è scolpito dorato fregio
        da Mano divina che pote simil taglio
        ma mano d'uomo mai può farne omaggio.
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          Scritta da: Nello Maruca

          Carabiniere

          Ah! Se potessi essere non io
          e al par di Dante mi facesse Iddio
          dell'Esercito branca tant'onesta
          con diligenza canterei le gesta.
          Con mano lesta stilerei lo scritto
          e, di Te, Grande, narrerei l'editto.

          Se, poi, di Giotto avessi mente esperta
          Tua storia pingerei con mano certa;
          l'illustrerei su tela ricamata
          come nessuna mai fu disegnata.
          A Dio che innalza e abbassa pregherei
          Onde uguagliare altra mai potrei.

          Se del musico Verdi avessi l'estro
          le lodi canterei da gran maestro:
          Le canterei al suon di cornamusa
          e in ciel l'innalzerei, storia diffusa.
          Dolce all'orecchio il suono giungerebbe
          Tal che manco melodia d'Angeli terrebbe.

          Povero sono, però, in mente e arte
          perciò ogni velleità metto da parte;
          il sangue forte pulsa nelle vene
          sferzando nel cervello forti pene.
          In minuetto mi muovo in queste righe
          come formica nel trascinar le spighe.
          M'accosto, con timore, tremolante
          a narrare di Te, Uomo importante.

          Degno di fede e di vetusto onore
          il bene altrui alberghi dentro al cuore,
          da sempre per l'altrui la vita doni:
          Fedele più dei cani ai lor padroni.
          Quella divisa nera a strisce rosse
          vanta conquiste di molte riscosse:
          La porti con l'orgoglio del gran Fante
          d'importante battaglia reduce zelante...

          Ti volle Emanuele Primo di Sardegna
          quale tutore d'ordine e di legge;
          presente sempre dove il male affligge
          resti al tuo posto fino alla consegna:
          Rivedo la battaglia di Pastrengo,
          della Sforzesca e quella di Novara,
          per questo dentro al cuore mio Ti tengo
          e la Figura Tua m'è dolce e cara.

          In Aspromonte e sul silano monte
          hai combattuto lotte da valente,
          avverso i disonesti, per l'ostaggio,
          reprimesti nel silenzio il brigantaggio.
          In Libia fosti a conquistar medaglie
          lasciandoti alle spalle molte Spoglie,
          nella campagna fosti a Senafè
          e combattesti in quel di Macallè.

          Del sangue Tuo inondasti Podgora
          e quel Tuo sacrificio vale ancora,
          mostrandoti al dovere servo ligio
          rendesti alla Nazione gran servigio.
          Nei secoli fedele: Qesto il Tuo Motto
          fedele resti in tal mondo corrotto,
          lo fai per dedizione al Tuo dovere,
          degno sei d'ogni stima, carabiniere.
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            Scritta da: Nello Maruca

            Porcara

            Vuoi per mola, per faccia ed andatura,
            per volgarità d'animo e costumanza,
            per trivialità di far la sua pastura*
            da porcara, dei porci ha stessa usanza.

            Il puzzo che sprigiona è come puzzola,
            più di vipera ha dente avvelenato;
            subdolo insetto al pari di tignola
            cui l'operare il male è gusto innato.

            Di cattiveria pregno il suo giaciglio,
            tutt'intorno l'aria puzza del Maligno
            e manco l'incenso dato a gran sparpaglio
            riesce a profumar quel volto arcigno.

            Spregevole più di Circe per tranelli
            ch'avea, però, un corpo snello e bello
            e tramutava in porci questi e quelli
            onde tenere Ulisse nel suo ostello.

            A differenza ha vita orripilante,
            maestra nel ferire esseri in norma,
            nessun per essa mai fu spasimante
            mancante essa di modi, d'arte e forma.

            Se maggiore uso dello specchio avesse,
            se riuscisse a contemplarsi dentro,
            se sol di coscienza a conoscenza fosse
            vedrebbe la lordura cui sguazza al centro.

            D'umano parmi sì, ch'abbia qualcosa:
            é un grave atteggiamento a lavandaia;
            no! Per la categoria è offesa a iosa
            in quanto oggetto dell'immondezzaio.
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              Scritta da: Nello Maruca

              La serenità

              La serenità non è roba palpabile
              tanto che cosa non è manco visibile,
              nemmanco è qualcosa d'acquistabile
              possederla, però, è anche possibile.

              Di quel che si ha bast'essere contento;
              ti basti il dieci, non cercare il cento,
              non t'irritar se forte soffia il vento
              mentre la pioggia speravi qual'evento.

              Non pensar quel che potea ma che non fu
              pensa, invece, piuttosto a quel ch'hai tu,
              non desiare di scala andar sempre più su
              fermati! Guarda quant'altri a te son giù.

              Indi, restando immoto di serenità
              l'animo t'è pervaso ché sazietà
              ha per quel che il Ciel gli ha dato
              e l'essere n'è tutto inebriato.
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                Scritta da: Nello Maruca

                V

                In croce al posto di essere spergiuro
                Quei ch'affossar pote mondo sotterra,
                umil soggiace a man crudel che sferra
                frusta su corpo gentil, docile e puro.

                E tutt'intorno annerisce: È scuro.
                Assordante boato scote la terra
                qual più mille cannon tonanti in guerra
                e squarcio corre per lo cielo oscuro.

                Ed Ei spirò, e l'Alma da Suo petto
                uscio; trema lo Cielo ed è tremor
                di terra. Centuria tutta è terror.

                Centurione, pur ei, ghiaccio da timor
                destra man porta su gelido petto
                e per malvagità di pria mostra terror.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Il quadro

                  Forgiata da Mastro che dei maestri è Mastro
                  di nobili metalli in uno fusi cornice pende,
                  di fiori ricamata. Non di minore pregio nastro
                  la regge che, ad avorio appeso, più regal la rende.

                  Da sfondo, luminoso come sole, appare un cuore
                  che a caratteri di fuoco ha inciso: Amore.
                  Dal dio Vulcano indelebile la stampa è apposta
                  che alle cure affidata l'ha della dea Vasta

                  che al focolar dei buoni è attenta e lesta.
                  Nel mezzo, la cornice, un quadro la sovrasta
                  ch'a le immagini di tre racchiuse in una
                  da divinità bendata, detta Fortuna.

                  Una, grande e possente è la figura
                  che alle altre due profonde dolce cura.
                  Dal petto emette solo dolci suoni;
                  dolce lo sguardo, occhi belli e buoni.

                  Gentile nel suo far, cortese in tutto
                  grand'albero v'appar cui pende buon frutto,
                  Il frutto coprodotto è dolce e fresco
                  ch'anco il pianto per l'anima è rinfresco.

                  Altra dolce e buona figura l'accompagna
                  ch'è degnamente degna sua compagna;
                  reso felice ha lui col pregiato frutto,
                  ella è felice mamma e moglie in tutto.

                  Assai più bello è il quadro quì descritto
                  ma riportar su carta non m'è concesso
                  ché ai soli Grandi ascritto è tal diritto:
                  Sol loro, a cose belle, han riservato accesso.
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