Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Anniversario

Non chiamarmi, non dirmi nulla
Non tentare di farmi sorridere.
Oggi io sono come la belva
che si rintana per morire.

Abbassa la lampada, copri il fuoco,
che la stanza sia come una tomba.
Lascia ch'io mi rannicchi nell'angolo
con la testa sulle ginocchia.

L'ore si spengano nel silenzio.
Salga in torbide onde l'angoscia
e m'affoghi: altro non chiedo
che di perdere la conoscenza.

Ma non è dato. Quel volto,
quel riso l'ho sempre davanti.
Giorno e notte il ricordo m'è uncino
confitto nella carne viva.

Forse morire io non potrò
mai: condannata in eterno
a vegliare il mio strazio in me,
piangendo con occhi senza palpebre.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Gerico

    È raro sentire cantare in strada
    molto più raro sentire fischiare
    o fischiettare
    se qualcuno lo fa
    l'aria sembra fargli spazio
    ti sembra che un refolo muova
    la flora dei tuoi pensieri
    ti metta dove prima non eri;
    ma come passa chi fischia
    la noia stende le vertebre al sole
    e tu rientri dov'eri
    dietro il douglas dei serramenti
    dentro il livore
    degli appartamenti
    al tango delle dita sul tavolo ti chiedi
    da quali trombe scosse
    scrollate le mura
    per quali brecce potremo vedere
    – fresca –
    come un sogno appena sbucciato
    la terra che calpesteremo, allegri.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      In ascensore fino al cielo

      Come dicono i pompieri,
      non prendete mai camere oltre
      il quinto piano
      negli hotel di New York:
      ci sono scale che vanno piú su
      ma nessuno ci salirebbe.
      Come dice il "New York Times",
      l'ascensore cerca sempre da sé
      il piano in fiamme
      e si apre automaticamente
      e non si chiude piú.
      Sono questi gli avvisi
      che dovete dimenticare
      se volete uscire da voi stessi
      fino a catapultarvi in cielo.

      Sono andata spesso oltre
      il quinto piano
      salendo a manovella,
      ma solo una volta
      andai fino in cima.
      Sessantesimo piano:
      cigni e pianticelle piegàti
      verso la propria tomba.
      Duecentesimo piano:
      montagne con la pazienza di un gatto,
      il silenzio in scarpe da tennis.
      Cinquecentesimo piano:
      messaggi e lettere millenari,
      uccelli da bere,
      una cucina di nuvole.
      Seicentesimo piano:
      le stelle,
      scheletri in fiamme
      con le braccia che cantano.
      E una chiave,
      una chiave enorme,
      che apre qualcosa
      (qualche utile uscio)
      da qualche parte,
      lassú.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Ti porto via
        dalla plancia di comando
        di questo cimitero
        che prende il mare.
        Vecchia cellula erosa
        abituata ai venti,
        ne guido l'abside di vedetta.
        Tu nel ponte, sottocoperta, primo
        mio viaggiatore amato,
        a cui devo l'onore del viaggio.
        Non ti proteggerò dal lungo buio
        delle notti,
        ma sarò lucciola perenne che brucia
        con la tua,
        sfarfallando negli anni.
        La terra si è ricoperta di fiori,
        e io guido la carica della nave
        su cui ti sei imbarcato senza dirmi
        neanche "ciao" (e lo avresti voluto,
        anche per essere un'ultima volta mio).
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