Poesie preferite da Eclissi

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Scritta da: Eclissi

Sensazione

I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme.
Fremo per la mia allegria.
A volte mi sento invadere da
una vaga, fredda, triste, implacabile
quasi-concupiscente spiritualità.

Mi fa tutt'uno con l'erba.
La mia vita sottrae colore a tutti i fiori.
La brezza che sembra restia a passare
scrolla dalle mie ore rossi petali
e il mio cuore arde senza pioggia.

Poi Dio diventa un mio vizio
e i divini sentimenti un abbraccio
che annega i miei sensi nel suo vino
e non lascia contorni nei miei modi
di vedere Dio fiorire, crescere e splendere.

I miei pensieri e sentimenti si confondono e formano
una vaga e tiepida anima-unità.
Come il mare che prevede una tempesta,
un pigro dolore e un'inquietudine fanno di me
il mormorio di un incalzante stormo.

I miei inariditi pensieri si mescolano e occupano
le loro interpresenze, e usurpano
gli uni il posto degli altri. Non distinguo
nulla in me tranne l'impossibile
amalgama delle molte cose che sono.

Sono un bevitore dei miei pensieri
l'essenza dei miei sentimenti inonda la mia anima...
La mia volontà vi si impregna.
Poi la vita ferma un sogno e fa sfiorire
la bellezza nel dolore dei miei versi.
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    Scritta da: Eclissi

    Ode alla notte

    Vieni, Notte antichissima e identica,
    Notte Regina nata detronizzata,
    Notte internamente uguale al silenzio, Notte
    con le stelle, lustrini rapidi
    sul tuo vestito frangiato di Infinito.

    Vieni vagamente,
    vieni lievemente,
    vieni sola, solenne, con le mani cadute
    lungo i fianchi, vieni
    e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
    fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
    fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,
    cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
    tutte le strade che la salgono,
    tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,

    tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
    e lascia solo una luce, un'altra luce e un'altra ancora,
    nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
    nella distanza subitamente impossibile da percorrere.

    Nostra Signora
    delle cose impossibili che cerchiamo invano,
    dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
    dei propositi che ci accarezzano
    sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
    al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
    e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.

    Vieni e cullaci,
    vieni e consolaci,
    baciaci silenziosamente sulla fronte,
    cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d'essere baciati
    se non per una differenza nell'anima
    e un vago singulto che parte misericordiosamente
    dall'antichissimo di noi
    laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
    i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
    perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
    essere nella vita.

    Vieni solennissima,
    solennissima e colma
    di una nascosta voglia di singhiozzare,
    forse perché grande è l'anima e piccola è la vita,
    e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
    e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
    e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.

    Vieni, dolorosa,
    Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi,
    Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
    fresca mano sulla fronte febbricitante degli Umili,
    sapore d'acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.

    Vieni, dal fondo
    dell'orizzonte livido,
    vieni e strappami
    dal suolo dell'angustia in cui io vegeto,
    dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
    dal quale naturalmente sono spuntato.

    Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
    e fra erbe alte margherita ombreggiata,
    petalo per petalo leggi in me non so quale destino
    e sfogliami per il tuo piacere,
    per il tuo piacere silenzioso e fresco.

    Un petalo di me lancialo verso il Nord,
    dove sorgono le città di oggi il cui rumore ho amato come un corpo.
    Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
    dove sono i mari e le avventure che si sognano.

    Un altro petalo verso Occidente,
    dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
    e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
    dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.

    E l'altro, gli altri, tutti gli altri petali
    – oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! –
    affidali all'Oriente,
    l'Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
    l'Oriente pomposo e fanatico e caldo,
    l'Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
    l'Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
    l'Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
    tutto quanto noi non siamo,
    l'Oriente dove – chissà – forse ancor oggi vive Cristo,
    dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto...

    Vieni sopra i mari,
    sopra i mari maggiori,
    sopra il mare dagli orizzonti incerti,
    vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
    e calmalo misteriosamente,
    o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!

    Vieni, premurosa,
    vieni, materna,
    in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
    al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
    e che vedesti nascere Geova e Giove,
    e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio,
    e il grande Spazio Misterioso al di la di essi... Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
    avvolgi nel tuo mantello leggero
    il mio cuore... Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
    tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
    con le stelle che brillano (o Travestita dell'Oltre!),
    polvere di oro sui tuoi capelli neri,
    e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.

    Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
    Quando tu entri ogni voce si abbassa
    Nessuno ti vede entrare
    Nessuno si accorge di quando sei entrata,
    se non all'improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
    che tutto perde i contorni e i colori,
    e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all'orizzonte,
    già falce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno.
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      Scritta da: Eclissi

      La città

      Hai detto: "Per altre terre andrò, per altro mare.
      Altra città, più amabile di questa, dove
      ogni mio sforzo è votato al fallimento,
      dove il mio cuore come un morto sta sepolto,
      ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?
      Dei lunghi anni, se mi guardo attorno,
      della mia vita consumata qui, non vedo
      che nere macerie e solitudine e rovina".

      Non troverai altro luogo non troverai altro mare.
      La città ti verrà dietro. Andrai vagando
      per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.
      Imbiancherai in queste stesse case. Sempre
      farai capo a questa città. Altrove, non sperare,
      non c'è nave non c'è strada per te.
      Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto
      tu l'hai sciupata su tutta la terra.
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        Scritta da: nina.*

        Amore: piccole delusioni e... grandi emozioni

        Adoro le tue parole; il tuo lasciarle lì,
        sole, come una manciata di perle
        che cadono al suolo: alcune rotolano
        via, si perdono in angoli bui, altre
        risplendono di riflessi lucenti e si lasciano
        raccogliere.
        Ognuno dei numerosi punti sparsi tra
        i tuoi discorsi mi parla di lunghi silenzi,
        di pensieri non tradotti in parole,
        di intime riflessioni.
        E ogni volta mi stupisco di trovar me
        stessa là, dove non credevo, di riconoscere
        le mie parole nelle tue, i miei pensieri
        nei tuoi e perfino i tuoi silenzi nei miei.
        Quante volte avrei preferito i silenzi
        alle parole, quanti incantesimi sono stati
        spezzati così, per stupidità.
        Era fantastico ascoltare i nostri silenzi,
        le nostre anime gioire... Poi hai detto
        qualcosa.
        Ti ho detto: "stai zitto".
        Altre parole: "non rovinare tutto". Ancora
        non capivi.
        Ho ucciso la stupidità con un bacio
        leggero, che sfiorava appena le labbra.
        Ma tutto era irrimediabilmente rovinato.
        Ma gli angeli non hanno cantato e le
        campane non si sono sentite.
        L'ho voluto io.
        Volevo che anche la semplicità di un
        abbraccio acquistasse il valore di una
        notte d'amore.
        Voglio costruirmi i miei ricordi
        alla perfezione senza sbagliare, per quanto
        mi resteranno solo quelli a farmi
        compagnia... Amo gli amici che
        mi cercano solo per farsi ascoltare.
        E io lì, a raccogliere storie... Le mie
        storie le racconto a me stessa.
        Agli altri regalo schegge del mio animo,
        per dar loro l'illusione di conoscermi.
        A te... qualcosa di più. Perché mi
        parli con i silenzi.
        Composta venerdì 11 dicembre 2009
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          Lascio a te queste impronte sulla terra
          tenere dolci, che si possa dire:
          qui è passata una gemma o una tempesta,
          una donna che avida di dire
          disse cose notturne e delicate,
          una donna che non fu mai amata.
          Qui passò forse una furiosa bestia
          avida sete che dette tempesta
          alla terra, a ogni clima, al firmamento,
          ma qui passò soltanto il mio tormento.
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            Il cielo

            Da qui si doveva cominciare: il cielo.
            Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
            Un'apertura e nulla più,
            ma spalancata.

            Non devo attendere una notte serena,
            né alzare la testa,
            per osservare il cielo.
            L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
            Il cielo mi avvolge ermeticamente
            e mi solleva dal basso.

            Perfino le montagne più alte
            non sono più vicine al cielo
            delle valli più profonde.
            In nessun luogo ce n'è più
            che in un altro.
            La nuvola è schiacciata dal cielo
            inesorabilmente come la tomba.
            La talpa è al settimo cielo
            come il gufo che scuote le ali.
            La cosa che cade in un abisso
            cade da cielo a cielo.

            Friabili, fluenti, rocciosi,
            infuocati e aerei,
            distese di cielo, briciole di cielo,
            folate e cumuli di cielo.
            Il cielo è onnipresente
            perfino nel buio sotto la pelle.

            Mangio cielo, evacuo cielo.
            Sono una trappola in trappola,
            un abitante abitato,
            un abbraccio abbracciato,
            una domanda in risposta a una domanda.

            La divisione in cielo e terra
            non è il modo appropriato
            di pensare a questa totalità.
            Permette solo di sopravvivere
            a un indirizzo più esatto,
            più facile da trovare,
            se dovessero cercarmi.
            Miei segni particolari:
            incanto e disperazione.
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              Scritta da: mikele74

              Fiducia e rispetto

              Vorrei poter arrivare su quel costone roccioso dove splende di luce intensa un magnifico fiore profumato, ma la via è troppo rischiosa.
              Vivo qua in mezzo alla sabbia, la montagna però mi ha sempre affascinato è come se ci fosse un naturale richiamo da lei a me e da me a lei.
              Lo ascolto ma non posso assecondarlo.
              Fiore che splendi lassù ti osservo e ti bramo ti ascolto e ti odoro mi inebrio di te ma non voglio cogliere,
              non posso cogliere!
              Se solo mi accingessi a farlo la realtà alzando la voce ricorderebbe alla sabbia che ho scelto lei come dimora,
              di nuovo la roccia impervia, come solo in natura succede, ricorderebbe che la bellezza nasconde insidie e pericoli a chi pensa di poter scalare senza rischi ogni monte, ogni parete, ogni ostacolo.
              Vivi scegliendo e sapendo di aver scelto, rispetta la tua dimora e affidati alla vita che se dovrà ti porterà tra i giorni e le notti tra le braccia della luce splendente... inebriato senza vergogna dal profumo del tuo fiore.
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                Scritta da: vanes1964

                Gli occhi di Giulia

                Gli occhi di Giulia
                sono colmi d'inchiostro
                e non sanno parlare
                la lingua dell'arcobaleno

                Gli occhi di Giulia
                scrivono musica jazz
                su pentagramma di nerofumo...
                balla Giulia
                sulla punta di diamante
                che ti graffia la vita
                Balla immersa nella notte infinita
                verso il faro lontano
                afferra le dita, stringi la mano
                non inciampare nel vento
                che solleva la gonna

                Giulia non sa
                d'esser già donna,
                si culla nei sogni
                spalanca le vele...
                ricade sul ruvido
                nero di fiele

                Ma Giulia ha fuoco
                per squarciare la tela
                ha spada per trafigger la sera
                e coraggio per solcare
                il dorso scuro del mare...
                s'annega il confine del buio
                nel diamante di occhi ridenti

                Gli occhi di Giulia sono falò
                nella notte dell'anima.
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