La speranza dell'inetto
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La brezza mattutina portava con sè la carica vitale di una città già preda del proprio lavoro, del suo destino. Il sole invernale appariva pallido nonostante in cielo non vi fosse l'ombra di una nuvola. Amavo osservare fuori dalla finestra del mio appartamento quello spettacolo invero un po' malinconico messo in atto dai miei concittadini: l'ansia e la frenesia impostogli dal proprio lavoro mi dava un senso d'irrequietudine difficile da descrivere.
Ed è strano dal momento che sono uno scrittore. Mi chiamo Andersen, e mi diletto nell'arte dello scrivere sin da ragazzo, quando scoprii quest'estro innato cominciando a scrivere una specie di diario personale in cui sfogavo le mie paure, la mia rabbia, le gioie che la vita mi stava regalando.
L'ispirazione mi coglieva in genere di sorpresa, quando meno me lo aspettavo. Di conseguenza non avevo un iter lavorativo preciso, anche perché senza quella spinta emotiva difficilmente riuscivo a creare opere di rilievo, almeno dal mio personale punto di vista e metro di giudizio.
Quella mattina non avevo assolutamente voglia di uscire, la stanchezza dovuta alle ore piccole fatte negli ultimi giorni a causa di alcuni libri acquistati il mese prima si facevano sentire sul mio fisico. Decisi così ... [segue »]
Composto lunedì 11 gennaio 2010
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