Diciamola per come è: il presente altro non è che l'elemento di separazione, posto all'infinito, tra due classi contigue di numeri razionali che esprimono il tempo.
Non lo troverai mai, il presente, per quanto sensibile possa essere il tuo orologio; anche un miliardesimo di secondo non è presente, ma un assurdo a cavallo tra passato e futuro.
Come noi e la nostra vita.
Quanto alla tua modifica della frase, hai mai provato a non vivere "ora"? : ))
Forse questo Terzani ci riesce... (infinite sono le possibilità di chi soffre di "aforismi... : )). Io vorrei tanto tornare a ieri o valicare le montagne nebbiose del mio futuro, ma... non riesco a vivere altrimenti che "ora".
12 anni e 9 mesi fa
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Tutto sommato però, a ben guardare, è un prezzo giusto, conveniente e anche gioiosamente pagabile per chi ha la possibilità di pagarlo. Molti infatti questa possibilità non la hanno, a motivo del vedersela preclusa dalla somma indigenza, o da impegni interpersonali (sostegno della famiglia) che impediscono o comunque rendono difficile, anche moralmente, una scelta diversa, soprattutto quanto alle inclinazioni.
10 anni e 8 mesi fa
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Ciao Paolino, la tua giusta considerazione mi induce ad una ulteriore riflessione.
Concordo in pieno sull'esigenza di semplicità. Anzi ritengo sia il fine cui deve tendere l'umanità, in tutte le sue attività, scienza compresa. E sotto tanti aspetti ci siamo arrivati: basta mettere a confronto i complicati epicicli di Tolomeo con la semplicità della costruzione copernicana, o anche pensare alla semplicità dell'equazione E=mcc (cui si è però giunti attraverso equazioni che il 999 per mille dell'umanità non comprende); o anche pensare alla semplicità del sistema operativo windows a paragone del Msdos, per l'uso di un computer che i più usano senza neanche conoscere cosa sia e come funzioni.
Così la semplicità, che per gli animali è un punto di partenza, costituisce per l'umanità il traguardo dell'evoluzione e della conoscenza. Traguardo da porre al servizio del nostro obiettivo più alto: la riconquista dell'innocenza perduta, sia a livello individuale, sia soprattutto a livello collettivo. E' probabilmente nel passaggio dall'innocenza inconsapevole all'innocenza consapevole il vero significato del nostro travagliato cammino razionale e spirituale: "se non diventerete come i fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli" (Matteo, 18,3).
Ricambio il forte abbraccio.
10 anni e 9 mesi fa
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Interessanti, Giulio, queste tue considerazioni (e percezioni) sulla relazione tra tempo e coscienza, cioè sulla dimensione soggettiva del tempo.
Il problema del tempo, infatti, è un problema filosofico, scientifico, ma anche psicologico. Si tratta cioè di una grandezza per la quale sussiste una stridente discordanza tra la certezza della misura e la soggettività della percezione. Per dirla in modo più chiaro: tutti sanno quanto dura un'ora, un giorno o un anno; ma fatto sta che questa durata viene percepita in maniera estremamente diversa a seconda dell'età, delle attività in cui si è occupati, delle condizioni psicologiche in cui si vive, eccetera. Quando si è bambini, o quando si è in una sala d'attesa, il tempo sembra passare con inaudita lentezza; mentre corre velocissimo in età matura, o quando si è presi da un'attività piacevole o comunque molto impegnativa. Io per esempio ricordo quarti d'ora lunghissimi di attesa, seguiti da ore felici che duravano un attimo...
Questo restringersi o dilatarsi del tempo a seconda della nostra percezione sembra quasi ridisegnarlo come dimensione soggettiva piuttosto che come entità esteriore di natura obiettiva, quale pure ci occorre ai fini di un univoco criterio di misurazione uguale per tutti.
Ma non è solo il tempo, a dilatarsi o a restringersi in dipendenza dei nostri stati di coscienza: se ben ci pensi, è l'intera realtà "esterna" ad assumere valenze diverse a seconda del nostro stato fisico, mentale, spirituale, insomma della nostra percezione.
Quasi che la "realtà" che assumiamo "esteriore" fosse solo una serie di stimoli capace di tradursi in effettiva realtà solo attraverso il sentito e il vissuto di ciascuno di noi.
Quasi che fossimo NOI SOLI ad esistere, e tutto ciò che ci circonda fosse solo uno schermo bianco su cui proiettare noi stessi.
Personalmente, sin da bambino sono stato affascinato da questi problemi, anzi per meglio dire da queste sensazioni; quindi posso ben capire il tuo affastellarti intorno al problema. Si prova qualcosa di molto simile al disagio che prova chi sa di stare dormendo, vorrebbe svegliarsi, ma non ci riesce del tutto, e reiteratamente ripiomba nel sonno...
OTTIMO.
Perché prima o poi ci si sveglia, e allora tutto, per incanto, ci appare chiaro...
10 anni e 9 mesi fa
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Non lo troverai mai, il presente, per quanto sensibile possa essere il tuo orologio; anche un miliardesimo di secondo non è presente, ma un assurdo a cavallo tra passato e futuro.
Come noi e la nostra vita.
Quanto alla tua modifica della frase, hai mai provato a non vivere "ora"? : ))
Forse questo Terzani ci riesce... (infinite sono le possibilità di chi soffre di "aforismi... : )). Io vorrei tanto tornare a ieri o valicare le montagne nebbiose del mio futuro, ma... non riesco a vivere altrimenti che "ora".
Concordo in pieno sull'esigenza di semplicità. Anzi ritengo sia il fine cui deve tendere l'umanità, in tutte le sue attività, scienza compresa. E sotto tanti aspetti ci siamo arrivati: basta mettere a confronto i complicati epicicli di Tolomeo con la semplicità della costruzione copernicana, o anche pensare alla semplicità dell'equazione E=mcc (cui si è però giunti attraverso equazioni che il 999 per mille dell'umanità non comprende); o anche pensare alla semplicità del sistema operativo windows a paragone del Msdos, per l'uso di un computer che i più usano senza neanche conoscere cosa sia e come funzioni.
Così la semplicità, che per gli animali è un punto di partenza, costituisce per l'umanità il traguardo dell'evoluzione e della conoscenza. Traguardo da porre al servizio del nostro obiettivo più alto: la riconquista dell'innocenza perduta, sia a livello individuale, sia soprattutto a livello collettivo. E' probabilmente nel passaggio dall'innocenza inconsapevole all'innocenza consapevole il vero significato del nostro travagliato cammino razionale e spirituale: "se non diventerete come i fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli" (Matteo, 18,3).
Ricambio il forte abbraccio.
Il problema del tempo, infatti, è un problema filosofico, scientifico, ma anche psicologico. Si tratta cioè di una grandezza per la quale sussiste una stridente discordanza tra la certezza della misura e la soggettività della percezione. Per dirla in modo più chiaro: tutti sanno quanto dura un'ora, un giorno o un anno; ma fatto sta che questa durata viene percepita in maniera estremamente diversa a seconda dell'età, delle attività in cui si è occupati, delle condizioni psicologiche in cui si vive, eccetera. Quando si è bambini, o quando si è in una sala d'attesa, il tempo sembra passare con inaudita lentezza; mentre corre velocissimo in età matura, o quando si è presi da un'attività piacevole o comunque molto impegnativa. Io per esempio ricordo quarti d'ora lunghissimi di attesa, seguiti da ore felici che duravano un attimo...
Questo restringersi o dilatarsi del tempo a seconda della nostra percezione sembra quasi ridisegnarlo come dimensione soggettiva piuttosto che come entità esteriore di natura obiettiva, quale pure ci occorre ai fini di un univoco criterio di misurazione uguale per tutti.
Ma non è solo il tempo, a dilatarsi o a restringersi in dipendenza dei nostri stati di coscienza: se ben ci pensi, è l'intera realtà "esterna" ad assumere valenze diverse a seconda del nostro stato fisico, mentale, spirituale, insomma della nostra percezione.
Quasi che la "realtà" che assumiamo "esteriore" fosse solo una serie di stimoli capace di tradursi in effettiva realtà solo attraverso il sentito e il vissuto di ciascuno di noi.
Quasi che fossimo NOI SOLI ad esistere, e tutto ciò che ci circonda fosse solo uno schermo bianco su cui proiettare noi stessi.
Personalmente, sin da bambino sono stato affascinato da questi problemi, anzi per meglio dire da queste sensazioni; quindi posso ben capire il tuo affastellarti intorno al problema. Si prova qualcosa di molto simile al disagio che prova chi sa di stare dormendo, vorrebbe svegliarsi, ma non ci riesce del tutto, e reiteratamente ripiomba nel sonno...
OTTIMO.
Perché prima o poi ci si sveglia, e allora tutto, per incanto, ci appare chiaro...