Più incentrato sul maschilismo del mondo scientifico primo Novecento che sulla passione per la ricerca della Curie, tant'è ch'il polonio non viene mai citato, il film non è un biopic più veritiero di "Radioactive" (Satrapi 2019), il qual'almeno ammette d'essere l'adattamento d'una graphic novel del 2010 di Lauren Redniss e si scatena nella visionarietà estetica, etica e teoretica.
Già "Brooklyn" (2015) er'un'elaborazione del lutto per il passaggio della protagonist'a una nuova realtà spaziotemporale: transoceanica e adulta. Con "The Goldfinch" Crowley replica la solfa con medesima lezios'affettazion'e acquiescente arrendevolezza: "le cinque fasi del lutto vengono mostrate attraverso delle peculiari location in cui naviga il film: l'impenetrabilità di New York è la negazione, l’aridità del deserto di Las Vegas la rabbia, la lontana Londra il patteggiamento, la criminalità di Amsterdam la depressione e nuovamente New York che, con il negozio di antiquariato diventa una casa sicura, per l’accettazione finale"; "la discontinuità narrativa è il caos della vita" (Roberta Loriga). I Radiohead forniscono il loro contributo all'esito avvilente.
«"Sicario" is the first in a thematic trilogy exploring the modern American frontier, and how much it's changed and how much it hasn't. "Comancheria" [ED. NOTE: "Comancheria" eventually became "Hell or High Water"], which takes place in west Texas in the oil rich belt of West Texas, is the second in that trilogy, and "Wind River", which takes place on the Wind River Indian Reservation in Wyoming, is the conclusion, thematically» (intervista ad UPROXX, 3 marzo 2016). Con "Wind River", 3° film di questa trilogia della moderna frontiera americana, Taylor Sheridan debutt'anche alla regia. Emulo di Cormac McCarthy e della sua trilogia della frontiera ("Border Trilogy"), s'inserisce nell'odierno mainstream nichilista in cui, "all’insensata e brutale violenza del nostro tempo spietato, fa da contrappunto la saggezza antica e «di destra», naturalmente religiosa, capace ancora di stupirsi per il male nel mondo e di ringraziare per il bene ricevuto da Dio sapendo di non meritarlo". Nel Wyoming di Sheridan ci son più sparasentenz'esistenzialistiche ch'in un qualsiasi film d'Allen, Bergman, Tarkovskij, ecc., e non son'affatto perle di saggezza nonostante l'immane sforzo di vendercele come tali. Sono frasi-slogan alla Jep Gambardella mess'in bocc'a gente vissuta e che dunque dovrebbe saperla lunga, molto meglio degl'altri. Falso quant'un farlocco taroccato. Il piacer'è tutto vostro.
"Quid est veritas?" (Giovanni 18, 38) e "unde malum?" (Leibniz, "Saggi di Teodicea, parte prima, n. 20) gravano sull'esistenza d'assai prima del latinorum. Nel noir i tunnel con questa connotazione tragica apparivano già in "The Third Man" (Reed/Welles, 1949) o nella filmografia d'un altro "muso giallo" quale Kurosawa. Consigliato agl'imberbi e ai recidivi.
Second'il report di Ericsson, ogn'italiano trascorre 35 ore a settimana guardando video. Questo significa esattamente cinque ore al giorno passate davanti a tv, pc, tablet o smartphone per ognuno di noi.
Esplosione esponenziale dei canali digitali e satellitari, offerta on demand infinita e, dunque, aumenta la confusione. Se prima v'erano poch'opzioni e ci s'accontentava, oggi, secondo la ricerca di Ericsson, gli spettatori passan'un terzo del tempo davanti al monitor a decidere cosa guardare.
(Fonte: https://it.notizie.yahoo.com/italiani-35-ore-settimana-davanti-slideshow-wp-091237221.html)
A leggere le stroncature, questa volta Nolan si sarebbe spinto tropp'oltre: un film sul nulla, del nulla e col nulla avrebb'oltrepassato il limite del nichilismo sopportabile finché edulcorato col divertissement del mind game movie an-estetizzante. Ora invece l'imperatore sarebbe nudo e, dopo due decenni, "Memento" del 2000 avrebbe recuperato l'intero titol'originario: "Memento Mori". Il resettaggio gnoseologico della memoria ogni quarto d'ora corrisponderebbe a un decesso dell'identità ontologica del Protagonista, che all'epoca avev'ancora un nom'e un cognome (Leonard Shelby). In "Tenet" svanisce pure l'ultimo gioco di Prestige e il primogenito di Denzel è spogliato di qualsiasi connotazione personal'e geopolitica alla stregua di tutt'i coprotagonisti, mentr'il quadrato di Sator, il diagramma di Feynman ("a positron is an electron travelling backwards in time"), il figlio invisibile, la minaccia apocalittica mai visivament'esplicitata costituirebbero una sequela ininterrotta di MacGuffin dove, al termine dell'ultima matrioska, si disvelerebb'il Grande Vuoto di Senso (GVdS): "We live in a twilight world and there are no friends at dusk". Non è la mia scommessa esistenziale, m'almeno non mi sono sentito pres'in giro. "Morte del cinema"? Era già al rigor mortis, forse la "supina rassegnazione" (cit.) nella convivenza con Covid e caducità del Tempo riceverà una salutare scarica defibrillatoria.
Ps.: ho evitato confronti con "Mr. Nobody" (2009) di Van Dormael per la cospicua diversità poetica.
Finit'i luoghi comuni, i clichés e gli stereotipi, finisce il film. L'Archibugi e Virzì come cosceneggiatore dovrebbero abbandonare le loro storie da salotto borghes'e tuffarsi nella vita reale.
Esplosione esponenziale dei canali digitali e satellitari, offerta on demand infinita e, dunque, aumenta la confusione. Se prima v'erano poch'opzioni e ci s'accontentava, oggi, secondo la ricerca di Ericsson, gli spettatori passan'un terzo del tempo davanti al monitor a decidere cosa guardare.
(Fonte: https://it.notizie.yahoo.com/italiani-35-ore-settimana-davanti-slideshow-wp-091237221.html)
Ps.: ho evitato confronti con "Mr. Nobody" (2009) di Van Dormael per la cospicua diversità poetica.