Poesie di Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Dialogo

Tu, che rilassato, all'ombra degl'austeri
pioppi sprofondato sei in sonno tranquillo
e resti steso al loco dei misteri,
tornato sei alla terra, suo pupillo.

Tutto scordato hai dacché sei chiuso,
tutto scordato hai dacché sei steso;
se piove resti là, come recluso,
tra cielo e terra resti là, conteso.

Manco ti smuovono i caldi raggi
di cocente sole d'estiva calura,
né scuotonti li vermi dei paraggi
e d'aria t'è ripugna ogni fessura.

Prima che fosti tu, fui così pur'io.
Prima che mi partissi stetti lassù,
non sai che stare dolce è in quest'oblio:
Ah! perché non scendi pure tu quaggiù?

Non devi mai dormire perché già dormi,
non devi mai svegliarti, non è risveglio;
ten stai disteso sotto i grandi olmi,
posto più quieto non esiste e meglio.

Beato te se scendi in quest'anfratto:
Il luogo lo dimori senza sosta,
nessuno sogna mai di darti sfratto,
stai pur tranquillo: Non arriva posta.

Maestri qui non sono né mastri d'ascia,
avvocati e notai qui non trovi;
chi quivi approda tutto a terra lascia,
non sono né alberghi né ritrovi.

Pioggia mai fu e immenso mare giace;
tutt'è frastuono ma rumor non senti.
Se qui ti stendi resti in grande pace;
l'Alme son tante e tutte son'assenti.

Fors'io verrei pure in quella valle
ove mi dici che c'è tutto e nulla,
lasciando, ahimè, la conosciuta calle
per coricarmi in quell'oscura culla.

Ma il dire che tu fai parmi mistero:
Nel cranio gira forte l'emisfero,
nel petto dice il cuor: Voglio pulsare:
Non dire nulla ancor, lasciam'andare

Scendere in tale luogo non mi lice
ove ognuno parla e nessun dice,
ove tutt'è silenzio e nulla tace,
ove frastuono è ma è grande pace.

Il racconto, mi pare d'altro mondo
e partorito da mente malata;
è come in aria fare il girotondo
e la matassa è troppo ingarbugliata.

Tutto il tuo racconto è un enimma
che in toto pare solo melodramma:
Indi, eternamente restati laggiù
ch'io preferisco starmene quassù.
Nello Maruca
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    Scritta da: Nello Maruca

    Il diavolo

    Spirito cattivo, spirito maligno
    ovunque volgi lo guardo il male alligna
    angelo da mente al bene inversa
    facitore d'ogni azion perversa.

    Resti alla posta qual cacciatore a lepre
    alletti col sorriso che il mal copre
    nascosto dietro siepe della calle
    colpisci a tradimento dietro le spalle.

    Cacciato sei dal Luogo dolce e beato
    perché nel Paradiso malcostumato
    avverso a divina legge, avverso a Dio
    all'inferno buttato per pagare il fio.

    Un filo di paglia usi per legaccio,
    nessuno riesce a scioglierlo dal braccio
    ch'è più forte esso di grossa catena,
    chi, ahime! l'incappa paga grossa pena.

    Sempre ten stai attento: Resti in agguato,
    nessuna pietà per il malcapitato:
    Riesci a penetrare nell'uman cervello
    e imponi, poi, ad esso grosso fardello.

    Quel povero disperato, malcapitato
    all'ultima stazione è arrivato
    che quantunque prosegue nel cammino
    mai più pace ha ma nero destino.

    Trappola tendi ad uomo onesto
    rendendolo depresso, schiavo e mesto.
    Alla potenza di Dio fa egli appello
    alfin che mai più invadi il suo cervello.

    Spera con timore e con fervore
    che Dio invocato venga in suo favore;
    spera che dal cuor toglie il macigno
    che grosso hai deposto, perverso maligno.

    La grazia invoca all'Onnipossente
    che in vita gli è sempre presente.
    ma si discosta un poco da Dio beato
    perché, da te, Maligno è ingannato.

    Il Dio ch'è amore, potenza e bene
    sollievo offre già alle sue pene.
    Gli dice che per Lui non sei nessuno
    e che soccorso porta a lui ed ognuno.

    Questa la speme che lo regge in vita
    perché la pena che parea infinita
    dileguasi man mano che Egli invoca
    nella disgrazia sua che non è poca.
    Nello Maruca
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      Scritta da: Nello Maruca

      Bene

      Avevo immenso bene e l'ho perduto,
      falce crudele passò e l'ha mietuto;
      venne quel giorno, venne all'improvviso,
      sulle labbra gli smorzò il bel sorriso.

      Era d'autunno, era piovoso il giorno,
      inerte lo trovai al mio ritorno.
      Tutto si rabbuiò, fu notte fonda,
      sommerso fui, come da alta onda.

      Nessuno al mondo è bene tanto grande
      che amor per quanto grande tanto spande
      non ricchezze vi sono ne tesori
      che il bene indicato solo sfiori.

      Non è somma da dar per questo bene
      ché il mondo intero non lo contiene,
      nessuno può pagarlo né acquistarlo
      può solo averlo chi vuol solo amarlo.

      Voi che l'avete ancora, voi fortunati,
      voi, oggi più di ieri, da esso amati
      stringetevelo forte sopra al cuore
      dategli il calore del vostro amore.

      È del pianeta terra essere vivente
      e come nessun'altro è più amante;
      a nessun figlio mai procura pene,
      ha nome mamma, quest'immenso bene.
      Nello Maruca
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        Scritta da: Nello Maruca

        Arte nuova

        Più l'ore se ne vanno con il tempo
        più la mia mente ha turbinio di lampo.
        In essa ruota sempre quello sperma
        che fuoriesce senz'alcun'orgasmo
        e suggerisce, con grand'insistenza,
        conoscere di tanto la causanza.

        Il Dei e Garzanti sfoglio senza sosta
        ma è come cercare al lago l'aragosta.
        Della Treccani m'accosto a copertina
        con fare e con pazienza certosina;
        lesto metto ogni pagina al mio vaglio
        così m'accorgo del secondo sbaglio.

        Mentre men sto, così, nell'incertezza
        avverto sulla testa una carezza:
        Austero, di nobile figura, è al mio fianco
        uomo vetusto, dai capelli bianchi.
        Se il tuo cuor tu m'apri in confidenza
        accenderti poss'io persa speranza
        ché quel ch'al tuo cervello assilla e sfugge
        al cospetto del mio certo non regge.

        Cominciò, tutto, oh Grande, coi malanni
        e da quel giorno pace più non ebbi
        ché si moltiplicar d'allor gli affanni
        e in incertezze e dubbi sempre crebbi.
        Con pression dall'altro lato fatta
        liquido lattescente innanzi m'esce,
        l'organo non gioisce: Forte patisce;
        la testa gira e par diventi matta.

        Arte nuova è codesta in medicina
        che più recenti studi son'approdati.
        raggiunto quando abbiam la cinquantina
        di quest'infame male siamo toccati.
        Prostata han dato nome gli scienziati
        e dei malanni è certo tra i più ingrati:
        Quale castagniforme appare in loco
        e a chi colpisce brucia come fuoco.

        Il liquido che secerne è simil sperma
        e riferimento non è d'alcun orgasmo
        poiché d'agogna non ha nessuna norma
        ma risultato è di grande spasmo.
        Abituati a far senza dell'orgasmo,
        convivi col dolore e con lo spasmo;
        oltre non ti crucciar, tempo è di flemma,
        risolto parmi t'abbia il gran dilemma.
        Nello Maruca
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          Scritta da: Nello Maruca

          Appello

          In rimembranza del passato affanno
          da mente mai trascorsa ricordanza
          ricordoti le pene d'anno in anno
          e che l'amor per te mai m'è abbastanza.

          Perciò restiamo l'uno all'altra accanto,
          non disdegniamo nostr'opinioni,
          stiamo stretti ancora avanti andando
          a tutti d'affetto diamo dimostrazioni.

          Altri trasporta ogni alito di vento
          A giungo somiglianti fluttuante;
          di quercia siamo fusti d'anni cento
          ogni uragano è sol per noi fuggente.

          Loro sen vanno ad altro focolare
          dimentichi chi soffre e chi sospira;
          così è da sempre: È storia secolare;
          ignorano chi l'ama e chi l'ammira.

          Portiamo pure affetto ad ogni caro:
          Figli, nipoti, generi e quant'altri
          mai sia, però, tra noi boccone amaro,
          mai pene a noi per secondare altri.

          Aperti sian agli altri i nostri cuori,
          con slancio diamo senza null'avere
          godino d'affetti e nostri amori
          e procediamo oltre quel ch'è dovere,

          Però, ciò fatto, noi si pensi all'io
          senz'egoismo e pur nell'altruismo,
          dopo profuso bene a macchia d'olio
          doniamo a noi un poco d'egocentrismo.

          Bello mi pare quel che qui è detto:
          Che a tutti si usi bene e male mai
          affetto regni e massimo rispetto
          e il bene sia presente, il mal giammai.
          Nello Maruca
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            Scritta da: Nello Maruca

            Abbondanza

            Ricchezza di cose, case e palazzi,
            abbondanza di roba e di denaro
            da sempre questo gli uomini cercaro;
            per questo furo eternamente pazzi.

            Per essi cedono affetti, bimbi, ragazzi,
            calpestano sovente la coscienza,
            ripudiano la propria figliolanza.
            Son porci rozzi, luridi e pur sozzi.

            Questo e ben altro è la vil ricchezza
            che in vero è solo squallida miseria
            in quanto al male volta e a cattiveria;
            assai lontana d'Egli, àncora di salvezza.

            Vera ricchezza è quella che in cuore
            si tiene, che di spirito è, non materia
            e all'animo più apporta miglioria
            e sa donare con ardore amore.

            Quest'ultima tu abbia d'abbondanza
            e a uso dell'altrui mettila in atto,
            per gli altri l'amor tuo sia loro motto,
            non sia timor, se in altri discrepanza.

            Quell'altra lascia l'abbiano gli avari,
            miscredenti, ipocriti, triviali.
            Destino loro è sol bocconi amari
            ché di lor cattiveria traboccano gli annali.

            Tu sei gioiello d'altissimo splendore;
            restati bella nel tuo bel candore,
            non offuscare, mai, per l'altrui l'amore,
            lasciati guidare dal nobile tuo cuore.
            Nello Maruca
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              Scritta da: Nello Maruca

              Don Lollò

              Non si capisce qual ch'è il motivo
              di quella grinta del porco cattivo;
              non si capisce, ancor, perché al mattino
              dimenasi don Lollò al balconcino.
              Si sa, però, ch'è insofferente nato
              e il mal ch'addosso porta è una nota
              ch'à disegnato sulla suina faccia
              e la stortura ch'à in gambe e braccia.

              L'accosto al pirandelliano personaggio
              non è al mostro nostro un omaggio
              ma è sol per illustrare la tracotanza
              di questo don Lollò dell'ignoranza.
              IL teschio in toto di cervello privo
              lascia abbondante spazio a corrosivo;
              La colpa è certo del paterno gene
              tramatore di male, sdegnator di bene.

              Quello, il vero don Lollò, l'intollerante
              aveva di che dare al confidente
              ché beni possedea in terre e case
              e perdere potea danaro, tempo e cose
              per rimanere agiato, in ogni caso.
              Quest'altro, storpio, brutto e d'altro stampo
              cui sola proprietà è l'essere intrigante
              resta misero, impertinente questuante.
              Nello Maruca
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                Scritta da: Nello Maruca

                Fiore

                Dettami o mio Signore parole alate che superi
                Il lor suono di capinera il canto ond'io imperi
                In versi corta esistenza di sì cotanto splendido
                Gran Fiore. Descrivere vorrei suo volto candido
                Col garbo e maestria del sommo Dante ma in povertade
                Di pensieri m'accingo ad affrontare in umiltade
                Ardua impresa con mente mia che flette e non connette
                Chè al cospetto d'Anima sublime, stanco, non permette
                Ravvicinar divario frapposto in povertade di pensieri
                Miei e magnitude di grandezza Sua.
                Dea, che di Latona figlia e del gran Giove dio degli dei,
                a somma vetta dell'Olimpo assisa che al Dio di luce
                Apollo fosti sorella, di ninfe circondata, in castitade,
                degl'Inferi, del Cielo e della Terra Triforme venerata,
                di caccia assai devota, dei boschi protettrice, peristi!

                Stella che brilla di mattino e all'apparire del sole
                Corre e va via; Viola di prato di delicato odore,
                fragile e bella inebiatrice dei campi tutt'intorno,
                Garofalo rosso di profumo intenso, candido
                E di purezza intriso Giglio; peristi! E vuoto
                Intorno a Te molto lasciasti.

                Ma nello spiccare lo volo nei luminosi Lochi
                Che agli Angeli di Dio son riservati, seme lascasti
                In terra a germinare che sviluppò e in luce crebbe
                Di luminosa luce e di bellezza a simboleggiar
                La Tua figura eletta. Un Fiore fosti, come tal peristi;
                Fiore altro come tale in terra non è che ognuno
                Al Tuo cospetto affievolisce; nessun paragone degno
                è esserTi posto.
                Nello Maruca
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Gemme

                  D'Epifania, d'incerto sole, in tiepida giornata,
                  giunge la prima Gemma tant'amata.
                  Brillano i suoi occhi per bontà ed amore,
                  di tenerezza mi riempie il cuore.
                  Suo lamento è dolce nota,
                  bel carattere denota.

                  La seconda, ch'è seconda in tempo,
                  di luce brilla più del firmamento;
                  lunghi capelli, grand'occhi, luminoso viso
                  a giugno mi perviene all'improvviso.
                  Tutto piglia, tira, strilla,
                  tutt'intorno ad ella brilla.

                  In un febbraio tetro, freddo e gelo
                  la terza, poi, calata m'è dal cielo;
                  di gioia sussultar fa l'alma mia
                  mentre m'appresto a dir l'Ave Maria.
                  Occhio piccolo, lucente,
                  sguardo fermo, intelligente.

                  Nell'odoroso di fiori e biancospino maggio
                  mi giunge all'improvviso il grand'omaggio
                  di quarta Gemma splendida, lucente che tra le Gemme
                  è Gemma delle Gemme.
                  Tosto pare assai carino,
                  un tantino birichino.

                  A capodanno la quinta mi compare
                  venuta all'improvviso a illuminare
                  la nera notte di fulmini percossa,
                  di vento e tuoni forti molto scossa.
                  Di furbizia mente fina
                  lesto offre lo spuntino. *

                  Cinque di Gemme splendide ho nel cuore,
                  ognuna d'inestimabile valore.
                  La vita che pur tanto m'ha deluso
                  in fin sì grandi beni m'ha profuso.
                  Nello Maruca
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                    Scritta da: Nello Maruca

                    Il cipresso

                    E fu Giuseppe per quarant'anni ed oltre
                    a far'inchini e salutar dappresso
                    finché trovossi un dì su stessa coltre *
                    accanto colui che prima era cipresso.
                    Parve, indi, con stupore immenso
                    d'avere inchino da sì alto fusto;
                    anchilosato fu, disse: Che penso?
                    No! Cervello mio: Sei vecchio e guasto.

                    E chiusi gli occhi, ch'era stanco assai,
                    la destra penzoloni giù dal letto
                    s'assopì pian pianino pensando ai guai
                    ed alla vision ch'oggi fu oggetto.
                    Così restossi: Tempo quanto nol seppe
                    ma parvegli poi da tocco essere scosso
                    mentre affettuosamente: Che fai o Peppe?
                    Sentì stanco quel dire, quanto commosso.

                    Per i suoi vitrei, da peso oppressi occhi
                    forza non ebbe di guardar chi fosse,
                    chi a voce lo chiamava e piccoli tocchi
                    e debolmente pensava chi esser potesse.
                    Fu il dì di poi, a mattino andato
                    che disteso a letto a lui di presso
                    scorge vetust'uomo, volto emaciato
                    che credere stenta ch'esser sia lo stesso

                    che per tant'anni ebbe ad inchinarsi.
                    Quello lo guarda e stancamente dice:
                    Ho, qui, nel petto di dolor dei morsi,
                    stanco mi sento e d'essere infelice.
                    Io non pensavo mai, Vossignoria,
                    un giorno di trovarmi accanto a Voi,
                    quest'oggi il cuore mio è in allegria
                    ch'ha la fortuna d'essere con Voi.

                    Prim'io voglianza avevo di morire
                    che sempre fui più stanco e tribolato
                    sper'ora, invece, manco di guarire
                    ch'accanto Vossignoria sono appagato.
                    Certo! Tu allato sempre sei vissuto
                    e ancorché steso resti consolato.
                    Non me, però, da nobil stirpe nato
                    sempre diverso fui, e non reietto.

                    Vossignoria restate tale e quale
                    con l'arroganza nelle vostre vene
                    ma l'altezzosità più a nulla vale
                    perché acuisce solo le vostre pene.
                    Da parte mia vi dico: Io vi perdono
                    e mi prosterno a voi per quella gioia
                    che il cuore mio ha ricevuto in dono
                    d'avere accanto a sé vossignoria.
                    Nello Maruca
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