L'animale più guasto di un sentiero più bruciato di un solco, al genuino sbocco di luna dalla vita chiara l'animale dall'anima involuta più vicino al tuo rito che al selvaggio e notturno divenire può sembrarti se soffri del tuo oscuro travaglio d'uomo cosa fortunata. L'animale che neghi a tuo riscontro invece è affanno, è trappola di Dio dove ripara il senno di prudenza che fu prima dell'uomo, ove l'Eterno compie la prima musica felice. L'animale è il commento che ti manca quando piangi a una riva di peccato.
Eppure io ti conobbi: eri un rilievo, un sicuro profilo dentro il tempo avevi mani per ricominciare e per flettere dentro l'armonia della creta pesante il tuo respiro. Perché la corruzione di parole e della carne dentro il tuo usignolo? Fu così che rompesti le tue dighe onnipresente cacciator di frode, ma niente che scalfisca la parola lanciata. Nella storia illuminavi di versi le correnti libagioni e pur sei grande, ché tu solo il male hai assunto ad un ruolo di preghiera.
Rinnovate ho per te le antiche date sino da quando l'Ellade gioiosa si compiaceva d'ogni assurdo, cupo seno di vergini aggiogate allo splendido carro apollineo. E, infuriata com'esse grido all'ara del tuo amore perfetto tutta la forza del mio sangue oscura.
Tu, bellissimo Iddio che nella fronte reggi un gioiello di pazienza duro e sopporti implacabile le forme del mio amore vivace, tumultuoso, guardi alle mie incertezze come a un campo seminato di indocili bufere guardi apprensivo l'occhio del Signore.
(Chè cristiana son io ma non ricordo dove e quando finì dentro il mio cuore tutto quel paganesimo che vivo).
Quiètati erba dolce che sali dalla terra, non suonare la tenera armonia delle cose viventi, mordi la tua misura perché il mio cuore è triste non può dare armonia.
Quiètati erba verde non salire sui fossi col tuo canto di luce, oh rimani sotterra nuda dentro il tuo seme com'io faccio e non do erba di una parola.
S'io mi concreto a teneri volumi tra l'infanzia e la grazia maturata e vibro di colori non del tutto affermati entro la cava sinfonia delle palme, s'io finalmente al rapido fluire dei firmamenti reggo l'indistinto ma attuale problema dell'età e in un risucchio fondo ed angoscioso gusto la dimensione dei miei sensi; s'io partecipo ancora del declino dell'ore puntuale alla miseria del ritorno di esseri-demoni; s'io mi affaccio a languire nei giardini notturni ed a rifarmi pellegrina per scoprire al di là d'ogni misura la concretezza fervida dell'angelo; s'io mi rendo discreta ad appassire con le cose terrene ed a lottare infine per lo spazio di una esigua materia, questo è perché il mio ciclo arroventato e di lacrime e pene trasferito all'assurdo risolleva l'antico fulcro dell'umanità.