Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Sera grigia

Mi duole in petto la bellezza: mi dolgono
le luci
nel pomeriggio arrugginito; mi duole
questo colore sulla nube – viola plumbeo
viola repellente; il mezzo anello della luna
che brilla appena – mi duole. Passò un
battello.
Una barca; i remi; gli innamorati; il tempo.
I ragazzi di ieri sono invecchiati. Non
tornerai indietro.
Serata grigia, luna sottile, – mi fa male
il tempo.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Le cose elementari

    In modo maldestro, con ago grosso, con
    filo grosso,
    si attacca i bottoni della giacca. Parla da
    solo:

    Hai mangiato il tuo pane? Hai dormito
    tranquillo?
    Hai potuto parlare? Tendere la mano?
    Ti sei ricordato di guardare dalla finestra?
    Hai sorriso al bussare della porta?

    Se la morte c'è sempre, è la seconda.
    La libertà sempre è la prima.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Luce nera O luce di Wood

      Placido sopore e spicchi di lunula,
      Unghie che mappano gli ignudi corpi,
      Tastano care dita, e i manicordi
      Sotto le lenzuola han dolci armoniche.
      Perlustro il marame della mia stanza
      E trovo pace che bruna s'increspa,
      Filiforme, Mediterraneo antico
      Per le illiriche liburne sottili.
      Lembo di terra estremo su cui batto
      Le pensate onde alessandrine, faro,
      Tu mi affascini un cuore che rinvergina.
      Spengo l'ultima cicca: a sei colonne
      E timpano completo un crepidoma.
      Ho un tempio classico nel portacenere.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Salva con nome

        Col vento di belle giornate fredde,
        strano come lo sterco di vacche lontane
        odori nella metropoli
        e sa di buono in confronto.

        Senza nuvole, a somigliarvi
        nell'azzurro uniforme,
        solo scie di Tornado
        e i Ghibli di supporto.

        Anche dell'alto e potente
        si sfilaccia e svapora
        il segno d'ogni passaggio.
        Non mi consola né mi compunge.

        Sul divano, scaldato da una lama di sole,
        alla mia mano abbandonata
        il cane fa testine e naso umido.
        E c'è ancora vita.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Settimane fa

          Nel mare del tempo
          Non prendo il largo mai

          Sempre parto il lunedì
          Un diportista non per sollazzo

          Mi allontano dalle coste
          Mai del tutto fino a mercoledì

          Al giro di boa il dietro front
          Stanco torno di venerdì

          Rimango a terra due giorni
          Per un riposo e quindi daccapo

          Nel mare del tempo
          Non prendo il largo mai
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Souplesse

            Sotto zero,
            sono le dieci e mezzo di sera;
            fra poco andrò nel letto,
            sotto la trapunta nuova.

            Come ogni notte
            disteso sul ventre
            chiuderò gli occhi
            nel nero niente del sonno.

            E’ vero quel che si dice:
            ho dormito un terzo
            di mia vita, almeno,
            ed ogni notte -

            per tredicimila notti -
            mi sono allenato
            a un’idea di morte
            che a questo somigli.

            Eppure, dopo tanto
            esercizio appropriato,
            ancora non sono sicuro
            di essermi abituato

            la mente ancorché il corpo
            al supremo ultimo sforzo.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Soggettiva

              È inutile, se il meticcio alza la gamba
              e orina sullo zolfo del perimetro perbene.
              Le bottiglie d'acqua non le degna certo il padrone,
              si rovesciano per vari eventi
              ancora tappate e colme sul marciapiede o sulla strada.
              L'apposita appiccicosa forchettina di plastica
              si piega ma non s'infilza nella dura polpa zuccherina
              del dattero denocciolato, ed è sùbito da buttare.
              È inutile quando la primula bianca
              passa e s'increspa da se stessa che era in pattumiera;
              idem tutti i fiori che avrei potuto regalarle.

              I morsetti fermafogli sono da anni nella confezione,
              non hanno mai pinzato la mezzeria dell'apertura,
              non hanno mai tenuto uniti i fogli di un quotidiano.
              Anzi, il giornale comprato ogni giorno,
              certi giorni nemmeno riesco a sfogliarlo;
              finisce nella pila perfettamente piegato
              per un futuro raptus delle pulizie, ed è inutile.
              È inutile la nostalgia appassionata del fado:
              se non conosco il portoghese,
              e non lo conosco, mi annoia.
              Lo stesso potrei dire di altro ed altro ancora.

              Bassa pianura d'impermeabile mortale argilla
              dove arrivano il fiume e i suoi depositi,
              con poiesi e parole,
              vi sto forse tracciando le isoipse
              delle altitudini sognate, mancate?
              Nel lattice sottile
              ad oggi un altro figlio è in salvo da questo uomo.
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