Scritta da: Widmer Valbonesi
in Poesie (Poesie d'Autore)
E...
L'inverno arriva in fretta
come il dolore dentro al cuore
E...
La neve giunge fredda
raggelando il nostro amore.
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L'inverno arriva in fretta
come il dolore dentro al cuore
E...
La neve giunge fredda
raggelando il nostro amore.
Bianco, neve silenzio
terra tranquilla e deserta
la vita bloccata là al caldo.
Quanta è bella la neve, ma io devo uscire
come un punto coloro quel bianco.
Come conforta la gente il silenzio
, ma io non posso tacere,
devo dirle un paio di cose.
Abbracciati in mezzo a quel bianco,
siamo contenti, di tutto scherziamo
né buio, né, tristezza, né pianto.
Al sole che or ci osserva diciamo:
"suggerisci a una stella stasera
di vegliare su di noi con amore"
Sono felice le dico: ti amo
lei si volta e il suo bacio mi coglie
mentre intorno la neve si scioglie.
Ora l'autunno ha brividi
nel gambo della rosa.
Alte e lontane scale
s'appoggiano tra i frutti.
L'autunno ora s'arrampica
sull'intrecciata trama
e la rosa ricorda la polvere
da cui fu generata.
Piú lucente del fiore
sul cespuglio di rosa
è la bacca arancione,
ora avvizzita, amara;
in ozio la bellezza non sa stare;
tutto accade in suo nome;
ma la rosa ricorda la polvere
da cui fu generata.
Fu quando la cisterna si riempí
di acqua aprilina
e un'algebra sottilissima inghiottiva
tutti i sensi degli uomini in un punto.
Occhi lunghi di gru trattenevano
l'ombra
sui rilievi delle felci;
crescevano le ali dei merli
e il bosco era come l'unghia che
s'infilza
con un colpo secco. Era tutto
nuovo e strano,
eppure un peso abituale
nell'aria sequestrava la speranza.
Sei stato come certe
fiorite di ginestre in autostrada
che fanno invidia al sole,
brevi a giugno
come colpi al cuore,
come fiammate di luce
che aumentano le spine,
senza cui niente è uguale,
niente vale.
Bisogna entrare dal cancello chiuso
calpestando il piccolo quadrato d'erba;
poi varcare la porta della chiesa
e una porticina dietro il pilastro.
Fu la bella Agnes, sventurata,
la piú amata da quel padre ricco.
Per lei fissò il freddo della pietra
e i secoli solitari che la proteggono.
E io ora ti chiedo: è valso a te l'amore –
quest'insistenza dei vivi –
il tempo dello scultore, le gote bianche
che i poveri contadini avranno toccato
con tanta pietà ogni volta che tornano
nelle caverne d'ombra dove una fiamma
consuma
la briciola di desiderio quotidiano?
Ti porto via
dalla plancia di comando
di questo cimitero
che prende il mare.
Vecchia cellula erosa
abituata ai venti,
ne guido l'abside di vedetta.
Tu nel ponte, sottocoperta, primo
mio viaggiatore amato,
a cui devo l'onore del viaggio.
Non ti proteggerò dal lungo buio
delle notti,
ma sarò lucciola perenne che brucia
con la tua,
sfarfallando negli anni.
La terra si è ricoperta di fiori,
e io guido la carica della nave
su cui ti sei imbarcato senza dirmi
neanche "ciao" (e lo avresti voluto,
anche per essere un'ultima volta mio).
Sono già mature le mele
sull'albero che Miss Coombes
ci ha lasciato.
L'albero è chino quasi fino a terra.
Non avevo capito fino ad ora
il loro peso freddo, né come
si accalcano a coppie sui rami,
gialle, rotonde come lanterne cinesi
lungo una strada addobbata.
È il crepuscolo, e stai tornando a casa.
Immagino la dinamo della tua bici
tesa come una spoletta tra le strade
che imbrunano, a illuminare
casa nostra mentre ora, nella via,
si accendono le luci – l'oro
delle lampadine nelle piccole serre,
i lingotti
di ingresso, la camera da letto, le scale.
Viviamo qui ora, e sebbene,
altrove, una ragazza si appoggi
al finestrino del treno, un dito
attorcigliato allo zaino zeppo
di tutto ciò che possiede –
questo ci basta. Siamo
le luci, le luci, le luci
che i treni superano nell'oscurità.
Tangibile luce della sera
A punti lievi la pioggia
cuce aria sul lago
Rimani. Altrimenti nessuno
potrà vedere quel che segue. Rimani
La ghiaia scricchiola come tra i denti
Io so a che assomiglia il mio cuore
dacché hai smesso di amarmi:
come uno scoglio cavo
cinge un piccolo stagno
che gli lasciò la marea,
un piccolo tiepido stagno
che dai margini al centro si prosciuga