C'è una donna più bella di te nel tavolino seduta vicino a me c'è una donna più ricca di te nel tavolino seduta vicino a me c'è una donna più bionda di te nel tavolino seduta vicino a me c'è una donna sola nella mia mente mentre sono seduto davanti ad una donna seduta nel tavolino vicino a me.
Ti ho visto tre o quattro volte attraversare la sala non camminavi volavi apparivi poi scomparivi mi hanno detto che hai 18 anni non ci credo ma ti prego per i prossimi 180 1800 18000 anni non andartene più continua a volare.
Perché c'è sempre chi ama di più? Perché c'è sempre chi ama di meno? Verrà mai il tempo che i due si ameranno alla stessa intensità? Si, è stato un flash.
Come un Gabbiano volerò incitato da alberi dalle fronde scomposte io, piccolo Buddah dell'amore sorridente bikku volerò sulla tua pelle sincera piegata nel Karma raccolta sul sasso di un piccolo fiume nel sole, nel sorriso, silenzioso azzurro perfetto dove le nostre ombre s'incontrano solitaria India occhi di brace sentimento fanciullo gabbiano suadente così importante.
Quell'alba di nefandezza stantia, armonia perduta d'un tempo d'arte, oppure un ritorno alle origini del giorno.
Colpa dei pescatori di Granada, colpa dei timori, dei prossimi abbagli spazianti verso stordita luce da sbagli; sguardo rivolto ai popoli di montagna che indipendenti scappano verso la Crimea attraverso il mare di Azov, pensiero rivolto alle crome intense e sguardi sfibrati attorno ciò che tento di trovare non offrono sempre, dall'esterno in nessun caso niente; trovare armonia, armonia perduta d'un tempo d'arte.
Chi muore è un eroe allora siamo tutti eroi e siamo tutti cantanti alcolizzati, tutti liberi da ogni male, tutti dei dell’Olimpo con il permesso di fulminare i passanti. Tutti siamo dadi e rotolare ci fa stare bene, soavemente rotolare ci fare stare bene. Siamo tutti figli della stessa madre e nostro padre è il milite ignoto, nostro padre è un mezzo Buddha che ignora il nostro rotolare soave. Nostro padre ha una barba finta, è truccato male e fuma il sigaro nei giorni feriali, nei festivi muore, soavemente muore, rotolando muore. Abbiamo dato i nostri risparmi per la nostra droga, noi tutti, soavemente ora rotoliamo. Dio non è santo, noi tutti preghiamo i santi del cielo maldisposto e cerchiamo il nostro dio ad ogni costo. Siamo tutti delle spie sull’orlo del braciere, intenti solo a rotolare, senza paura di bruciare. Siamo tutti suicidi, secondini nell’ora di libertà, non sappiamo stare al nostro posto perché amiamo rotolare, siamo poeti a dondolo alla mercé dei nostri nemici, perché non abbiamo partiti per i quali votare. Siamo il nemico e tutti i figli suoi e non conosciamo il futuro, così certo. Voltati, bendati, siamo il plotone d’esecuzione, davanti ci troviamo i nostri peccati, con proiettili scheggiati miriamo al cuore del nostro passato. Stiamo tutti in coda, fanti di coppe, alfieri rossi su caselle bianche, siamo il bossolo nel caricatore, pallina rotolante rotoliamo nella roulette fino a svenire di vanità e di noia. Indagati per illeciti, illecito è il nostro pensare. Siamo città inventate su mappe dell’Impero, calici ricolmi di bronzo fuso fumante, orizzonti innevati dall’alba polare, rotoliamo sul nevischio soave. Con gli zigomi ardenti scaliamo le montagne alla ricerca del segreto del rubino ma siamo noi il segreto e siamo noi il rubino. Diciamo parole di cotone e cantiamo, soavemente cantiamo liturgie pagane e flauti sono le nostre braccia, arpe i nostri capelli e violini le dita e viola il nostro cuore. Catapulte, masse di fuoco, incendiamo i villaggi dei giusti ma siamo noi i giusti, siamo noi i nostri avi che viviamo a stento per raggiungere la morte soave. Siamo l’esorcismo divino, sbronzati rotoliamo verso l’estasi dei deboli, siamo i fragili. Tutti camionisti senza carico, sorpassi in corsia d’emergenza, sirene soavi spiegate per la tangente. Noi siamo la nebbia, avvolgiamo rotolando, avvolgiamo il sole, stiamo nel sole e aspettiamo l’attimo per morire. Ma chi è mio padre, chi è mia madre? E noi, chi siamo noi? Noi siamo soli, fuori soli e soli lottando, soli fuggendo, soli rotolando, soavemente rotolando.
Il cielo è nero su una chitarra che accompagna il cavaliere della luna mentre un giocatore sublime danza vorticosamente con una gonna al vento e i capelli rossi di donna su una bianca spiaggia.
Uccelli migranti sulla nube della grande sera costruiscono i nidi di ghiaccio dell'ultima estate perduta.
Il ciclo dei robot è oltre il tramonto: stirpi di uomini vagano nella città della vertigine e gli angeli piangono i 150 anni in giallo in un giardino dell'Eden. Io guardo il segreto del millennio per la straordinaria storia dell'uomo.
Cittadino della xxvii città muoio alla ricerca di balene che restano sedute sulla spiaggia.
Il coprifuoco indaga sul gioco delle passioni: dunque vivrò come le famiglie dei castori, delle foche, degli scoiattoli e dormirò, per l'ultima volta, su un letto di leoni, simile a stirpi di uomini nella terra di Canaan.
Il libro dei re si apre, ormai, sulla fondazione della terra con insostenibile leggerezza: mostra, solo, una mano senza pelle, complice di Dio.
Ecco un centauro lontano che piange lacrime d'ambra su una croce di cristallo: forse domani la mia stanza vuota si riempirà delle piaghe della storia.
Dolce signora della mia prima elementare, hai sempre sulla bocca quella semplice canzone da due soldi?
Sai, sento ancora le grandi gocce di pioggia che battono sui vetri, ed oggi, pensa un po', anche la mia scrivania è color noce.
Forse non sei stata veramente così bella come ti ricordo: sei soltanto un aquilone sperduto tra le nuvole grigie dei rimpianti e trasportato in alto dal vento.
Ho avuto un sogno troppo breve per farti risvegliare oggi, dolce signora di un mondo ovattato! Nel tuo cuore batte ancora la pioggia di quel novembre buio che ora sento dentro di me?
Un bacio corre sull'illusione della mia fanciullezza e la vecchia estate è ferma, catino della memoria, infernale ed impietoso.
Dolce signora della mia prima elementare, adesso sto danzando con una sconosciuta: forse ho volato oltre l'aurora.
Ma tu non avrai freddo e suonerò per tutta una vita elementare, con una chitarra spezzata: ricorderò ancora il bambino vestito d'azzurro, mentre è il profumo del tuo fiore rosso che mi ha ucciso.
Sei dunque tu, Dio del tumore di mia madre, Dio dei bambini di Brasilia, Dio degli sguardi di terrore ubriachi, Dio delle donne di Zabrè riunite in cooperative?
Tu ritorni indietro nel tempo, perché io sono dentro di Te e fuori di Te, e Tu sei dentro di me e fuori di me, tra questi cieli, questi uccelli, queste pietre, questi ulivi.
Questo tuo suono di pace conosce i miei silenzi ed i miei sogni, ed il fruscio degli alberi è clemente come una mite aurora.
Vieni, o Dio, con le mani giunte ed udrai i miei sospiri, poveri, di un fanciullo pallido, e la piazza della chiesa, il sonno della memoria e l'odore d'incenso.
Dio degli eterni e dei miei tanti errori, quante cose ho schiacciato per non morire; poche volte ti ho cercato ma sempre ti ho voluto, mentre le bianche mani toccavano un santino colorato, memoria e sogno, fichi ed erba gialla, cielo stellato e voce di donna.
Prigioniero di me stesso e degli altri, con te mi tornerà la fiaba dei giorni lontani: non sono più solo su una piazza deserta di sole.
Qualche volta ti sento,... sono sicuro... sei tu, il tuo volto col vento arriva fino a me: quelle volte mi pento della mia gelosia ma è soltanto un momento... e il vento presto ti fa volare via.
Ma io voglio un oceano di colori e luci, voglio un tappeto che corre veloce, voglio un gregge che pascola nel cielo, voglio un enorme cappello di pioggia, voglio una donna che gira nel sole, voglio un cielo di muschio e di lana.
E allora ingabbierò il vento, alle porte di quel buio, dove il silenzio è la voce sguaiata di una vecchia senza amore: la mia sarà una ridente nostalgia di un cuore, una confusione, tra vita e... poesia, E mi domando se un'idea come sei tu, una idea... perché tu sei solo lidea (non deali), possa essere legata a una catena: ho provato una gran pena, credimi ascoltando il vento fuori, che corre libero, ovunque va, ovunque vuole come adesso i miei pensieri verso di te.
E allora ingabbierò il tempo, perché la moglie di un pedestre comandante non può vivere solo e da sola nella mia mente: perché l'amore non basta mai nell'ora che é sospesa tra gli angeli, perché col vento non passa mai il tempo e questo tempo mi ha cercato, ti ha cercato, ci ha cercato... mentre io cercavo te o forse mi illudevo di cercare. E io sono un po' folle, un po' saggio nello spendere sempre ugualmente la mia paura e il mio coraggio, la paura e il coraggio di vivere come un peso che ognuno ha portato, la paura e il coraggio di dire: " io ho sempre tentato io ho sempre tentato, io ho sempre tentato... almeno".
Ma non ingabbierò te, non ti chiuderò in nessuna gabbia, neppure di oro, perché voglio ancora leggere nei colori del vento, perché voglio sentire i suoni immemori del tempo, perché voglio guardarmi di spalle mentre parto, perché voglio pescare il pesce d'oro di un mio e tuo impossibile sogno, perché voglio scendere dalle stelle per toccare la tua bocca, perché voglio rubare le chiavi al cielo e darle a te, perché l'inferno esiste ma solo per me che lo temo, perché la paura dura più dell'amore e io non voglio aver paura ... ma ho paura, perché sono un bambino che cammina sull'acqua e tu sei le mie rotaie, perché sono un uomo che insegue la tua ombra che si chiama, anche, nostalgia di me.
E ti lascerò, perché non voglio essere violentato dal tuo sogno, perché, proprio io, ho paura di trovare la tua chiave, perché non voglio sentire il suono della tua eternità che mi rende sordo, perché una tua nota suona falsa nel pentagramma della mia vita, perché manca il tuo lievito che porta alla perfezione dell'amore, perché non voglio trovare una tua conchiglia rossa nella rete delle mie illusioni, perché non voglio stare al caldo abbraccio di una tua doccia fredda, perché non voglio tue promesse che non saranno mai pagate, perché non posso svenderti i miei sogni, perché, alla fine, mi hai detto e, forse, mi hai dato solo... le tue "stronzate".
E ti lascerò, e quel giorno senza di te non sarà un giorno triste: lo regalerò ad un uomo fermo sulla strada che va verso il sole, all'eco silenzioso di una immagine ormai troppo lontana, al famelico cuore di un leone assetato, a qualcuno che insegue la vita regalando sorrisi, alla gelida carezza di una violenza subita, alla donna che entra in un giardino ormai senza cancello, a qualcuno che si è perso nel suo stesso abbandono,
E ti lascerò... per poter vivere di nuovo e... sognare ospite di un ballo in maschera in cui tu non ci sei e io sono solo la maschera, una maschera che unisce piacere ed amore senza poter mai creare... un dolore!