Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
Se tu dovessi venire in autunno
mi leverei di torno l'estate
con un gesto stizzito ed un sorrisetto,
come fa la massaia con la mosca.

Se entro un anno potessi rivederti,
avvolgerei in gomitoli i mesi,
per poi metterli in cassetti separati -
per paura che i numeri si mescolino.

Se mancassero ancora alcuni secoli,
li conterei ad uno ad uno sulla mano -
sottraendo, finché non mi cadessero
le dita nella terra della Tasmania.

Se fossi certa che, finita questa vita,
io e te vivremo ancora -
come una buccia la butterei lontano -
e accetterei l'eternità all'istante.

Ma ora, incerta della dimensione
di questa che sta in mezzo,
la soffro come l'ape-spiritello
che non preannuncia quando pungerà.
(dedicata a F. )
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Barometro basso

    Il vento di scirocco prende forza di libeccio,
    Le nubi corrono rapide sopra la luna,
    La casa è sferzata come da un flagello,
    Il comignolo trema sotto la raffica.

    Una notte come questa, quando l'area allenta
    La sua vigile stretta su sangue e cervello,
    Vecchi terrori di Dio o di fantasma
    Tornano in vita strisciando dalle loro caverne;

    E Ragione s'avvede d'abitare
    Una casa infestata. Ignoti casigliani
    Affermano il loro squallido diritto di peccato
    Con un titolo più antico del suo.

    Presenze incorporee, affollata
    Profanazione e rimorso del Tempo,
    Sfuggite all'oblio, ripetono
    Gli orrori del delitto sconsacrato.

    C'è chi tenta di placare con preghiere l'ombra
    I cui passi invisibili calcano il pavimento,
    La cui paurosa irruzione sale le scale
    O forza la serratura della porta vietata.

    C'è chi ha veduto cadaveri interrati da tempo
    Sottrarsi alla santa vigilanza,
    Pallide forme sepolcrali; e ha perfino udito
    Gli striduli lamenti d'un'anima in pena,

    Errabonda sin che l'alba non abbia varcato
    La tenebra dogliosa, e la terra stretto
    Più a sé il manto sparso d'uragano, e cacciato
    I lugubri fantasmi nella tomba.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Serena I

      Uscendo dal vecchio grandioso Museo Britannico
      Talete e l'Aretino
      in grembo al Regent's Park il flogo
      crepita sotto il tuono
      bellezza scarlatta in questo mondo pesce morto alla deriva
      tutte le cose piene di dèi
      spremuti e sanguinanti
      un uccello tessitore è mandarino l'arpia è ormai spacciata
      anche il condor col suo boa spellacciato
      guardano fisso attraverso il colle delle scimmie gli elefanti
      l'Irlanda
      la luce cala lungo il loro vecchio canyon familiare
      mi succhia via verso quella vecchia certezza
      il c. Lo ardente di Giorgio il trapano
      ah di là una vipera
      addenta il suo topo
      bianco come neve
      nel suo abbagliante forno flusso di peristalsi
      limac labor

      ah padre padre che sei in cielo

      mi trovo a confondere il Crystal Palace
      con le Isole Beate da Primrose Hill
      ahimè debbo essere quel genere di persona
      andiamo a Ken Wood chi mi troverà
      l'alito trattenuto in mezzo ai cespugli
      nessuno fuorché i piú rintanati amanti

      mi sorprendo commosso dai molti fumaioli piegati
      in omaggio al ponte della Torre
      riverenza del serpente che esce dalla City o rientra
      finché nell'imbrunire una chiatta
      cieca di orgoglio
      scosta via la sciarpa delle basculle
      poi nella grigia stiva dell'ambulanza
      pulsando sull'orlo marca di sospiri
      poi giù mi immergo tra la canaglia
      fìnché un tizio dannati i suoi occhi cerchiati
      mi chiede se ho finito col giornale
      zoppico via infuriatissimo sotto le Stanze degli Sposati
      Torre boia
      e via via lontano in gran fretta verso il gigante spaccone di Wren
      e maledico la giornata ingabbiato ansimante sulla banchina
      sotto la caldaia lucida
      non sono nato Defoe

      a Ken Wood però
      chi mi troverà

      mio fratello la mosca
      la mosca domestica
      trascinandosi dal buio alla luce
      si aggrappa al suo posto sotto il sole
      si arrota le sei zampe
      si compiace dei suoi piani dei suoi bilichi
      è l'autunno della sua vita
      non poteva servire al tifo e a Mammona.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        L'alba

        Prima dell'alba sarai qui
        e Dante e il Logos e tutti gli strati e i misteri
        e la luna segnata
        oltre il piano bianco di musica
        che stabilirai qui prima dell'alba.

        Seta grave soffice cantante
        chìnati sul nero firmamento di areche
        pioggia sui bambù fiore di fumo viale di salici
        Alba
        chi anche se ti chini con dita di pietà
        a avallare la polvere
        non aggiungerà alla tua munificenza
        la cui bellezza sarà un foglio davanti a me
        una dichiarazione di se stessa stesa attraverso la tempesta di emblemi
        sicché non c'è sole e non c'è rivelazione
        e non c'è ostia
        soltanto io e poi il foglio
        e massa morta.
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          Scritta da: 0kiika0
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Se fai progetti per un anno,
          semina del grano.
          Se i tuoi progetti si estendono a dieci anni,
          pianta un albero.
          Se essi abbracciano cento anni,
          istruisci il popolo.
          Seminando grano una volta,
          ti assicuri un raccolto.
          Se pianti un albero,
          tu farai dieci raccolti.
          Istruendo il popolo,
          tu raccoglierai cento volte.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Palpebre socchiuse

            Di mano in mano
            di verso in verso
            ho ritrovato le palpebre socchiuse
            e le foglie
            stagliate su scuro tronco
            in un autunno novembrino.
            L'umidore
            mi coglie un'allegria.
            Con le scarpe basse
            solco il ponte di ferro
            che mi porta diritto alla stazione.
            Fermo il tempo
            e nel tempo uno spazio troppo grande.
            Parto dalla stazione di partenza,
            arriverò all'inverno
            di nevi candide
            nell'assenza di fanghiglia.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Vitebsk

              Capanne e un'alta veste illuminata
              mentre nell'azzurro le opache ali
              formano strumenti e miti animali
              per il canto fra i rovi, profumata

              di rugiada è la pietra preparata
              per l'amoroso sacrificio: calino
              venti e rapine, ora poveri mali
              spiantino rive e menti, e si è spezzata

              su quinte deliziose la saetta
              di quello sguardo che destando ammuta
              come per via di un suo lume rinchiuso.

              Dona il battito una pietà perfetta
              di foglie e torce al giorno che ti ha illuso
              facendoti splendente e sconosciuta.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Rami di luce sdrucciolavano
                sulle nostre teste immerse nell'azzurro.
                Coralli erano le sue guance,
                nel silenzio delle acque.
                Ancorato dentro di me dormiva
                attizzando i falò
                della selva occulta nel sangue.
                Una mano morbida cingeva la mia gola
                fino a soffocarmi.
                Nere lacrime scivolarono
                dai miei occhi:
                perle che colmarono
                il calice dell'amore.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Voi intrecciate il vostro sangue,
                  stendendo
                  le razze l'una incrociata nell'altra,
                  vite su vite, volti
                  riconoscibili agli occhi talvolta.
                  Scendete lungo la camera buia
                  delle tempeste-età,
                  brucate la prateria del mare,
                  attraversate il telo celeste
                  ma io riempio il vostro passaggio
                  di solitudine:
                  dove andranno
                  le ore dell'estate?
                  Dove rispunterà il cielo di ieri?
                  Poi scendete dall'albero
                  della creazione, cigolate appena
                  sul carrello, rientrate
                  nella polvere fine.
                  Sempre
                  io vi tormento
                  dalla mia zolla, dalla nube aerea,
                  generazioni, ere
                  incerte e febbrili.
                  E non avete ancora
                  camminato abbastanza.
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