Scritta da: giovane Erasmus
in Poesie (Poesie generazionali)
Se i pensieri come foglie
sempre volano lontano
dimmi tu come si spegne
questo spirito vulcano.
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Se i pensieri come foglie
sempre volano lontano
dimmi tu come si spegne
questo spirito vulcano.
A far il passo più lungo della gamba pur in
un niente facilmente s'inciampa, ma se la
fiducia è tanta (di far bene) chi è audace,
vuoi veder, che il successo agguanta (ha
buoni risultati)! Come la sua presa (sul
terreno: equilibrio, ciò che lo sostiene) che
anche i più scettici incanta.
Una parolina ai petrolieri della minchia,
quelli verso cui più fortemente il buon
senso oggi ringhia: c'è che al popolo tocca
ora stringere la cinghia (devastazione
ambientale per l'inquinamento,
insalubrità, perdite economiche), mentre
voi da nababbi vi lisciate sotto, sotto i
baffi (soddisfatti dei loro soldi).
Senza mai aver pensato, anche in passato,
a riparar, del vostro operato (petrolifero), i
danni, sapendo quanto siamo, noi, i veri
barbagianni. E non investendo quindi in
tutele, realmente, il vostro bel denaro; ma,
già, il cuore di grandi sentimenti, qui, lo avete sempre avuto avaro. Ce lo avete avuto
però per andar, anche con le vostre dame
(sono tutti uomini), di ricchezza, a fare
sfoggio, nel mentre che in testa vi
meritavate in verità un bel pesante moggio
(oggetto campione, per misura). E che
avreste sbagliato direzione è fuori
discussione, perciò, tanto per mettere i
puntini, c'è da riparare ai danni ambientali
anche coi vostri bei quattrini. Da spendere,
piuttosto, in sana e innovativa ricerca (sulle
rinnovabili e risanamento ambientale),
perché di dissesti, anche grazie a voi (e a
chi lo ha permesso: politica proprio proprio sprovveduta?) ce n'è una bella certa
(quantità). È come sulle autostrade, quando
per anni s'è pagato il pedaggio e non per
render più sicuro il nostro viaggio. E assai
chiaro è diventato, poi, questo incredibile
messaggio (crollo ponte di Genova). Ora
non importa se sono stata piuttosto
sempliciotta, non quanto voi nel montar
quella storia galeotta che l'attività umana
(con emissioni di anidride carbonica) non
poteva scioglier la calotta (polare). E ciò
per guidar, con autorevoli chiacchiere
(negli annì 70 e ancor oggi), il mondo
fuori rotta (sui possibili scenari climatici), giacché a sostenervi c'eran degli
scienziati di cui non ci si esprime riguardo
alla condotta (morale). E se sono stata in
tutto ciò (verso autostrade e petrolieri)
proprio tanto, ma tanto, stronza, è sempre
meglio che passar da gonza, così intanto qualche buona idea nel capo del potente
di turno, magari, ronza.
Zitta, devo stare zitta.
Devo essere dolce, carina
e devo stare al mio posto.
Ma qual è il mio posto?
Chi ha stabilito i luoghi
dove posso stare,
i momenti in cui posso parlare,
le parole che mi è concesso dire?
Chi ha stabilito gli assurdi divieti
che mi vengono imposti?
Io voglio essere libera,
libera di arrabbiarmi,
di urlare a squarciagola
di ridere sguaiatamente,
di piangere quando mi va.
E che tutti mi additino,
sparlino e mi accusino
di essere pazza.
Quella che voi chiamate follia
io la chiamo semplicemente vita.
Mi giro confusa.
Sono sempre incredula
quando qualcuno ricorda
il mio nome fra tanti.
Nella folla,
in mezzo alla gente
tutti mi sembrano
più appariscenti,
più simpatici,
più carismatici di me.
Ripeti il mio nome.
Ed io che da sempre
mi nascondo e mi confondo
negli angoli bui
di tutti gli invisibili del mondo,
accenno un timido sorriso.
Che stupida sono...
Vorrei dirti grazie
perché ti sei accorto
della mia presenza.
Perché non sono più
una ragazza tra tante
o una persona qualunque.
Vorrei dirti grazie
perché in un mondo
in cui ci dimentichiamo
di tutto e tutti,
tu... ti sei ricordato di me.
Vorrei vivere in un mondo incantato
dove tutto è perfetto
dove tutto è fatato.
Correre a perdifiato senza stancarmi
e volare sempre più in alto,
senza che nessuno possa fermarmi.
Raccogliere fiori a più non posso
e sapere che ne spunteranno ancora,
anche dentro ad un profondo fosso.
Sto scrivendo fesserie,
sì lo so,
ma fatemi sognare ancora un po'.
Sono morto!
Hai svuotato il mio cuore,
ora vivo nello sconforto
senza gioia e valore.
Hai soffocato l'amore di chi
ha sempre cercato e aspettato.
Paese di notte,
vecchio posto di sempre, luogo solito,
a cui faccio ritorno,
da sempre;
con le luci dei lampioncini
stile ottocento,
che danno una luce gialla
alle vie
illuminate,
quando si arriva alla biforcazione
tra due fiumi,
la vecchia piazza castello,
il salitone lungo Orba,
le vetrine lucide,
di arredamento,
di genere vario,
le gelaterie;
le vecchie strade rotte
e scapestrate
coi lavori in corso,
la circonvallazione;
vie e viottoli
della mia infanzia
che conosco da sempre;
vecchio paese di sempre.
Le feste sono andate,
finite, disciolte
appartengono già al passato;
sembra ieri che si era alla vigilia,
e poi il natale
è passato in un soffio,
un istante,
un battito di ciglio;
gennaio anno nuovo,
voglia di cambiare,
di non ritornare sui
propri passi,
di vivere,
di credere;
strade di città,
c'è ancora qualche addobbo residuo,
qualche festone,
nostalgia di festa, andata.
Tu sei un vaffanc*lo mancato
quello che ancora non ti ho detto
urlato
sbattuto in faccia
quella tua faccia che prenderei a schiaffi
anche se io non amo la violenza
amo l'amore.
Tu non mi ispiri più fiducia
ti comporti come tutte le persone
tutte quelle che ho incontrato
che non sono perle rare
sono solo uguaglianze.
Tu sei il mi vuoi e poi no e chissà boh
dove si va?
Avanti non di certo.
Tu sei il ti sposerò,
ma non posso più pensare al domani
se non ci sei oggi.