Scritta da: SweetNovember
in Poesie (Poesie personali)
Vertigini da Larice
Senz'altro assetata
non spogli anni cadenti
o destini avversi
ma talenti di arte
su tela.
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Senz'altro assetata
non spogli anni cadenti
o destini avversi
ma talenti di arte
su tela.
In un'oscena notte
di silenzi e grida
varco il cancello
dell'inferno
danzando
a braccetto della follia
e calpestando
la luna e le stelle.
Ascolto in silenzio
l'aprirsi del cielo
e il desiderio che,
come un fiume,
scorre, pigro e lento,
verso un mare di smeraldo.
Profumi e colori si fondono
con il suono dolce della marea
e, come marea, sale,
in un turbine d'onde;
come un mare in tempesta,
solleva spruzzi,
tra il fragore del vento;
su, più in alto,
fino a fondersi con il cielo.
Poi tutto s'acquieta
e le onde tornano, pigre,
a bagnare la spiaggia...
Anche il cielo sogna,
sogna tramonti infuocati
e gelide albe,
calde notti d'estate
e furiose tempeste,
aspri mattini d'inverno
e dolci brezze profumate;
il fruscio dell'erba
mossa dal vento
è il suo respiro,
le gocce di pioggia
le sue lacrime.
S'insinuano piano nella mente,
come timidi effluvi dei giorni andati,
si espandono, lentamente,
fino a soverchiare la mia essenza
ed ogni volta è come morire.
Squarciano la mia anima
profanandola, annientandola,
riempiendola di dolore,
un dolore struggente,
come il rimpianto
di un tramonto dimenticato,
immutato e immutabile
come il susseguirsi dei giorni,
sconfinato come l'azzurro
del mare e il cielo
quando s'incontrano.
Raccolgo ricordi
confusi e stanchi.
Raccolgo sogni
inutili e utopici.
Raccolgo lacrime
calde e salate.
Raccolgo sorrisi
vuoti e tristi,
e tutto trasformo
in silenti sospiri.
L'asprezza che avanza
ci sbalza contro
ribollii d'aria esasperata
macchiata
da un fragile non-talento.
Si mescolano rapide tracce
impilate
da un tempo sbagliato
in corsa verso non-prigioni di zucchero
che nascondono dentro
tanti piccoli mondi
di candele spente.
Ancora emarginati ed alla deriva
invece di arrenderci
passiamo attraverso
infilandoci
senza sollievo
in corti insoddisfatte
costruite
sui nostri anni
di felicità rifiutate.
OH, Madre!
Quanto brucia quella lama nel tuo cuore?
Quanto preme davanti ad ogni tortura,
sanguinandoti anche l'anima!
Quante volte hai stretto il petto con la mano
e l'hai battuto tanto forte
nell'illusione di non sentir più quel dolore...
Eppure spettatrice rimani!
Immobile, pietrificata, lacerata,
preghi che arrivi la fine,
per non vederlo più soffrire.
Tu sola mi comprendi:
nell'ansia di ogni giorno,
che non sia l'ultimo,
nell'angoscia di rivedere ancora il suo dolore.
Possano ricadere su di me
le sue pene, i suoi guai;
sopporterò io i suoi mali,
felice di vederlo crescere
forte e bello,
nel corpo e nell'anima.
Ascolta questa preghiera,
Madre mia,
avvolgimi nel tuo scuro manto
e accetta le mie debolezze, le mie povertà,
i miei errori.
Dammi il coraggio, la calma
e la sopportazione,
per continuare ad asciugare le sue lacrime,
per curare le sue piaghe,
per non morire ogni volta che mi chiede "perché?",
Quando coi suoi grandi occhi grida "aiuto"!
Madre guardami
e abbi misericordia di me!
Passan gli amori
che volevan durare un eternità
come passan le stagioni
e poi gli anni come la vita
le sue tempeste, e suoi cicloni
e sempre ancora, cambierà.
Se oggi non più, è come ieri
e domani ancor, più nuovo sarà
quando con me, tu ancora c'eri
continuo moto senza fine
nel suo lento, e inesorabile viaggiar
dove solo, la mia memoria
fotogramma, sulla nostra storia
potrà tutto, con la mente mia fermar.
All'ugual potenza di uno scoglio
che fermo, e immobile nel tempo
è contro tutto, contro il vento
e se il vento anche tutto, poi farà
muovere, e trasformare
come le onde del suo, più irruento mare
ma alla fine, solo lo scoglio lui saprà
ogni onda del suo mar, per sempre arginare.
Che meraviglia, la vita mia
che vicino a te, sembrava infinita
e splendidamente intensa
nel tenerti stretta, tra le mie dita
e così tanto, forte a me
mentre il cuore mio rideva, di gioia immensa
e straripava nell'esser tutto, pien di te.
E dentro le mie mani, posseder il mondo
e dai miei occhi, vederlo come infinito
e in esso poi sentirmi, più forte ancor
al riparo, da tutto il male intorno
da far vibrar in me, tutto il mio amor
per te e per quel, meraviglioso sito.
È il mio mare, ed è sempre lì
e forse, per l'eterno
d'estate, come d'inverno
di giorno, come di sera
è un naturale cinema, la mia scogliera
col cielo, il suo grigio schermo
e io a osservar, quel dolce viso
lungo un orizzonte, che il mar dal cielo
da sempre, ha diviso.
E poi vederlo calar giù, il mio sole
fino a svanir, al passar dell'ore
ma una altra luce questo cielo, non ha tolto
quand'al tramonto, di un mite inverno
lascia assoluto spazio, a quel dolce volto
che sempre lì, rimane fermo
e sembra forse, per l'eterno.
E per rabbia, tiro un sasso
come a voler, bucare adesso
nell'acqua, il suo riflesso
ma se svanisce, per un po'
presto torna, con un dolce no
perché mai vuol cancellar
la mia memoria
quella nostra, favolosa storia.
Ma è pur sempre
vera meraviglia, questa vita
anche quando lei, mi appar finita
finché mai non giungerà, al suo esaurimento
se il vero tesor mio, è la mia memoria
che mai, vuol dimenticar
in ogni luogo, in ogni momento
dove in essa, posso sempre ritornar
al primo giorno, che la incontrai
e quando proprio quella, Le regalai
com'era rossa quella rosa
la stessa che qui rinasce
tra questi scogli, di bonaccia
affacciata e timorosa
e come qui, ai miei pensier si affaccia
sempre quella stessa
nostra storia favolosa.
Ricordo quand'ero bambina
come odiavo il sapone
che bruciava gli occhi
e mi faceva arrabbiare.
Nuvole di borotalco
volavano nell'aria.
Poi mi sedevi sul tavolo
le gambe a penzoloni
nelle scarpette bianche.
Le tua mani tra i miei capelli,
lo strofinare della spazzola
che scioglievano i nodi
di quei riccioli ribelli.
E tu pettinavi ciocca a ciocca
piano piano per non farmi male
mentre io urlavo capricciosa.
Le belle mani pazienti
dividevano i capelli,
intrecciavano il castano lucente
di quella chioma di bimba.
Davanti sempre il tuo viso
come specchio del mio esistere.
Ancora un attimo dicevi...,
io con i miei 'nò e i miei 'bastà!
Ma se ripenso com'era bello
il tocco delle tue dita leggere.
Poi sul tuo volto specchiavo
le mie trecce, due fiocchi rossi
più grandi del visino.
Il tuo sorriso... e mi sentivo bella.