Poesie personali


Scritta da: Nello Maruca
in Poesie (Poesie personali)

Il grande

Se vuolsi propalar d'animo eccelso
produrre non convien ch'à scarna mente
ché da tal labirinto sarebbe insulso
lo districar mancando lo previdente.

Qui m'appropinquo a dir di galantuomo
sfrontato qual son'io, senza ritegno,
lungi da foggia di forzuto uomo
così, dell'Insigne che scrivo, non son degno.

Lo cor ch'è d'alto rango, in gentilezza,
spinge la mente reietta a darsi vanto
che bassa non è ma di mezzano razza;
scuotesi, indi, e al cor pretende conto.

Poscia la mente corre al prim'incontro,
rivive i prim'attimi e al ricordo
s'affaccia del viso al sorriso pronto,
alla dolcezza del sincero guardo.

Accline alla bisogna, protettivo,
negazione mai proferisce verbo
ché per altrui l'amor che porta è vivo;
nel dir di sentimento nutre riserbo.

Convive le tre virtù teologali:
la Fede, la Speranza, la Carità.
gli uomini, per lui, siam tutti uguali,
e l'alma ha pregna di magna bontà.

Parmi aver già scritto ch'è galantuomo
Sconvenevole tacer ch'è anco gentiluomo.
Composta giovedì 4 febbraio 2010
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    Scritta da: Nello Maruca
    in Poesie (Poesie personali)

    XCV

    Avendo maggior quiete l'alma toccato
    Per dell'anno lo primo ciclo di studio,
    per sua determinazione e grazia di Dio,
    degnamente masticato e superato,

    di ritorno a casa, un poco affaticato
    e ancor turbato per continuo rodio
    da fort'ansia che nutrice nutre nell'io,
    pel grave presentimento palesato

    affretta il passo ad accorciar la via,
    per porsi accosto all'affettuosa
    donna di languido seno, in nostomania.

    All'apparire della campagna erbosa
    Chetasi l'esagitato, nobile core
    Scevro di colpa, colmo di calore.
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      XCIV

      Se vero è che chi semina raccoglie
      Diversamente non può, quindi, porsi
      Avere i pomi e giammai i torsi
      Chi del dovere le fatiche sceglie.

      Se, poi, del bene l'indirizzo coglie
      l'intimo non è tocco di rimorsi
      è pensieri la mente nutre inversi
      Che se ribelli, annulla e scioglie.

      L'unità di misura è certo colma
      e, lo contenitore non è raso
      Se a fatica si dona corpo e alma.

      Indi temere non avere il colmo
      Lo può lo portoghese d'ozio invaso,
      non chi di pregio grande quanto l'olmo.
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        XC

        Se di Machiavelli e Tasso hai tanto
        Detto scarsa mi pare la descrizione
        Dell'Ariosto, gradirei più spiegazione
        Perché, pur'egli, di grand'uomo ha vanto.

        Nella foga del dire, poi, di cotanto
        Senno m'è svanita dissertazione
        Ma ora ne fo ampia ricostruzione
        Pure declamando d'Orlando qualche Canto.

        Fu capitano della rocca di Canossa
        E s'innamora d'Alessandra Benucci
        Già sposa del mercante Tito Strozzi;

        Diviene poco dopo sposo d'essa.
        Di Satire due dirette ai Malaguzzi,
        nell'altre di curie dice fatti e pasticci.
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          LXXXIX

          L'ansia è una iattura tante volte
          Strana che l'umanità tutta pervade
          E inesorabilmente sull'essere ricade
          Dando all'esistenza perverse svolte.

          Come dal ciel le nubi il vento ha sciolte
          Così l'ansia dal cuore ai piedi cade
          E l'animo qual miracolo l'evade
          E mente repentemente idee ha colte.

          Indi, lo giovane serioso e mesto
          Ove ha segato introduce innesto
          E dice di Tasso, Machiavelli e Ariosto.

          Del cinquecento, dei Grandi, linee traccia
          Spingendosi più avanti del richiesto
          E di disquisizione impronta lascia.
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            LXXXVIII

            Non ti crucciare senz'alcun motivo
            E i pensieri cattivi scaccia da mente
            Ch'essi sono tignola invadente
            ad attristo di qualsivoglia viso vivo.
            Ogni casato possiede un distintivo
            Il nostro, nel mezzo, evidenzia niente
            E ancora peggio lo vedi, specialmente
            Se lacrima lo cuore ed è emotivo.

            Immane è la nostra disgrazia
            Ma è pur vero che nella sfortuna
            Dio ci ha omaggiato pure qualche grazia.

            Dalla vita prendiamo quel ch'è meglio,
            scacciamo le miserie una a una
            e teniamo lo spirito alto e sveglio.
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              LXXXVII

              Avendo sciorinato esperta dottrina
              Pago e lesto s'accinge a rincasare
              Che di buona nuova vuole spalmare
              Colei ch'arrabatta tra campo e cucina:

              Per tranquillità vuol dir come cammina
              E non cantare di se e se vantare
              E manco per pettegolezzo raccontare
              Ma solo serenare di casa sua regina.

              Sicura, figlio, del tuo buono andare,
              forte serpeggiami un presentimento
              che dire vorrei ma non so spiegare.

              È come se in fondo a dritta via
              Calasse un improvviso oscuramento
              E ti smarrissi nell'oscura via.
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                LXXXVI

                Cinque interruzioni furon mirate
                Quasi a ingarbugliare la matassa,
                ma dolcier'esperto rammenta glassa
                pur se mille di torte ha impasticciate.

                Così le sospensioni indirizzate,
                A modo e arte, restare repressa
                Lingua e turbar del cranio la massa
                Non han le braci spento m'attizzate.

                La continuazione è lì ripresa
                Trovando il professore sbalordito
                Di cotanta dottrina sì tant'appresa.

                La bronzeo viluppia (1)all'andito appesa
                Avverte che lo tempo s'è partito,
                indi, l'attività verrà doman riaccesa.
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                  LXXXV

                  È come se quell'aula fosse vuota,
                  nessuno sogna di dare disturbo
                  a rispetto ai docenti di gran garbo.
                  Comincia, allora, a dire donde ti ruota.

                  Con la perspicacia che lo connota
                  Entra a dir di Garibaldi senza conturbo
                  E ogni cosa racconta a tutto verbo
                  E nei particolari si tuffa e nuota.

                  Indi comincia col Rinascimento
                  E di civiltà letteraria e artistica
                  Ampio ridonda di ragionamento.

                  Qual'avvocato che accora arringa
                  E nel caloroso dir tien forma stilistica
                  Sciolta, così, è d'egli la sua lusinga.
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                    LXXXIV

                    Vorrei avere da te l'impressione
                    Di questi mesi dati a sgolamento
                    Sperando aver dato sostentamento
                    Dilla tu, ora, però, la lezione.

                    Comincia a darci di Storia ogni ragione
                    Di Garibaldi parla e del Rinascimento
                    Dando, fin'oggi, il completamento;
                    di quanto chiesto dona specificazione.

                    La prima giornata è di torchiatura,
                    ne saranno altre, ancora più dure
                    alfin che non cadiate a bocciatura.

                    Quanto, perciò, facciamo non è dispetto
                    Ma arricchire voi di doti e culture
                    Perché v'abbiamo a massimo rispetto.
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