Risveglio del respiro e in un attimo ti senti forte. È così semplice esser felici? Chiudi gli occhi e vedi l'anima apri gli occhi, non sognare... nella notte senti un suono hai paura? Non pensare... nella notte senti il cuore battere non aver paura, senti il suo calore... vieni stretto da un abbraccio forte invisibile ma percepibile brividi toccano il tuo corpo... il tuo cuore batte ancor di più e allora... sei felice? Non sognare... Ascolta lo scandirsi del tempo ignoto che hai a disposizione per lasciare un segno ma per la vita che ti è stata donata Sii felice...
La fragilità dei tuoi occhi alimenta il moto oscillatorio della mia bieca felicità. È sulle onde di questa pura armonia che naufrago tra ragione e intima follia.
Ho ascoltato il Tuo battito nel silenzio del nido che Ti ho preparato. Ho provato a ricostruire le Tue emozioni, bisbigliandoti melodiche parole e leggendo con le mie mani ogni Tuo movimento. Ho dormito accanto a Te per farmi cullare dal Tuo battito. Ed ora che pochi giorni ci separano dal nostro primo incontro, quest'attesa diventa più lunga dei già nove mesi trascorsi senza leggere i Tuoi occhi. Ho pianto per averti, e quante volte ancora piangerò per non separarmi mai da Te.
Presto il Tuo vagito porterà più calore del natale che è alle porte, e l'attesa di incrociare i Tuoi occhi è un brivido universale!
Fiore nero: rabbia che spinge lontano, dentro le viscere dell'ansia; una ribellione immota si aggrappa nelle ancore della solitudine. Evita le parole nuvole dentro, fulmini e pioggia sul fiore nero.
Rabbia: un respiro affannoso, dolore, un buio fitto intraprende la mente...
Viscere che si rivoltano solo al pensiero, attimi di collera sfociano in parole contratte da spasimi. Parole non parole, alito senza fiato, solo rabbia che ribolle.
Fiore nero: come il cielo di una notte senza luna.
Urla nel silenzio: non parla il cuore non parla la mente solo l'istino di una verità. Giullari di cera cantano vittoria nella corte decrepita di un vecchio palazzo.
Ancora urla: l'apparire nascosto dietro simulacri stantii di buonismo e pentimento, l'uomo parla mille lingue danza il suo futuro più nero, non pensa la mente gioca solo l'interesse...
Cattedrali vuote erette nel profitto e dalla rabbia di chi è costretto a costruire in giorni tutti uguali, chiuso nella discarica di un volto senza tempo.
Giullari di una corte svanita e pagliacci di un tempo reale...
La poesia è una terra d'approdo, una casa madre, un paese amico Un luogo d'incontro, un continente Vi si rispecchia l'anima insieme alle stelle Sconfigge la solitudine, crea i legami dello spirito trascende i confini, supera il piccolo si lancia nell'azzurro trascina con sé Senza il peso greve del giorno spuntano le ali alle parole sospinte dal verso.
Un carnevale Abbiamo sentito l'alito caldo sotto la maschera madida di sudore. Abbiamo ballato per ore senza scambiare parole, sbirciando gli occhi dal cappuccio di fodera nera. Senza vederci abbiamo sentito l'amore. Una sala improvvisata sotto un'aria di fritto, una grassa risata. Un bancone diritto da dove pioveva buon vino. Un febbraio clemente, che ci dava ristoro. "Unu ticcù e abbardente" in una mischia dai ninnoli d'oro. Confusione e schiamazzi che quegli anni facevano pazzi ed irresponsabili, vogliosi di solo piacere, amanti di mestiere per poche serate. Son passate le stagioni dei gai stornelli, abbiamo buttato la maschera perché la vita ci ha chiesto il lasciapassare. Gli anni sono più avanti, ma di carnevale, anche se per pochi istanti penso a un amore di poche serate. A un forte pensiero spento con le grandi chiassate. Ora è tornato il silenzio, e la vita non ci fa più passare in quello stretto pertugio che portava alla sala. Ora c'è la luce solare. A questa non possiamo mentire, non ci è concesso trasgredire di nuovo. Chissà dove sei, e come ti chiami. Forse ancora mi ami, o ami quel cavaliere che mai avrebbe saputo di poter dare piacere. Ci voleva la maschera per poter diventare un'amante di razza anche se per poche sere. Chissà se ci pensi e se lo fai, spero tanto che i sensi ti facciano fremere ancora. Per me si è spenta l'aurora, e nel sole che al tramonto scolora cerco ancora il ricordo di un viso che ancor oggi mi ignora.
Camminare sopra un arcobaleno, nei ritagli nel cielo in un angolo nell'immenso celeste e navigare a vista, godendo di vertigini e di altezze. Librarsi leggero e sfarsi nei versi, diventando noi stessi poesia, Lasciarsi prendere da intrigo e magia, non sentirsi di carne, muoversi informi e insinuanti come il fumo o il vapore, assecondando il vento che spinge ad altezze diverse. Fra le stelle che sanno fin troppo di vizi e delle cose terrene perché anche il più alto o più dritto fra gli uomini giusti appare un po' zoppo, davanti alla purezza del loro splendore.
Ho cercato di inseguire le ali che tu stesso mi hai creato ho cercato di aprirle per farle brillare nelle stelle le stesse stelle che cadevano in un girotondo sereno di noi ho cercato di volare più in alto possibile per restare in silenzio nelle tue notti più buie ho cercato e riuscendoci quelle ali sono scivolate lontane e ora che posso solo camminare vorrei ali di rondine per migrare lontano.