Mi chiedo cosa hai provato quando la morte ha bussato Quando hai sentito vicino la tua fine. Quando il presente era già un ricordo. Quando ogni ricordo diventava presente. Quando il tramonto non aveva il sapore del domani. Quando le parole da dire erano troppe, e il tempo troppo poco. Quando avresti voluto dare o ricevere un abbraccio. Quando non hai la avuto ne forza ne coraggio di chiederlo e di farlo. Quando la vita ti ha preso i sensi, in attesa che la morte si prendesse. Il tuo corpo il resto. Quante cose in sospeso da dire e quante avresti dovuto e potuto sentire. Spero solo che tu abbia trovato la tua pace.
Ossessione diventa ciò che ti toglie il respiro il sonno l'appetito. Ossessione per quel amore che non puoi avere che non ti vuole. Per quel traguardo, raggiunto da altri. Da te ambito e voluto fino a stare male. Ossessione di una mamma che non dorme vegliando su un sonno che non ne ha bisogno. Perché tranquillo è. Ossessione per la vita spinto dal terrore della morte che sai lì e che non vuoi. Ossessione tormento, sgomento, per le incertezze che non sai vivere. Alla ricerca di una certezza che non hai.
Vorrei poter fermare il tempo, ora in questo istante. Non in quello di ieri che è già passato. Né in quello di domani, che troppo incerto è. Domani che preferisco sognare ed immaginare. Vorrei poter fermare il tempo. Fra i ricordi del passato, l'emozione del presente i sogni di domani. Fermarlo in questo istante... qui con te.
Donna perché stridi e ti lamenti? I tuoi tormenti sono gridi di disperata e indomita libertà di quell'anima dannata che da sempre hai tenuta nascosta, occultata dalla debole figura che si mostra nei gesti quotidiani, negli atti e nelle generose mani di colei che crea. Libertà prigioniera di una casa senza finestre perché rea di qualche colpa passata scontasti la pena della stirpe tua e guardando vagabonda la scena del mondo, apparenza del reale, credi, illusa, alla saggezza come conoscenza del bene e del male.
Raccontami, di come tu guardi il mondo da lontano, di come vedi gli uomini fare all'amore e piangere per le loro emozioni.
Narrami, il cammino dell'anima, il cammino dell'anima mia, che muore e risorge come il giorno e la notte.
Accarezza, piano il mio viso, piccolo petalo di un giardino fiorito, e asciuga le lagrime di un uomo caduto nel vuoto di una fragile vita.
Accompagnami, nel sogno di un'esistenza infinita, come Virgilio nell'inferno divino, e non lasciare mai la mia mano affinché io cammini sicuro.
Ma, dopo tutte queste fatiche, riposati, amore mio, e lascia ora che io vada nell'unico posto dove tu non potrai venire.
Rallegrati, della tua vita e del tuo divenire, o dolce compagna di una passeggiata terrena, e non essere triste per il mio destino: il paradiso e l'inferno sono una cosa sola.
I sogni son desideri... i desideri ci proiettano verso una meta, la nostra meta è ciò che noi siamo dentro, la mia meta sei tu, siete voi, sono loro...
ma so che non basterebbe l'insieme della vita di tutti noi, per capire l'entità di uno solo di noi.
Sollevo una piuma per pesare il tuo Amore, respiro il mare per sentire il tuo profumo, osservo un tramonto per perdermi nel tuo calore, ma respirarti vicino è ghiaccio che scioglie lava e le speranze scivolano su terra arida che assetata le imprigiona.
Sorridi!! Sì! Sto pensando a te Canta... le note che si diffondono nella stanza riempiono i muri di ricordi, d'immagini che la vita ci ha donato e che ci regala ogni giorno... Piangi... tutto prima o poi ha una fine... momenti spensierati, quando l'età permetteva di essere ingenui, momenti carichi di tensione per un presente che ci sta stretto e l'età ci impedisce d'ignorarli, momenti dove la lontananza aiuta a comprendere quanto qualcuno ti possa mancare, momenti d'incontri dove tutto ha una conferma... Amore? Esiste qualcuno che n'ha mai capito il senso? Può il cuore d'ogni persona battere allo stesso modo e confermare che esiste? Guardare una persona negli occhi e desiderare non poterla mai dimenticare forse...?
Ne ho dipinto il sorriso con le tempere più calde Ne ho suonato la voce sfiorando tasti d'avorio pregiato Ne ho danzato l'allegria tenendo il passo d'un ritmo latino Ne ho cantato la tristezza, accompagnato dalle cicale Ne ho fotografato il corpo come fosse un panorama Ne ho scritto le parole con inchiostro su carta d'Amalfi Ne ho recitato la vita, nella piccola parte che mi spettava. Adesso non ho più tempere, né un pianoforte, non un tamburo che scandisca il tempo. Non ho più un prato con le cicale, non ho pellicola, non ho carta lavorata a mano, né un teatro che mi ascolti. Ma se solo per questo volessi smettere di dipingere, di suonare, di danzare e di cantare, di immortalare pose, di scrivere e di recitare, allora si, smetterei anche di vivere.