La casa buia e le finestre chiuse Non serve luce al fantasma che s'aggira per le stanze vuote con un libro in mano. Non sono più del mondo Il "fuori" non esiste più Solo un passivo "dentro" Solo quest'inutile libro che cade dalle mie mani legate nel silenzio della mia bocca che il tuo cuore pavido ha cucito Io posso esistere anche così Ma non posso più darti niente.
Il maestrale ha soffiato Nei miei occhi il suo Muro gelido, nel secchio scuro Il polipo muove l'acqua, non abito mai, le mie ali sbattono sui tuoi seni irti attaccati nell'aria, Divinità spogliata, strappata a se stessa viene con il sue pube di potenza, fiore di mandorlo che si gode il cielo, la luce nel suo polline, il giallo, la campana, il solco sulla terra, ho ammazzato i miei occhi a guardarti le anche sfiorate dalle tende, annusate già dalla penombra dov'eri più bella, Oblio e Rinascenza, ieri, oggi, chissà, sotto la veste il nero increspato come la cerosia scrutavo, le chiavi nelle tue mani, piacere che ha invaso a cascate, l'anima lasciata la dov'era moriva, trasformato in colei che amo non sono più, le mie labbra cadute sui tuoi piedi bianchi, la stanza e il sangue, il bicchiere col rossetto impresso, la goccia del sudore della tua carne, il ghiaccio, gli amati lamenti. Luna nuova, Giove porta fortuna, Alba, un tempo noto con un lampo nel primo corso nel cielo arrivai a te, nei tuoi occhi riposi i miei vividi, apparvero i mondi, le terrazze e bevvi nei calici le tue offerte, l'oro era, l'oblio, e quando fui ubriaco felice, condor sui crinali delle cime, tu fosti irriverente apparenza, meretrice.
Non vedremo più i tamerici avvinti all'assetata luce nembo o vortice che assonna i lidi dal mare irrompe in spume, torneremo alla tempesta che sparpaglia un'acqua a un suolo che barbaglia, ricorderemo ch'era l'ambra il presagio, il cane impazzito che abbaia.
Fosse vera la chimera che mi chiude la vista a una verità piu grande l'accoglierei, spalancherei l'ultima aria, ma non sono ne saremo mai quella fiaba amorosa che l'occhio umano talvolta ubriaca.
Allora rimarrò qui tra il nulla e il vuoto sperduto senza lasciare traccia.
Mi eri troppo piaciuta sui colli fronzuti d'erba Che odono l'oblio lento di mare che l'anime fa placare. Nell'ore molli come l'ostia sui rovi solitari e crespi tacita l'estate, camminavi e sorridere ti fu facile e ascoltare il suono del mondo tanto che il tuo pallore divenne vermiglio come gelsi luccicanti di fulgore solare, bella più che mai, mai così ti vidi!
Se sorridi tu che di rado lo fai, la terra fiorisce d'improvviso, la sera soffia sui granai galoppanti ed è festa per le verdi campagne. Dammi la tua mano chiara fresca di fontana E allieta la mia casa Li dove estua nera l'uva arrampicata e la notte si adagia.
Dondolano i tuoi capelli castani Per l'aria vive e si dilata il sogno che regala. Vieni, usciamo, so che hai l'anima ingombra! Vieni tra le ristoppie a scoprire un eremo tulipano, non ti negare, ti sembrerà l'aprire, un dolce rinsavire in petto un vivere tra l'argento lontano dal tempo andato, vieni a camminare sul tramonto infuocato.
Nelle tue labbra febbrili di avida vita sconvolta amai quei sentieri di porpora del piede desto e della tua marmorea coscia dove palpita e trasuda ogni nascente abisso. Vita, troppo vita in te abbonda e per le mie sgorga di un piacere che fu per te un incendio.
Era l'occulta notte, e nel silenzio una bocca di schiuse voglie ardenti la tua, che m'illuse innanzi le tue mammelle divine ignude, su cui cadde la pioggia celeste e la mia corona sul diffondersi delle tempeste dei baci più forti della morte.
Ho sentito il tuo amore E tu mi hai donato il tuo, come fai a scrutare dentro i miei occhi a scendere le scale che portano alla mia anima ti dicevo, niente potrà mai dividerci, dico a te, ascoltami vita mia, sangue mio, sei fredda, sto parlando con te, ti chiamerò col tuo nome e ti sveglierò dalla sofferenza è uscirai dalle porte che ti hanno chiusa, farò scorrere il tuo sangue ancora, ovunque tu sia la mia immagine e dentro la tua mente e nel tuo cuore intrecciata, c'è oscurità ma sono di fronte a te, ti farò rivivere e non potrai morire più, con le stelle parlavamo, alzati e torna da me, mille anni sono passati, dico a te, ascoltami, io e tu, per sempre, io e tu soli, non esitare, antica è la nostra passione, apri gli occhi, il dolore sembra reale, le forze inabissate ho comandato, ho ordinato agli Angeli di sanarti, sorgi come sorge la luce, tengo la tua mano, sei lo splendore che squarcia il nulla dell'oscurità, sorgi anima mia e non andartene mai più
Cosa vedo nel tramonto? Più di una luce il tuo Volto ho visto e i tuoi occhi D'estasi caduti in me come La pioggia, che fresca mattina Sei stata, vestita di aurora, fertile come la terra nera bagnata e ricca di semi che spunteranno domani, novella come una lettera inattesa, come il tuono improvviso sull'aquila, ho inondato di baci le tue labbra, la polpa dei tuoi seni bianchi d'amore, le tue bianche cosce da cui mi sentii invaso, sgorgato dal pettine beato dei capelli oro, e ti ho sorretta con le mie braccia, sentito tremare il sangue ad ottobre mentre si spaccava l'aria. Ora vuoi abitare nel mio paese, nella mia stanza, mangiare le fragole con me, odo che il mio ventre freme dinanzi te nuda col colore della vita, frutto che ha il sapore della carne rossa sui tuoi fianchi, fremo incatenato alla tua anima, col cuore in piena, e la gioia che spinge nella notte celeste il fragore nella mia casa.
Ho attraversato la tua foto per giungere a te spaccando il vetro invisibile delle ore che ci separavano, col tuo sorriso raccolto nelle mie mani di barca e la mia voce strozzata per gridare il tuo nome sparso in un eco sulla tempesta salmastra.
Aspettavo te, ti stringevo fra le canzoni e ti chiamavo amore, piangevi che mi tagliavi il cuore nel petto senza lasciarti mai la notte ti scrivevo attaccati come due strade, e ti baciavo bevendomi il respiro, sequestrandoti le labbra per non darlo al tempo che andava vorace come un treno ladro di passioni.
Scivolavi nelle mie ossa che ti che ti amavano scrosciando la follia interna, vuotandoci del passato, parlavo ai tuoi occhi allegri riempendoti di memorie nelle camere sfinite coi piedi intrecciati in tante spine di rose che brillavano sotto le luci del mattino senza frasi vuote offrendo i nostri cuori al sole.
Sei parte di me, oltre gli strappi come chi ha bevuto acqua e sale disperso tra le viole e ti ho chiamato amore. Dicesti che c'è? Se non piangi e non sorridi che attimo è?
Vieni femmina o dea dai luminosi scurissimi capelli trame del mio zelo, occhi sorridenti di luce nera intrigo di una tenebra, o maga foresta bagnata e la terra dove come la rondine io sfiorandoti col petto ancora in volo trovai il mio cibo, sussurrai parole di senso diverso, gridandoti di starmi vicina con i nervi sfasciati e l'amore troppo forte per le mandibole bloccate, sotto sopra e dappertutto tu, tenda di velluto, un raggio caduto su un papavero, metà sull'acqua, follia, inciampo in una risata, tu dietro passo dopo passo verso me sicura giungi passandomi per l'anima, aprendomi la paura, vai incendiaria vittoriosa e già lontana. Sei l'estate e i frutti caldi di essa, sui tuoi rami sosto e coccinelle sulle tue mani si posano, verde, giallo e il colore, ho chiesto al mondo e ballato con l'universo a ritmo di jazz, ho urlato di darmi te, pietre, allodole, alberi, in tutto girando ti ho vista baciandoti le palpebre, giocando col tuo stranissimo anello, luce della sera, spavento, il nome ho scritto sulla nuda roccia del falco e lì oggi dimoro, nome della rosa, labbra brucianti come l'assenzio tu sei ignara ma io ti assaporo nella battaglia e nel crogiuolo t'invoco, profezia e versi, liquida immagine di uno specchio, vengo dal futuro, nella tua anima me ho lasciato vagabondo, odore, fuoco.