Poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia
Eppure, penna alata, questo corpo
pecca, cadendo a terra, e nel silenzio
il tonfo s'ode clamorosamente.
Sul foglio d'una strada della terra
la mano ch'è discesa nel mio piede
col moto di scrittura ch'è il mio passo
lascia s'imprima l'inchiostro dell'ombra.
L'occhio inveduto, attento, in quell'istante
avrà letto furtivo il contenuto.
Eppur ti illuderà con quella gomma
del successivo andare avanti ancora
d'avere cancellatolo per sempre.
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    Scritta da: Andrea De Candia
    Prono dalla vergogna della colpa
    corro coi lunghi abiti di onde,
    col viso che riversa dai suoi occhi
    ciechi di tante lacrime al suo suolo
    tutt'un dolore vitreo, musicale,
    all'alba, anche in estate si spalancano
    alla riva le assenze dei tuoi piedi
    da bagnare di tutto il mio me stesso,
    un carillon in forma d'una rosa
    suona la sua visione più concreta
    nel pentagramma ch'ancora risente
    del suo essersi fatto denudare
    dall'iniziali note delle nubi
    e il Sole, il Sole pur nel rimanere
    fermo in più generosa lontananza
    m'ha già fatto espiare e ora m'assolve:
    mi cinge dell'aureola d'un riflesso.
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      Scritta da: Andrea De Candia
      Quando io canto il suono del mio sguardo
      e la palpebra, petto coraggioso,
      fa sbocciare il suo fiore,
      apre al tocco del dito della luce
      il cuore oscuro della sua pupilla,
      quando esplorando quel celeste buio
      che rende me già simile a Demodoco,
      raggiungo il centro, arrivo a quella meta,
      ch'è il sommo buio biondo,
      comincio a raccontare nella folla
      impazzita dell'anima e del sangue
      e dell'ossa e degli organi, la voce
      tace, è silenzio dell'inascoltato.
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        Scritta da: Andrea De Candia
        Ognuno era un apostolo di luce,
        l'ultima cena avvenne nel celeste:
        ci fu una mano che sembrò spezzare
        il pane, il Sole, l'unica pietanza
        di cui a ciascuno offrì una delle fette
        che venne rifiutata dalle palpebre,
        miracolo, riuscisse ad apparire
        ancora intero: usciti dalla mensa
        verso il tramonto, volti al suo martirio,
        anche il colore della sua tovaglia
        cambiò, fu nero, segnalò il suo lutto
        e le stelle, le briciole rimaste
        e non spazzate via, né da lì tolte
        furon celebrazione del ricordo.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          Stanco di sobrietà che erano mostre
          di raggi, pelli lucenti di un essere
          che si porgeva a sorsi sulle labbra
          ch'avevano quel centro della bocca
          nell'occhio, nella sua pupilla chiusa,
          chiese per sé come se ragionasse,
          anzi scegliesse con la testa d'altri,
          un vino, un sangue d'anima celeste.
          E quel sorso, brevissimo momento,
          bastò a condurlo al sonno della Notte.
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