Ora che ti ho perduto veramente con quali rime canterò all'ingrato che mi ha mossa gemente alla follia. Dove andrò a rilavare queste vesti inondate d'amore, neanche un nume più mi vorrebbe tanto sono scesa dal mio cumulo ardente di preghiere. Nulla più che mi basti e piango e rido come una folle sopra la mia stele.
Al momento che l'anima si dona presa dall'improvviso, universale senso del nulla, io giaccio più compiuta e più ferma come la mia carne arida già, di già da trapassata fosse resa all'inferno. E veramente son'io diversa dalle tue pupille mamma, di morta, dalle lunghe ciglia che ti velano gli occhi addormentati? O compiuta, o terrena, o sempreverde, alimento degli alberi e del cielo santa natura bella come Iddio e dorata e fragrante, sempre desta sempre presente ho attorno la tua spoglia di madre, unta dalle linfe vive del sacrificio. Qui poveramente balsami non ti ho sacrificati. Preservata in eterno dai tuoi rami ricchi d'amore giaci e la tua faccia è un anello di quiete dopo le furie attive della morte.
1. Sarebbe facilissimo disgiungerti dalla prima tua idea, donna, non sai che legati hai dei cuori alle tue soglie come fossero vecchi malefizi. Te ne vai da noi tutti, controllata, sveltissima; sicura, "che gli incerti restino soli". Sembri dire astratta. E invece quando mai rincorreremo tutti noi che ti amiamo la tua ignavia, la tua dimenticanza senza fine?
2. Non partire da me che ti son lieve e bisognosa come una farfalla: ho bisogno di te, fusto ripieno d'ogni lena e fierezza per adagiare le mie ali strane. Tu sei troppo serrata nel tuo senno per sapere dei rapidi riflussi delle anime invece condannate a perpetue movenze. E io son snella ma non ho la granitica freschezza della tua inesprimibile violenza.
Arresa al paesaggio alle variazioni del verde m'adagio su me stessa. Il miracolo non accade e i germogli non muoiono. Ritorno più sola col peso delle negazioni e delle assenze, libera nel mio cielo di memorie, intatta donna seminata a piaghe.
Sul mio ventre non crescono dolcezze. Arido muschio ed escrescenze, pustole. L'acqua volge il capo altrove ogni mattina e sempre più malvagia si fa la mia vagina infeconda.
I giacinti vogliosi, le turrite margherite gialle e quel canto di stelle filanti. Tutto inghiottito dal paradiso di cicale allocche dai mesti funerali d'albe spente.
Le ore spente le spente chimere di lumi che fuggono angosciati. Morti lasciati lì a imputridire nel soffio deleterio dell'abbraccio di ragni troppo grandi troppo orrendi.
Non c'è pietà per gli orli, pei tamburi che restano chiuso dentro il sogno del suono. Vanno a schiera le svergognate aurore a passo lento e non una che sosti non un brivido che le costringa o le condanni al giogo dolce dei miei sussurri.
La Deutzia fiorisce invade l'aria di sussurri belanti occhi perduti nel periplo di nomi eclatanti, nel guasto impero della dissolvenza. Invocare la nebbia! Nell'imbuto delle sevizie rimanevo al palo sterzando gli occhi al bulbo del rimastico nel fulcro cielo di chissà che mese.
Così rifulse il resto di memorie in arbitri, rare spoglie, scorie d'ingenui cimiteri. Che potevo farci delle metafore issate in bella vista delle corride sotto il solleone nel sudore sanguigno neutro sporco dei gridi dei tori fatti a pezzi nel ludibrio ingannevole d'un'alba che a passo doppio corteggiava orrori?
Vieni, mio dolce amico: sulla bianca e soda strada noi seguiteremo finché tutta la valle s'inazzurri. Vieni: è tanto soave camminare a te d'accanto, anche se tu non m'ami. C'è tanto verde, intorno, tanto odore di timo c'è, e sono così ariose, nell'indorato cielo, le montagne: è quasi come se anche tu mi amassi. Arriveremo giù, fino a quel ponte sorretto dallo scroscio del torrente: là tu continuerai pel tuo cammino. Io resterò sul greto, fra i cespugli, dove l'acqua non giunge, fra le pietre chiare, rotonde, immote, come dorsi di una gregge accosciata. Col mio pianto vitreo, pari a lente che non pecca, io specchierò e raddoppierò le stelle.
È ancor Titano che mi rappresenta e prende fogli bianchi per scrittura e mi trova mutevole, ma bella. Ma tu come mi vedi se ti sporgi lungo le acque della fantascienza? Potrai dire che trovo inusitate cose dell'ombra e ho prodigiosi aspetti, a volte, nelle stanche cartoline che appaiono sfiorite sui giornali.