Scritto da: Pino Conte

La Bella e la Notte

Capitolo: 3 - Occhiate

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...realtà ero incatenato ai ceppi, recluso in una cella d’isolamento, una cella a cielo aperto in cui i giochi erano già fatti; io potevo solo assistervi, in silenzio, illudendomi di partecipare, perché ero solo una comparsa, una comparsa minore destinata a non incidere sulla scena. I miei sforzi, il mio lavoro, le mie illusioni, si diluivano nella fortezza medievale che mi teneva prigioniero, una fortezza inespugnabile che si allargava tutt’intorno a me, protetta dal ponte levatoio, dal fossato, dai cannoni sulle torri, puntati verso il basso. Puntati verso l’aggressore dell’ordine costituito. Va bene, non mandavano le guardie armate a prendermi, e potevo spaziare, nella mia corsa, e prendere le direzioni che mi pareva; va bene, sul torrione più alto il tricolore declamava “La legge è uguale per tutti”. Tutti uguali, ma lì, nella fortezza, nella prigione, non si entrava, nel carcere al contrario era precluso l’accesso, chi ci stava dentro era al sicuro, chi stava fuori s’arrangiava, e se non ci riusciva tanto peggio per lui; il carcere al contrario era al servizio dei potenti, per proteggere le loro posizioni, i loro privilegi, le loro garanzie. I veri detenuti erano coloro che ne stavano fuori, che s’illudevano di essere liberi ... [segue »]

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