Sergio, mi conforta vederti scrivere così tanto (quelle che io chiamo lenzuola, o lingue di cane). Significa che "senti" l'argomento, ed è un ottimo segno. Tento di risponderti punto per punto.
1) Non potrai mai chiamarmi "filosofista" o "teologista", perché filosofismo e teologismo non esistono (ancora). Lo scientismo invece sì: (a beneficio dei terzi che dovessero leggerci, ricopio papale papale l'articolo di wikipedia): <Il vocabolario Devoto Oli, ed. 1990, a pag. 1722, descrive lo scientismo come quel "movimento intellettuale (...) tendente ad attribuire alle scienze fisiche e sperimentali e ai loro metodi, la capacità di soddisfare tutti i problemi e i bisogni dell'uomo". Il vocabolo assume spesso un'accezione negativa "per indicare l'indebita estensione di metodi scientifici validi nell'ambito di scienze particolari (come quelle naturali) ai più diversi aspetti della realtà, con pretese di conoscenza altrettanto rigorosa".
Nella storia della filosofia, lo scientismo nasce in Francia nella seconda metà dell'Ottocento, da una costola del Positivismo, sia come termine che come concetto, per indicare l'atteggiamento intellettuale in base a cui il sapere scientifico deve essere a fondamento di tutta la conoscenza in qualunque dominio, anche in etica e in politica.
Per estensione, è una posizione filosofica che ritiene rilevante da un punto di vista conoscitivo solo ed esclusivamente la scienza (nelle sue varie branche, a partire dalle scienze fisiche).
Quest'accezione del termine, originata dal Positivismo, ritiene che l'universo sia essenzialmente conoscibile, ma che nessuna conoscenza sia accettabile se non stabilita dal metodo scientifico. Pertanto è respinta ogni forma di metafisica tradizionale.
Dal XX secolo, il termine ha prevalentemente una connotazione negativa, per criticare un dogmatico eccesso di fiducia nella possibilità di estendere con successo i metodi scientifici al di fuori dei loro ambiti naturali. Secondo le tesi del Convenzionalismo e del Costruttivismo, indica una mancanza di consapevolezza del fatto, supportato dallo studio delle grandi rivoluzioni scientifiche, che l'intero approccio epistemologico della scienza, i suoi metodi, i contenuti e lo stesso paradigma dominante in una data epoca storica sono soggetti a continue variazioni, e non possono essere fissati una volta per tutte.
2) Non credo dunque ti sarà mai possibile una verifica sperimentale dell'esistenza di Dio, per il semplice motivo che Dio non è un oggetto esterno o un fenomeno naturale, ma un'entità concettuale di natura soprannaturale o preternaturale, che oltretutto comprende noi stessi. La prova dell'esistenza di Dio non potrà, dunque, che essere individuale, personale, soggettiva, e di natura non razionale.
3) Questa faccenda del rifugio in credenze a lenimento del dolore o delle offese della vita esula sinceramente dalla mia esperienza personale. Per quanto mi riguarda, sin da quando ho avuto uso di ragione il mio problema principale è stato di natura esistenziale (chi sono, da dove vengo, dove vado), e ciò senza dolori o offese di sorta, ma anzi in una condizione di vita invidiabile sia dal punto di vista materiale che dal punto di vista affettivo. Sin dall'età di 10 anni passavo notti intere al cannocchiale ad osservare il cielo, e mi ponevo (e ponevo agli altri) domande circa le mie origini ed il mio destino. Vero è che ciò era motivato da diverse percezioni ESP verificatesi sin dall'età di 5 anni; ma sicuramente senza alcuna paura del futuro o altri motivi che mi dessero desiderio alcuno di rifugio. E' vero che poi sono venuti dolori e offese di ogni sorta; ma ringrazio Iddio di avermeli mandati, perché solo in quei periodi ho avuto modo di riflettere, di comprendere la vanità delle cose materiali, il valore di quelle morali... Dolori e angosce hanno la forza di abbattere alcuni, ma anche l'effetto di rendere altri giganti di fronte agli ostacoli. A me pare dunque che tu consideri (troppo semplicisticamente) la religiosità come una via di fuga dal dolore, senza soffermarti sul fatto che invece è nella sofferenza, e non nella gioia, che si approfondisce l'introspezione, che la ricerca diviene vigorosa, pressante... e, spesso, che si "sperimenta" quel contatto con Dio che viene a costituire la PROVA (individuale e subiettiva sempre) che mancava. Per me, tuttavia, era "normale" considerare "normale" l'esistenza di una diversa dimensione, e dunque di un altro mondo e di un'altra vita. Ero cioè predisposto ad accogliere facilmente idee metafisiche, questo sì. Non era nel "rifugio", comunque, che vedevo l'offesa (non personale, ma all'idea), bensì nel termine "fantasia" da te usato quanto alla visione religiosa del mondo. E' appena il caso di notare che tale visione è correlata, anzi intrinsecamente connaturata, ad aspetti etici; Dio non è (creduto) solo perché E', ma soprattutto per quello che è (o si ritiene che sia), per i VALORI di cui è portatore. Orbene, asserire che Dio sia una fantasia di chi è religioso sostanzia proprio, a mio avviso, quell'atteggiamento scientista di cui sopra parlavo: scientista perché pretenderebbe di dimostrare, con la piccola ragione umana, l'inesistenza o l'esistenza di un qualcosa che per definizione, è estremamente superiore a quella ragione e a quei metodi di indagine. Fede è il credere, fede è il non credere: di fronte al problema di Dio e dei valori, come sopra dicevo, la scienza non può che tacere: non ha strumenti di indagine. (segue)
12 anni e 4 mesi fa
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Vincenzo, ogni criminale ha la sua specialità. C'è quello in giacca e cravatta, e quello (magari pugile) che esce di casa, e solo perché "gli girano", prende la prima passante che capita e la am*mazza di b*otte. Senza bisogno nè di denaro, nè di giacca e cravatta.
Nessuno ha l'esclusiva del male. Ognuno si arrangia come può.
12 anni e 4 mesi fa
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1) Non potrai mai chiamarmi "filosofista" o "teologista", perché filosofismo e teologismo non esistono (ancora). Lo scientismo invece sì: (a beneficio dei terzi che dovessero leggerci, ricopio papale papale l'articolo di wikipedia): <Il vocabolario Devoto Oli, ed. 1990, a pag. 1722, descrive lo scientismo come quel "movimento intellettuale (...) tendente ad attribuire alle scienze fisiche e sperimentali e ai loro metodi, la capacità di soddisfare tutti i problemi e i bisogni dell'uomo". Il vocabolo assume spesso un'accezione negativa "per indicare l'indebita estensione di metodi scientifici validi nell'ambito di scienze particolari (come quelle naturali) ai più diversi aspetti della realtà, con pretese di conoscenza altrettanto rigorosa".
Nella storia della filosofia, lo scientismo nasce in Francia nella seconda metà dell'Ottocento, da una costola del Positivismo, sia come termine che come concetto, per indicare l'atteggiamento intellettuale in base a cui il sapere scientifico deve essere a fondamento di tutta la conoscenza in qualunque dominio, anche in etica e in politica.
Per estensione, è una posizione filosofica che ritiene rilevante da un punto di vista conoscitivo solo ed esclusivamente la scienza (nelle sue varie branche, a partire dalle scienze fisiche).
Quest'accezione del termine, originata dal Positivismo, ritiene che l'universo sia essenzialmente conoscibile, ma che nessuna conoscenza sia accettabile se non stabilita dal metodo scientifico. Pertanto è respinta ogni forma di metafisica tradizionale.
Dal XX secolo, il termine ha prevalentemente una connotazione negativa, per criticare un dogmatico eccesso di fiducia nella possibilità di estendere con successo i metodi scientifici al di fuori dei loro ambiti naturali. Secondo le tesi del Convenzionalismo e del Costruttivismo, indica una mancanza di consapevolezza del fatto, supportato dallo studio delle grandi rivoluzioni scientifiche, che l'intero approccio epistemologico della scienza, i suoi metodi, i contenuti e lo stesso paradigma dominante in una data epoca storica sono soggetti a continue variazioni, e non possono essere fissati una volta per tutte.
2) Non credo dunque ti sarà mai possibile una verifica sperimentale dell'esistenza di Dio, per il semplice motivo che Dio non è un oggetto esterno o un fenomeno naturale, ma un'entità concettuale di natura soprannaturale o preternaturale, che oltretutto comprende noi stessi. La prova dell'esistenza di Dio non potrà, dunque, che essere individuale, personale, soggettiva, e di natura non razionale.
3) Questa faccenda del rifugio in credenze a lenimento del dolore o delle offese della vita esula sinceramente dalla mia esperienza personale. Per quanto mi riguarda, sin da quando ho avuto uso di ragione il mio problema principale è stato di natura esistenziale (chi sono, da dove vengo, dove vado), e ciò senza dolori o offese di sorta, ma anzi in una condizione di vita invidiabile sia dal punto di vista materiale che dal punto di vista affettivo. Sin dall'età di 10 anni passavo notti intere al cannocchiale ad osservare il cielo, e mi ponevo (e ponevo agli altri) domande circa le mie origini ed il mio destino. Vero è che ciò era motivato da diverse percezioni ESP verificatesi sin dall'età di 5 anni; ma sicuramente senza alcuna paura del futuro o altri motivi che mi dessero desiderio alcuno di rifugio. E' vero che poi sono venuti dolori e offese di ogni sorta; ma ringrazio Iddio di avermeli mandati, perché solo in quei periodi ho avuto modo di riflettere, di comprendere la vanità delle cose materiali, il valore di quelle morali... Dolori e angosce hanno la forza di abbattere alcuni, ma anche l'effetto di rendere altri giganti di fronte agli ostacoli. A me pare dunque che tu consideri (troppo semplicisticamente) la religiosità come una via di fuga dal dolore, senza soffermarti sul fatto che invece è nella sofferenza, e non nella gioia, che si approfondisce l'introspezione, che la ricerca diviene vigorosa, pressante... e, spesso, che si "sperimenta" quel contatto con Dio che viene a costituire la PROVA (individuale e subiettiva sempre) che mancava. Per me, tuttavia, era "normale" considerare "normale" l'esistenza di una diversa dimensione, e dunque di un altro mondo e di un'altra vita. Ero cioè predisposto ad accogliere facilmente idee metafisiche, questo sì. Non era nel "rifugio", comunque, che vedevo l'offesa (non personale, ma all'idea), bensì nel termine "fantasia" da te usato quanto alla visione religiosa del mondo. E' appena il caso di notare che tale visione è correlata, anzi intrinsecamente connaturata, ad aspetti etici; Dio non è (creduto) solo perché E', ma soprattutto per quello che è (o si ritiene che sia), per i VALORI di cui è portatore. Orbene, asserire che Dio sia una fantasia di chi è religioso sostanzia proprio, a mio avviso, quell'atteggiamento scientista di cui sopra parlavo: scientista perché pretenderebbe di dimostrare, con la piccola ragione umana, l'inesistenza o l'esistenza di un qualcosa che per definizione, è estremamente superiore a quella ragione e a quei metodi di indagine. Fede è il credere, fede è il non credere: di fronte al problema di Dio e dei valori, come sopra dicevo, la scienza non può che tacere: non ha strumenti di indagine.
(segue)
Nessuno ha l'esclusiva del male. Ognuno si arrangia come può.