E' interessante, Lucia, quello che dici. Interessante, perché pone un problema: è essenziale al cristianesimo, anzi meglio a ciò che Gesù chiamava il "Regno di Dio", credere che Gesù sia il Figlio di Dio? E' essenziale credere che Egli sia risorto? O è, viceversa, essenziale sentire dentro di sé la perfetta corrispondenza tra la sua parola e la voce della nostra coscienza, e riconoscere la superiorità della sua dottrina, e fare di tutto per adeguare a quei princìpi la propria vita e il proprio comportamento nei confronti degli altri e del mondo intero?
Se tu leggi le parole di Gesù Cristo, come tramandateci dai Vangeli, in nessun punto troverai altro se non un invito ad ESSERE e a FARE. Troverai addirittura rimproveri e invettive per coloro che affermano di CREDERE, e poi non manifestano il loro credere in un ESSERE e in un FARE.
Come diceva Lui, le pecore riconoscono la voce del pastore. E molte pecore lo sono senza saperlo. Ciò che distingue le pecore dai capri (volendo restare alla sua similitudine) è, in fin dei conti, null'altro che la BUONA VOLONTA'. La semplicità e schiettezza della coscienza e dell'agire. Il coraggio di ESSERE e di FARE anche senza il contraccambio di ricompensa alcuna, nè in un'altra vita, e neanche in questa stessa vita, nell'ammirazione degli uomini, ma solo per la NECESSITA' di operare secondo la propria coscienza. Questa è la sostanza del cristianesimo.
Ed è veramente singolare, e talora addirittura comico, che molti, presi dall'intento (TUTTO MENTALE) di rifiutarlo (il cristianesimo), arrivino a negare questi princìpi, o comunque a non accettarli ed onorarli pubblicamente (cosa che tu, invece, hai appena fatto, quantunque dichiaratamente atea); alla stessa maniera in cui è singolare e ridicolo che altri, rivestiti di tonache, paramenti sacri e riti e superstizioni di ogni genere, insegnino questi princìpi come derivanti da una sapienza di tipo teologico e sacramentale, senza riconoscere che essi sono scritti a chiare lettere nel cuore degli uomini senza bisogno di sacralità alcuna se non quella della natura e dello spirito.
Spesso, poi, la reazione dei primi (quelli che rifiutano il cristianesimo per partito preso) è determinata proprio dalle pagliacciate, dalle ipocrisie e dalle carognate dei secondi ("chi veste una risata": Guccini)...
Bisogna a mio avviso spezzare questo circolo vizioso. Esso si spezza solo nel RIFIUTO DI INTERMEDIAZIONI IERATICHE con Dio e la Verità. Ricercare Dio e la sua FORZA dentro di noi. Riunirci alla vera natura di noi stessi, ai nostri immensi poteri. Rileggere i Vangeli da pari a pari, e non da servi. Invocare e ricercare con ogni mezzo il contatto DIRETTO con la Verità, riconoscendola per tale nel profondo delle nostre coscienze, della nostra coscienza collettiva, identica per tutti malgrado le differenze di razza, lingua e "religione".
E' questa secondo me la grande rivoluzione che sola potrà portarci, finalmente, a superare le barriere che ci separano dalla realizzazione di ciò che Gesù chiamava il "Regno di Dio". E poi... chi fosse quel Gesù, potrebbe essere un piacere riuscire a vederlo e toccarlo con mano. Ma non è essenziale, se Lui stesso ha detto di essere venuto per servire, e non per essere servito.
12 anni e 4 mesi fa
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Per Sergio: inutile illudersi, non c'è crescita sociale o collettiva che dir si voglia senza crescita individuale. E la crescita individuale è culturale e spirituale. Non vi sono altre vie.
12 anni e 4 mesi fa
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Se tu leggi le parole di Gesù Cristo, come tramandateci dai Vangeli, in nessun punto troverai altro se non un invito ad ESSERE e a FARE. Troverai addirittura rimproveri e invettive per coloro che affermano di CREDERE, e poi non manifestano il loro credere in un ESSERE e in un FARE.
Come diceva Lui, le pecore riconoscono la voce del pastore. E molte pecore lo sono senza saperlo. Ciò che distingue le pecore dai capri (volendo restare alla sua similitudine) è, in fin dei conti, null'altro che la BUONA VOLONTA'. La semplicità e schiettezza della coscienza e dell'agire. Il coraggio di ESSERE e di FARE anche senza il contraccambio di ricompensa alcuna, nè in un'altra vita, e neanche in questa stessa vita, nell'ammirazione degli uomini, ma solo per la NECESSITA' di operare secondo la propria coscienza. Questa è la sostanza del cristianesimo.
Ed è veramente singolare, e talora addirittura comico, che molti, presi dall'intento (TUTTO MENTALE) di rifiutarlo (il cristianesimo), arrivino a negare questi princìpi, o comunque a non accettarli ed onorarli pubblicamente (cosa che tu, invece, hai appena fatto, quantunque dichiaratamente atea); alla stessa maniera in cui è singolare e ridicolo che altri, rivestiti di tonache, paramenti sacri e riti e superstizioni di ogni genere, insegnino questi princìpi come derivanti da una sapienza di tipo teologico e sacramentale, senza riconoscere che essi sono scritti a chiare lettere nel cuore degli uomini senza bisogno di sacralità alcuna se non quella della natura e dello spirito.
Spesso, poi, la reazione dei primi (quelli che rifiutano il cristianesimo per partito preso) è determinata proprio dalle pagliacciate, dalle ipocrisie e dalle carognate dei secondi ("chi veste una risata": Guccini)...
Bisogna a mio avviso spezzare questo circolo vizioso. Esso si spezza solo nel RIFIUTO DI INTERMEDIAZIONI IERATICHE con Dio e la Verità. Ricercare Dio e la sua FORZA dentro di noi. Riunirci alla vera natura di noi stessi, ai nostri immensi poteri. Rileggere i Vangeli da pari a pari, e non da servi. Invocare e ricercare con ogni mezzo il contatto DIRETTO con la Verità, riconoscendola per tale nel profondo delle nostre coscienze, della nostra coscienza collettiva, identica per tutti malgrado le differenze di razza, lingua e "religione".
E' questa secondo me la grande rivoluzione che sola potrà portarci, finalmente, a superare le barriere che ci separano dalla realizzazione di ciò che Gesù chiamava il "Regno di Dio". E poi... chi fosse quel Gesù, potrebbe essere un piacere riuscire a vederlo e toccarlo con mano. Ma non è essenziale, se Lui stesso ha detto di essere venuto per servire, e non per essere servito.
Marco Aurelio