Chi si professa "santo", fosse anche un sacerdote, un vescovo o lo stesso Papa, sicuramente non lo è, perché nessuno è santo se non uno solo.
Se poi si professa santo e punta il dito... peggio ancora.
Con ciò non dico che non occorra talora puntare il dito; ma contro le azioni, mai contro le persone. E senza mai professarsi santi.
Tra le azioni contro cui puntare il dito non mi pare possano rientrare i tatuaggi, da valutarsi solo sotto il punto di vista estetico e del buon gusto.
12 anni e 4 mesi fa
Risposte successive (al momento 3) di altri utenti.
Caro Nello Maruca, innanzi tutto non intendevo, credimi, farti colpe, nè sottoporti ad un esame, ma solo indurti ad esaminare con profondità quella tua affermazione del commento 13.
Non so se ti è mai capitato nella vita di andare incontro, pur in circostanze ed occasioni e con persone diverse, sempre agli stessi tipi di problemi. A me sì, e me ne sono fatto una ragione: SONO PROVE, che la Provvidenza mette sul nostro cammino per aiutarci a superare i nostri punti deboli, le nostre paure, talvolta il nostro orgoglio, eccetera.
E' inutile che tu mi spieghi i fatti: io già ne conosco la gravità per avertene sentito parlare, e per come ne hai parlato.
Se mi consenti un consiglio, tenta in ogni modo di vincere questa tua sfiducia. Tenta di vedere Gesù Cristo in ogni persona che ti circonda. Ogni essere umano, anche il più abietto, è uno spirito imm0rtale fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Ciò che facciamo a ciascuno di essi è come lo facessimo a Nostro Signore.
Pensa a San Paolo: era un persecutore dei cristiani, chi peggio di lui? Eppure vedi quale piano meraviglioso era in serbo per lui, e come dal più terribile persecutore egli si mutò in apostolo delle genti. Ora, anche il peggiore di quegli uomini che ti hanno offeso reca in sé la stessa identica scintilla divina che recava in sé Paolo di Tarso, che un domani potrebbe esplodere e mutarlo in santo. Aiuta quella scintilla a crescere. Spesso un atto di perdono, o un porgere l'altra guancia, ottiene molto di più che tante belle parole: è fede in azione. Lo so che è difficile, difficilissimo quello che ti dico, ma provaci. : ))
Fraternamente - Pino
12 anni e 4 mesi fa
Risposte successive (al momento 2) di altri utenti.
Lo so (vuoi saperlo meglio di me, che sulle nuvole ci sono di casa?); ma ci vivono senza fare uso della ragione. Invece, nuvole e ragione sono un cocktail esplosivo.
Senza presunzione, devo dire che, pur non avendone l'esclusiva, di questo cocktail sono uno dei pochi che ne conoscono la formula.
E ti cito 3 grandi della scienza.
Einstein: "la scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca".
Planck: " Il punto essenziale è che il mondo delle sensazioni non è il solo mondo che può ragionevolmente esistere, ma che vi è ancora un altro mondo".
Heisenberg: " Il mio concetto di verità sfiora la realtà dell'esperienza religiosa, e sento che questo legame si è fatto più forte da quando abbiamo elaborato la teoria dei quanti".
Del resto, cosa è, se non un riconoscere la "realtà" delle nuvole, la dichiarazione di ignoranza cui giunge Socrate, e con lui ogni migliore filosofia? JASPERS: " il sapere supremo della filosofia si esprime come ignoranza, non però l'ignoranza iniziale che si supera a vantaggio del sapere, ma quell'ignoranza che si compie a fondamento di ogni sapere, e solo ai limiti del sapere stesso ".
12 anni e 4 mesi fa
Risposte successive (al momento 1) di altri utenti.
<Io credo fermamente che la nostra mente cerchi punti di appoggio esternie li trovi nel credere in divinità... C'è un cammino millenario che dimostra questo bisogno umano di cercare risposte anche in fatti che sanno di FANTASIA. Io non intendo offendere, ma intendo cercare prove. Non le vedo, quindi cerco giustificazioni inerenti al pensiero per trovare motivazioni. Quando ho problemi insormontabili vorrei potermi rivolgere ad un dio che mi aiuti a risolvere i miei problemi, ma SO CHE NON C’E’ e questo mi lascia solo a cercare di risolverli. >
Queste sono parole tue, Sergio. Ed a te si accoda Margherita, sottolineando ciò che, nel prosieguo, definisci come le "ragioni psicologiche della fede". Diciamoci la verità, dietro queste "ragioni psicologiche" si nasconde una implicita valutazione: i credenti sono paurosi, creduloni, proiettano, in questo Dio, nell'anima e nel mondo ultraterreno in cui credono, il proprio bisogno di certezze e le proprie fantasie.
Questo, cari Sergio e Margherita, non significa "non offendere chi è credente": giacché, mi pare, se a chi è portatore di una diversa opinione sull'essenza del mondo (giacché a questo si riduce la nostra diversità di opinioni) noi affibbiamo la caratteristica di persona che ... per cercare punti d’appoggio insegue le sue fantasie, non vedo cosa si possa fare di più per arrecargli offesa. : ))
Tuttavia non ascrivo a voi questa colpa, ma alla deriva scientista e nichilista da cui è affetta la nostra moderna società capitalistico-tecnologica: deriva di cui gli spiriti deboli o distratti sono vittime, non certo artefici. E dunque devo tentare di porre in chiaro alcuni punti essenziali.
Sergio, ciascun essere umano si crea la propria VISIONE DEL MONDO: visione non solo di come il mondo è fatto, ma anche - e soprattutto - di ciò che è bene e ciò che è male, del proprio passato e del proprio futuro, visione del proprio ruolo nella società e nell'universo intero. Insomma: dei mille "PERCHE' ?" che il mondo ci pone. Orbene, io non discuto che quanto alle passate visioni del mondo la scienza abbia (PER FORTUNA) fatto piazza pulita di tante visioni distorte. Ha incominciato ad insegnarci che non vi sono divinità capricciose a determinare i fenomeni naturali, poi a dirci che la Terra non è il centro del sistema solare, che il sole non è il centro dell'Universo, e tante altre belle cose. Tutte cose che attengono a COME il mondo funziona. Ma... PERCHE' FUNZIONA COSI', questo la scienza non ce lo dice, e non potrà mai dircelo. Allo stesso modo in cui non potrà mai dirci CHI SIAMO, DA DOVE VENIAMO, DOVE ANDIAMO E COME E' MEGLIO AGIRE. Su queste cose la scienza tace, e tacerà sempre, perché attengono alla VISIONE DEL MONDO che ciascuno di noi si crea in base alla sua intelligenza, alla sua sensibilità ed alla sua esperienza.
Io ti avevo consigliato di leggere un breve (appena 96 pagine) dialogo tra Flores d'Arcais e Mancuso, comparso sul numero 3 (di Maggio) della rivista Micromega. Non hai seguito il mio consiglio... E allora ti cito (e ti "giro") qualche considerazione che Mancuso rivolge al suo interlocutore:
"Anche tu, benché non lo sappia e meno che mai lo ammetterai, ti muovi all'interno di una visione del mondo basata sulla fede, nel tuo caso una fede negativa che rifiuta a priori quelle forme di conoscenza non riconducibili all'evidenza sperimentale". Del resto, "(...) gli scienziati si dividono nell'utilizzo delle conoscenze acquisite praticando filosofie di vita, opzioni etiche e scelte politiche molto diverse, talora opposte tra loro, a significare (...) come dai medesimi dati scientifici scaturiscano le più molteplici visioni del mondo e della vita umana. (...) Sto dicendo che non è possibile, nemmeno a partire dalla scienza, il raggiungimento di un punto di visuale così ampio da produrre una visione del mondo (e quindi del SENSO di noi uomini in esso) come SAPERE. Ritenere invece che la scienza possa fornire tale visione del mondo come sapere significa cadere nello scientismo, che è esattamente quanto accade a te.
E prosegue: "Invece tu esigi l'"onere della prova". (...) Il limite metodologico della tua prospettiva consiste (...) nel ritenere che la scienza sia non solo la forma più alta e paradigmatica dell'accertamento razionale, (...), ma anche il GIUDICE di ogni altra forma di conoscenza. In realtà ACCERTAMENTO RAZIONALE E CONOSCENZA NON SONO LA MEDESIMA COSA. Si dà infatti una forma di conoscenza che si può e si deve tradurre in accertamento razionale, e se ne dà un’altra costitutivamente impossibilitata a tale traduzione. La differenza tra le due forme di conoscenza è imposta dall’OGGETTO. Vi sono oggetti che possono essere dominati dall’intelletto umano e ve ne sono altri che non lo possono. Dalla conoscenza del secondo tipo (i cui oggetti incommensurabili sono chiamati tradizionalmente libertà, anima, Dio, ma potremmo aggiungere universo, mondo, vita) discende un sapere diverso. (Gli oggetti di tale conoscenza) non possono essere oggettivati, (…) per il semplice motivo che sono più grandi di noi E CI CONTENGONO e non ce ne possiamo estrarre uscendone fuori, e se lo tentassimo saremmo come il barone di Munchausen caduto in un fosso che voleva uscirne tirandosi per le orecchie.”
Conseguenza: “a partire dalla conoscenza che abbiamo di noi dipende la conoscenza che abbiamo del tutto della vita (questo è il motivo per cui i diversi dati scientifici sono interpretati diversamente nel loro significato filosofico dai singoli scienziati). Ne discende un’altra importante conseguenza: di fronte al tutto della vita, (…) oltre alla conoscenza oggettiva sono necessarie altre facoltà, cioè quelle disposizioni interiori diverse rispetto alla deduzione logica e solitamente dette intuizione, sentimento, fiducia, emozione. Esse non sono contaminazioni rispetto al rigore dell’analisi filosofica, ma la sua vera sorgente, visto che la filosofia porta scritto già nel suo nome (philo, da philein, amare) la tensione emotiva e simpatetica. Chi ha questa particolare forma di conoscenza non entra in possesso della certezza intellettuale che dà il possesso di un teorema di geometria, eppure non è per questo destinato a rimanere nell’incertezza. (…) Questa forma di conoscenza che va al di là della certezza razionale entra in gioco (…) quando ci giochiamo noi in prima persona, (…) ogni volta che abbiamo a che fare con la libertà e con la direzione da imprimerle alla luce del senso complessivo del mondo (cioè della questione di Dio)”.
E prosegue ancora: “Al contrario tu vuoi l’onere della prova, senza renderti conto che tale tuo insistere su “prove” a proposito della complessiva visione del mondo finisce per collocarti all’interno del più perfetto dogmatismo. Anche il dogmatismo del potere ecclesiastico infatti ritiene che dall’osservazione della natura si giunga con certezza alla (…) esistenza di Dio e che quindi vi siano prove razionali dell’esistenza di Dio. Allo stesso modo tu con il tuo dogmatismo scientista (…) ti sei confezionato una specie di gabbia intellettuale nella quale costringi e restringi la tua ragione (e fin qui è affar tuo) e nella quale vuoi costringere e restringere anche quella degli altri demolendo tutte le prospettive diverse dalla tua (e qui vedo la minaccia dell’intolleranza e dell’ideologismo). Tale gabbia consiste ne ritenere che non vi possa essere conoscenza se non legata all’evidenza scientifica e alla dimostrazione logico-matematica, una concezione del tutto occidentale ma ora un po’ antiquata anche in Occidente: la tua gabbia mentale si dispone di fronte all’intero del mondo leggendolo unicamente in base alla logica della dimostrazione che governa la scienza (…)”.
Caro Sergio, la pazienza e il tempo impiegato a ricopiarti fedelmente qualche brano dello scritto che ti avevo consigliato di leggere (lo trovi, Micromega di maggio, in qualsiasi buona libreria!!) ti sia testimonianza di quanto io ritenga importanti sia la questione in discorso, sia la tua persona.
Vorrei concludere con la considerazione finale di Mancuso, che faccio mia: “In chi crede in Dio e nell’anima imm0rtale vive la convinzione che il principio del mondo sia il bene e che la nostra vita sia indirizzata al bene. Questa è anche la mia convinzione vitale, ed è a partire da essa che cerco, così come sono capace e con gli strumenti intellettuali di cui dispongo, di costruire una visione del mondo per generare armonia relazionale e fiducia nella vita”.
12 anni e 4 mesi fa
Risposte successive (al momento 7) di altri utenti.
E' normale, nel pianeta delle scimmie su cui viviamo, definire "polemica" qualsiasi asserzione che non si comprenda o non si condivida o che sia comunque "scomoda".
Questo tipo di valutazione, emessa nella speranza di ridurre al silenzio gli spiriti liberi, proverrà però il più delle volte da igno*ranti colti in fallo, da conformisti o da gente in malafede: tutte persone (molto simili tra loro) "cui si fa notte innanzi sera", relativamente alle quali è doveroso e salutare seguire alla lettera e senza tentennamenti il consiglio di Marco Aurelio.
Il puzzle di cui Flavia parla è davvero un paradosso... ma il paradosso deriva dal non aver ben chiare alcune cose.
Nell'immaginario collettivo, espressosi per millenni sia nell'arte sia nella tradizione, "Dio" viene identificato con UN "essere" onnipotente, onnisciente, dotato al massimo grado di ogni attributo positivo. Come dire: una specie di padre potentissimo e buonissimo, creatore e signore del cielo e della Terra, che regge le sorti del mondo e dell'universo intero. A questo punto, Lucia, mi sembra logica la tua deduzione: ma come, questo signore vede gente morire di fame, altra maltrattata, seviziata, uccisa, e tante altre infinite cose storte, e non interviene, non muove un dito??
A questo riguardo, però, ci sono due problemi: il primo è il libero arbitrio dell'uomo, il secondo è il concetto stesso di Dio.
Ammettiamo pure per un istante che Dio fosse l'essere potentissimo e buonissimo di cui sopra; ebbene, se intervenisse ad ogni pié sospinto sulle forze della natura e sulle azioni umane, il mondo sicuramente sarebbe un Eden, funzionerebbe alla perfezione, ma noi non avremmo nè libertà nè responsabilità... Saremmo esseri senza infamia e senza lode, anzi saremmo dei semplici burattini, e lui il burattinaio.
Tuttavia, se Dio fosse UN essere come sopra, la situazione non cesserebbe per questo motivo di essere inquietante. Ci vorrebbe infatti, come giustamente dice Lucia, un bel coraggio, da parte di questo Dio, a non intervenire...
Ma il fatto è che questo concetto di Dio è completamente sbagliato. Per la stessa teologia cristiana e cattolica, Dio è uno in tre persone... Se sono tre le persone, dove è l'unità??? Dove risiede??? In una quarta persona, UN quarto essere??? Non è così. Allora ci sono 3 dèi? No, neanche è così, ci dicono chierici, vescovi, teologi e papi. Ma allora, dove è l'unità. Al che, il chierico ci risponde: basta: un solo Dio in tre persone, atto di fede, prendere o lasciare. : ))
Tutto cambia, se concepiamo Dio come INTELLETTO, come FORZA e come VALORE. Allora può darsi che, se ci riflettiamo per un po' di tempo, e con un po' di... aiuto (un aiuto è sempre necessario, quanto meno per... concentrarsi... :)), ci rendiamo conto dei seguenti fatti:
1) L'INTELLETTO, la FORZA e il VALORE (quando parlo di valore, parlo dell'unico valore esistente: l'amore a tutti i suoi livelli), che sono IMPERSONALI e che sostanziano e costituiscono Dio, permeano di sé l'intero Universo, NOI COMPRESI;
2) Noi siamo in grado di portare dentro di noi non il sommo intelletto, non la somma forza (elementi di cui possiamo essere partecipi solo in parte), MA IL VALORE SI'. Per questo motivo siamo partecipi della divinità, siamo dèi, siamo Dio noi stessi;
3) Risulta infine quasi evidente cosa possa rappresentare in tutto ciò la Trinità, di cui tanto si parla. In questa ottica, Cristo, vero ed unico motivo della Trinità (e non mi dilungo oltre), non è altro che uno di noi, in cui, come in tanti altri dopo ma non prima di lui, iIL VALORE è riuscito ad albergare al massimo grado, trascinando con sé sia il sommo intelletto, che la somma forza. (Io e il Padre siamo UNO).
Conclusione: DIO SIAMO NOI, in cammino per divenire come Cristo, in lui e con lui; e il giusto atteggiamento non è pensare cosa possa Dio fare per noi, ma cosa possiamo NOI fare per Dio e con Dio. Perciò TUTTI i problemi del mondo sono problemi NOSTRI, cioè, appunto, di Dio. Scrivo qui queste cose per te, Lucia, e per Flavia (sempre pronta a ritenere che il coniglio non esca dal cilindro :)); ma so bene che molti leggeranno, e che la prima domanda che verrà loro in mente sarà: "ma questo, come fa a dire queste cose? Che ne sa, lui?".
Beh, io dico quello che penso e quello che sento, nulla di più (e nulla di meno). In verità, nella mia ricerca, e con qualche... aiuto, ho risolto certi problemi... E siccome si tratta di cose molto importanti, che possono anche cambiare il corso di intere vite, non posso tenerle per me.
12 anni e 4 mesi fa
Risposte successive (al momento 10) di altri utenti.
Se poi si professa santo e punta il dito... peggio ancora.
Con ciò non dico che non occorra talora puntare il dito; ma contro le azioni, mai contro le persone. E senza mai professarsi santi.
Tra le azioni contro cui puntare il dito non mi pare possano rientrare i tatuaggi, da valutarsi solo sotto il punto di vista estetico e del buon gusto.
Non so se ti è mai capitato nella vita di andare incontro, pur in circostanze ed occasioni e con persone diverse, sempre agli stessi tipi di problemi. A me sì, e me ne sono fatto una ragione: SONO PROVE, che la Provvidenza mette sul nostro cammino per aiutarci a superare i nostri punti deboli, le nostre paure, talvolta il nostro orgoglio, eccetera.
E' inutile che tu mi spieghi i fatti: io già ne conosco la gravità per avertene sentito parlare, e per come ne hai parlato.
Se mi consenti un consiglio, tenta in ogni modo di vincere questa tua sfiducia. Tenta di vedere Gesù Cristo in ogni persona che ti circonda. Ogni essere umano, anche il più abietto, è uno spirito imm0rtale fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Ciò che facciamo a ciascuno di essi è come lo facessimo a Nostro Signore.
Pensa a San Paolo: era un persecutore dei cristiani, chi peggio di lui? Eppure vedi quale piano meraviglioso era in serbo per lui, e come dal più terribile persecutore egli si mutò in apostolo delle genti. Ora, anche il peggiore di quegli uomini che ti hanno offeso reca in sé la stessa identica scintilla divina che recava in sé Paolo di Tarso, che un domani potrebbe esplodere e mutarlo in santo. Aiuta quella scintilla a crescere. Spesso un atto di perdono, o un porgere l'altra guancia, ottiene molto di più che tante belle parole: è fede in azione. Lo so che è difficile, difficilissimo quello che ti dico, ma provaci. : ))
Fraternamente - Pino
Senza presunzione, devo dire che, pur non avendone l'esclusiva, di questo cocktail sono uno dei pochi che ne conoscono la formula.
E ti cito 3 grandi della scienza.
Einstein: "la scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca".
Planck: " Il punto essenziale è che il mondo delle sensazioni non è il solo mondo che può ragionevolmente esistere, ma che vi è ancora un altro mondo".
Heisenberg: " Il mio concetto di verità sfiora la realtà dell'esperienza religiosa, e sento che questo legame si è fatto più forte da quando abbiamo elaborato la teoria dei quanti".
Del resto, cosa è, se non un riconoscere la "realtà" delle nuvole, la dichiarazione di ignoranza cui giunge Socrate, e con lui ogni migliore filosofia? JASPERS: " il sapere supremo della filosofia si esprime come ignoranza, non però l'ignoranza iniziale che si supera a vantaggio del sapere, ma quell'ignoranza che si compie a fondamento di ogni sapere, e solo ai limiti del sapere stesso ".
Queste sono parole tue, Sergio. Ed a te si accoda Margherita, sottolineando ciò che, nel prosieguo, definisci come le "ragioni psicologiche della fede".
Diciamoci la verità, dietro queste "ragioni psicologiche" si nasconde una implicita valutazione: i credenti sono paurosi, creduloni, proiettano, in questo Dio, nell'anima e nel mondo ultraterreno in cui credono, il proprio bisogno di certezze e le proprie fantasie.
Questo, cari Sergio e Margherita, non significa "non offendere chi è credente": giacché, mi pare, se a chi è portatore di una diversa opinione sull'essenza del mondo (giacché a questo si riduce la nostra diversità di opinioni) noi affibbiamo la caratteristica di persona che ... per cercare punti d’appoggio insegue le sue fantasie, non vedo cosa si possa fare di più per arrecargli offesa. : ))
Tuttavia non ascrivo a voi questa colpa, ma alla deriva scientista e nichilista da cui è affetta la nostra moderna società capitalistico-tecnologica: deriva di cui gli spiriti deboli o distratti sono vittime, non certo artefici. E dunque devo tentare di porre in chiaro alcuni punti essenziali.
Sergio, ciascun essere umano si crea la propria VISIONE DEL MONDO: visione non solo di come il mondo è fatto, ma anche - e soprattutto - di ciò che è bene e ciò che è male, del proprio passato e del proprio futuro, visione del proprio ruolo nella società e nell'universo intero. Insomma: dei mille "PERCHE' ?" che il mondo ci pone. Orbene, io non discuto che quanto alle passate visioni del mondo la scienza abbia (PER FORTUNA) fatto piazza pulita di tante visioni distorte. Ha incominciato ad insegnarci che non vi sono divinità capricciose a determinare i fenomeni naturali, poi a dirci che la Terra non è il centro del sistema solare, che il sole non è il centro dell'Universo, e tante altre belle cose. Tutte cose che attengono a COME il mondo funziona. Ma... PERCHE' FUNZIONA COSI', questo la scienza non ce lo dice, e non potrà mai dircelo. Allo stesso modo in cui non potrà mai dirci CHI SIAMO, DA DOVE VENIAMO, DOVE ANDIAMO E COME E' MEGLIO AGIRE. Su queste cose la scienza tace, e tacerà sempre, perché attengono alla VISIONE DEL MONDO che ciascuno di noi si crea in base alla sua intelligenza, alla sua sensibilità ed alla sua esperienza.
Io ti avevo consigliato di leggere un breve (appena 96 pagine) dialogo tra Flores d'Arcais e Mancuso, comparso sul numero 3 (di Maggio) della rivista Micromega. Non hai seguito il mio consiglio... E allora ti cito (e ti "giro") qualche considerazione che Mancuso rivolge al suo interlocutore:
"Anche tu, benché non lo sappia e meno che mai lo ammetterai, ti muovi all'interno di una visione del mondo basata sulla fede, nel tuo caso una fede negativa che rifiuta a priori quelle forme di conoscenza non riconducibili all'evidenza sperimentale". Del resto, "(...) gli scienziati si dividono nell'utilizzo delle conoscenze acquisite praticando filosofie di vita, opzioni etiche e scelte politiche molto diverse, talora opposte tra loro, a significare (...) come dai medesimi dati scientifici scaturiscano le più molteplici visioni del mondo e della vita umana. (...) Sto dicendo che non è possibile, nemmeno a partire dalla scienza, il raggiungimento di un punto di visuale così ampio da produrre una visione del mondo (e quindi del SENSO di noi uomini in esso) come SAPERE. Ritenere invece che la scienza possa fornire tale visione del mondo come sapere significa cadere nello scientismo, che è esattamente quanto accade a te.
E prosegue: "Invece tu esigi l'"onere della prova". (...) Il limite metodologico della tua prospettiva consiste (...) nel ritenere che la scienza sia non solo la forma più alta e paradigmatica dell'accertamento razionale, (...), ma anche il GIUDICE di ogni altra forma di conoscenza. In realtà ACCERTAMENTO RAZIONALE E CONOSCENZA NON SONO LA MEDESIMA COSA. Si dà infatti una forma di conoscenza che si può e si deve tradurre in accertamento razionale, e se ne dà un’altra costitutivamente impossibilitata a tale traduzione. La differenza tra le due forme di conoscenza è imposta dall’OGGETTO. Vi sono oggetti che possono essere dominati dall’intelletto umano e ve ne sono altri che non lo possono. Dalla conoscenza del secondo tipo (i cui oggetti incommensurabili sono chiamati tradizionalmente libertà, anima, Dio, ma potremmo aggiungere universo, mondo, vita) discende un sapere diverso. (Gli oggetti di tale conoscenza) non possono essere oggettivati, (…) per il semplice motivo che sono più grandi di noi E CI CONTENGONO e non ce ne possiamo estrarre uscendone fuori, e se lo tentassimo saremmo come il barone di Munchausen caduto in un fosso che voleva uscirne tirandosi per le orecchie.”
Conseguenza: “a partire dalla conoscenza che abbiamo di noi dipende la conoscenza che abbiamo del tutto della vita (questo è il motivo per cui i diversi dati scientifici sono interpretati diversamente nel loro significato filosofico dai singoli scienziati). Ne discende un’altra importante conseguenza: di fronte al tutto della vita, (…) oltre alla conoscenza oggettiva sono necessarie altre facoltà, cioè quelle disposizioni interiori diverse rispetto alla deduzione logica e solitamente dette intuizione, sentimento, fiducia, emozione. Esse non sono contaminazioni rispetto al rigore dell’analisi filosofica, ma la sua vera sorgente, visto che la filosofia porta scritto già nel suo nome (philo, da philein, amare) la tensione emotiva e simpatetica. Chi ha questa particolare forma di conoscenza non entra in possesso della certezza intellettuale che dà il possesso di un teorema di geometria, eppure non è per questo destinato a rimanere nell’incertezza. (…) Questa forma di conoscenza che va al di là della certezza razionale entra in gioco (…) quando ci giochiamo noi in prima persona, (…) ogni volta che abbiamo a che fare con la libertà e con la direzione da imprimerle alla luce del senso complessivo del mondo (cioè della questione di Dio)”.
E prosegue ancora: “Al contrario tu vuoi l’onere della prova, senza renderti conto che tale tuo insistere su “prove” a proposito della complessiva visione del mondo finisce per collocarti all’interno del più perfetto dogmatismo. Anche il dogmatismo del potere ecclesiastico infatti ritiene che dall’osservazione della natura si giunga con certezza alla (…) esistenza di Dio e che quindi vi siano prove razionali dell’esistenza di Dio. Allo stesso modo tu con il tuo dogmatismo scientista (…) ti sei confezionato una specie di gabbia intellettuale nella quale costringi e restringi la tua ragione (e fin qui è affar tuo) e nella quale vuoi costringere e restringere anche quella degli altri demolendo tutte le prospettive diverse dalla tua (e qui vedo la minaccia dell’intolleranza e dell’ideologismo). Tale gabbia consiste ne ritenere che non vi possa essere conoscenza se non legata all’evidenza scientifica e alla dimostrazione logico-matematica, una concezione del tutto occidentale ma ora un po’ antiquata anche in Occidente: la tua gabbia mentale si dispone di fronte all’intero del mondo leggendolo unicamente in base alla logica della dimostrazione che governa la scienza (…)”.
Caro Sergio, la pazienza e il tempo impiegato a ricopiarti fedelmente qualche brano dello scritto che ti avevo consigliato di leggere (lo trovi, Micromega di maggio, in qualsiasi buona libreria!!) ti sia testimonianza di quanto io ritenga importanti sia la questione in discorso, sia la tua persona.
Vorrei concludere con la considerazione finale di Mancuso, che faccio mia: “In chi crede in Dio e nell’anima imm0rtale vive la convinzione che il principio del mondo sia il bene e che la nostra vita sia indirizzata al bene. Questa è anche la mia convinzione vitale, ed è a partire da essa che cerco, così come sono capace e con gli strumenti intellettuali di cui dispongo, di costruire una visione del mondo per generare armonia relazionale e fiducia nella vita”.
Questo tipo di valutazione, emessa nella speranza di ridurre al silenzio gli spiriti liberi, proverrà però il più delle volte da igno*ranti colti in fallo, da conformisti o da gente in malafede: tutte persone (molto simili tra loro) "cui si fa notte innanzi sera", relativamente alle quali è doveroso e salutare seguire alla lettera e senza tentennamenti il consiglio di Marco Aurelio.
Nell'immaginario collettivo, espressosi per millenni sia nell'arte sia nella tradizione, "Dio" viene identificato con UN "essere" onnipotente, onnisciente, dotato al massimo grado di ogni attributo positivo. Come dire: una specie di padre potentissimo e buonissimo, creatore e signore del cielo e della Terra, che regge le sorti del mondo e dell'universo intero. A questo punto, Lucia, mi sembra logica la tua deduzione: ma come, questo signore vede gente morire di fame, altra maltrattata, seviziata, uccisa, e tante altre infinite cose storte, e non interviene, non muove un dito??
A questo riguardo, però, ci sono due problemi: il primo è il libero arbitrio dell'uomo, il secondo è il concetto stesso di Dio.
Ammettiamo pure per un istante che Dio fosse l'essere potentissimo e buonissimo di cui sopra; ebbene, se intervenisse ad ogni pié sospinto sulle forze della natura e sulle azioni umane, il mondo sicuramente sarebbe un Eden, funzionerebbe alla perfezione, ma noi non avremmo nè libertà nè responsabilità... Saremmo esseri senza infamia e senza lode, anzi saremmo dei semplici burattini, e lui il burattinaio.
Tuttavia, se Dio fosse UN essere come sopra, la situazione non cesserebbe per questo motivo di essere inquietante. Ci vorrebbe infatti, come giustamente dice Lucia, un bel coraggio, da parte di questo Dio, a non intervenire...
Ma il fatto è che questo concetto di Dio è completamente sbagliato. Per la stessa teologia cristiana e cattolica, Dio è uno in tre persone... Se sono tre le persone, dove è l'unità??? Dove risiede??? In una quarta persona, UN quarto essere??? Non è così. Allora ci sono 3 dèi? No, neanche è così, ci dicono chierici, vescovi, teologi e papi. Ma allora, dove è l'unità. Al che, il chierico ci risponde: basta: un solo Dio in tre persone, atto di fede, prendere o lasciare. : ))
Tutto cambia, se concepiamo Dio come INTELLETTO, come FORZA e come VALORE. Allora può darsi che, se ci riflettiamo per un po' di tempo, e con un po' di... aiuto (un aiuto è sempre necessario, quanto meno per... concentrarsi... :)), ci rendiamo conto dei seguenti fatti:
1) L'INTELLETTO, la FORZA e il VALORE (quando parlo di valore, parlo dell'unico valore esistente: l'amore a tutti i suoi livelli), che sono IMPERSONALI e che sostanziano e costituiscono Dio, permeano di sé l'intero Universo, NOI COMPRESI;
2) Noi siamo in grado di portare dentro di noi non il sommo intelletto, non la somma forza (elementi di cui possiamo essere partecipi solo in parte), MA IL VALORE SI'. Per questo motivo siamo partecipi della divinità, siamo dèi, siamo Dio noi stessi;
3) Risulta infine quasi evidente cosa possa rappresentare in tutto ciò la Trinità, di cui tanto si parla. In questa ottica, Cristo, vero ed unico motivo della Trinità (e non mi dilungo oltre), non è altro che uno di noi, in cui, come in tanti altri dopo ma non prima di lui, iIL VALORE è riuscito ad albergare al massimo grado, trascinando con sé sia il sommo intelletto, che la somma forza. (Io e il Padre siamo UNO).
Conclusione: DIO SIAMO NOI, in cammino per divenire come Cristo, in lui e con lui; e il giusto atteggiamento non è pensare cosa possa Dio fare per noi, ma cosa possiamo NOI fare per Dio e con Dio. Perciò TUTTI i problemi del mondo sono problemi NOSTRI, cioè, appunto, di Dio.
Scrivo qui queste cose per te, Lucia, e per Flavia (sempre pronta a ritenere che il coniglio non esca dal cilindro :)); ma so bene che molti leggeranno, e che la prima domanda che verrà loro in mente sarà: "ma questo, come fa a dire queste cose? Che ne sa, lui?".
Beh, io dico quello che penso e quello che sento, nulla di più (e nulla di meno). In verità, nella mia ricerca, e con qualche... aiuto, ho risolto certi problemi... E siccome si tratta di cose molto importanti, che possono anche cambiare il corso di intere vite, non posso tenerle per me.