Alla fine, i seminatori di sofferenza, prima amati alla follia, vengono odiati.
Fanno talvolta paura.
Ma l'indifferenza no: se ostentata, è solo una maschera.
13 anni e 6 mesi fa
Risposte successive (al momento 4) di altri utenti.
Ascolta, io vorrei farti capire che in tanto uso la logica perché è l'unico strumento che, sia pur limitatissimo, può condurci a dialogare su un terreno comune.
Io potrei dirti: credo in un Dio che non mi genera alcuna paura. In effetti è così. Ma se ti dico questo tu puoi ben ringraziarmi dell'informazione, e il dialogo si chiude.
Potrei anche, ad esempio, dirti di aver avuto contatti profondi con un mondo ultraterreno: idem, non farei altro che manifestarti una mia esperienza, ma senza un terreno comune su cui interagirla come patrimonio comune.
Potrei addirittura dirti di essere un profeta, o di aver parlato con extraterrestri, o qualunque cosa che non comportasse una mera speculazione, ma un'esperienza vissuta; ma anche questo non servirebbe a niente.
Viceversa, la logica può aiutarci, purché se ne accetti la mediazione.
Se la si rifiuta, è finita, e ciascuno rimane una monade per suo conto.
Orbene la logica mi sembra dire questo: che l'idea di Dio, una volta sorta, non necessita di per sé dell'elemento "incutere paura". Il circolo vizioso paura-dio-paura è qualcosa che attiene sempre alla STORIA dell'idea, non alla sua ESSENZA. Viene dopo, è fatto, generalizzato per quanto si voglia, ma non è necessità.
Invece la logica, per quel poco che può aiutarci, è necessità. Ma se la rifiuti, rimaniamo senza un terreno comune.
In fin dei conti, che importa a te delle tue idee, o a me delle mie? Dovremmo essere sempre disposti a cercare, e a mutarle, se troviamo di meglio...
Insomma: ti invito a non temere, anziché Dio, la ragione. : ))
13 anni e 6 mesi fa
Risposte successive (al momento 24) di altri utenti.
Il 90% della gente gioca il gioco pratico della vita.
Di questo 90%, l'85% gioca in difesa, e il 5% in attacco.
Quelli che giocano in attacco, talvolta soccombono, altre volte spadroneggiano.
Ma tutti questi, sono TUTTI "normali".
Il restante 10% non pensa al gioco pratico, ma a viverla, la vita.
Ma la vive sempre con stupore e con nausea, perché si sente a disagio in questa condizione umana limitata, falsa, impotente, idiota.
E non c'è obiettivo che gli interessi.
E vede tutti gli altri come esseri inferiori, che seguono una sorta di istinto primordiale di sopravvivenza e perpetuazione della specie fine a se stesso.
E vive sempre sul ciglio del burrone; anzi, se per caso burroni non ce ne sono, se li va a cercare.
E potrei scrivere pagine e pagine sulle caratteristiche di questa gente.
Di questo 10%, il 90% finisce male: non necessariamente, però, come dice Guccini, galera od ospedale. Ce ne sono anche di tosti, che riescono a galleggiare imperturbabili malgrado ferite non da coltello o da fucile, ma da cannone.
Finisce male; ma non se ne frega.
Il 10% diventa famoso per invenzioni, arte, scienza, esplorazioni, cavolate varie.
E neanche se ne frega.
Poi la vita finisce, e arrivederci e grazie.
Sai cos'è questo, Andrea? E' una caratteristica INNATA dello spirito cui si ricollegano le 3 S del romantcismo: Streben, Sehnsucht, Sturm und drang.
Non è un problema di vestiario, di adeguamento ai modelli sociali, di ipocrisia, no, no. E' proprio un problema di testa: i normali pensano normale, e tu non li capisci. Loro capiscono te, invece, ma... non tutto intero. A cubetti. Capiscono quello che di te entra nelle loro caselle.
E' la stessa cosa della gente che va in un museo, e guarda un quadro di Van Gogh. Gli piace semmai il quadro. Ma se si ritrovasse anche per 3 giorni Van Gogh tra i piedi, semmai a dipingere proprio quel quadro, impazzirebbe, letteralmente.
Comunque l'importante è capire che non sei tu ad adeguarti alla tua filosofia, ma la tua filosofia espressione di te.
Quindi non è una filosofia. Devi andare oltre, cercare lontano, tu che ci puoi arrivare.
13 anni e 6 mesi fa
Risposte successive (al momento 11) di altri utenti.
In alcune cose sembri un mio clone.
Non è vero che non si può riuscire nell'impossibile.
Costa caro, molto caro, ma io ci sono riuscito più volte.
Genererai intorno a te un mare di disapprovazione, il che non è che conti molto. Anzi, può essere anche divertente.
Il brutto è che si genera anche un mare di ansia e di dolore in chi ti ama.
13 anni e 6 mesi fa
Risposte successive (al momento 1) di altri utenti.
Io vorrei evidenziare, a proposito di questo aforisma, un'altra cosa. La locuzione "Una parola che, spesso, si trova con noi al mattino, viene ferita nel corso della giornata e muore all'imbrunire, ma risuscita con l'aurora" è solo una frase ad effetto, priva di ogni significato concreto, ed anche poeticamente zuccherosa e stucchevole, ove da tale punto di vista la si voglia esaminare.
Spes ultima dea lo dicevano i romani; per il cristianesimo è fondamentale; stop, questo coelho in quelle due righe non dice niente. La speranza c'è al mattino, al pomeriggio, alla sera e alla notte. Due righe di puro effetto scenico.
Quanto alla prima parte della frase: "Non posso perdere l'unica cosa che mi mantiene vivo: la speranza" anche qui c'è un più celato, ma ancora più pericoloso effetto scenico: se speri, coelho, non è la speranza (che non esiste in quanto soggetto) a mantenerti vivo, ma sei TU a mantenere viva la speranza. Tanto è vero che la speranza è una virtù dell'uomo, non l'uomo un figlio della speranza, anche se questa seconda locuzione, mi rendo conto, è più degna di uno zuccheroso aforisma.
E quindi: se gli aforismi comunicano concetti, ben vengano; ma se servono solo a far venire quel pò di pelle d'oca che poi passa e lascia niente, meglio lasciarli alle ortiche, insieme alle lacrime (di coccodrllo) di cui è pieno questo sito. : )))
Voto ZERO.
13 anni e 6 mesi fa
Risposte successive (al momento 1) di altri utenti.
Fanno talvolta paura.
Ma l'indifferenza no: se ostentata, è solo una maschera.
Io potrei dirti: credo in un Dio che non mi genera alcuna paura. In effetti è così. Ma se ti dico questo tu puoi ben ringraziarmi dell'informazione, e il dialogo si chiude.
Potrei anche, ad esempio, dirti di aver avuto contatti profondi con un mondo ultraterreno: idem, non farei altro che manifestarti una mia esperienza, ma senza un terreno comune su cui interagirla come patrimonio comune.
Potrei addirittura dirti di essere un profeta, o di aver parlato con extraterrestri, o qualunque cosa che non comportasse una mera speculazione, ma un'esperienza vissuta; ma anche questo non servirebbe a niente.
Viceversa, la logica può aiutarci, purché se ne accetti la mediazione.
Se la si rifiuta, è finita, e ciascuno rimane una monade per suo conto.
Orbene la logica mi sembra dire questo: che l'idea di Dio, una volta sorta, non necessita di per sé dell'elemento "incutere paura". Il circolo vizioso paura-dio-paura è qualcosa che attiene sempre alla STORIA dell'idea, non alla sua ESSENZA. Viene dopo, è fatto, generalizzato per quanto si voglia, ma non è necessità.
Invece la logica, per quel poco che può aiutarci, è necessità. Ma se la rifiuti, rimaniamo senza un terreno comune.
In fin dei conti, che importa a te delle tue idee, o a me delle mie? Dovremmo essere sempre disposti a cercare, e a mutarle, se troviamo di meglio...
Insomma: ti invito a non temere, anziché Dio, la ragione. : ))
Di questo 90%, l'85% gioca in difesa, e il 5% in attacco.
Quelli che giocano in attacco, talvolta soccombono, altre volte spadroneggiano.
Ma tutti questi, sono TUTTI "normali".
Il restante 10% non pensa al gioco pratico, ma a viverla, la vita.
Ma la vive sempre con stupore e con nausea, perché si sente a disagio in questa condizione umana limitata, falsa, impotente, idiota.
E non c'è obiettivo che gli interessi.
E vede tutti gli altri come esseri inferiori, che seguono una sorta di istinto primordiale di sopravvivenza e perpetuazione della specie fine a se stesso.
E vive sempre sul ciglio del burrone; anzi, se per caso burroni non ce ne sono, se li va a cercare.
E potrei scrivere pagine e pagine sulle caratteristiche di questa gente.
Di questo 10%, il 90% finisce male: non necessariamente, però, come dice Guccini, galera od ospedale. Ce ne sono anche di tosti, che riescono a galleggiare imperturbabili malgrado ferite non da coltello o da fucile, ma da cannone.
Finisce male; ma non se ne frega.
Il 10% diventa famoso per invenzioni, arte, scienza, esplorazioni, cavolate varie.
E neanche se ne frega.
Poi la vita finisce, e arrivederci e grazie.
Sai cos'è questo, Andrea? E' una caratteristica INNATA dello spirito cui si ricollegano le 3 S del romantcismo: Streben, Sehnsucht, Sturm und drang.
Non è un problema di vestiario, di adeguamento ai modelli sociali, di ipocrisia, no, no. E' proprio un problema di testa: i normali pensano normale, e tu non li capisci. Loro capiscono te, invece, ma... non tutto intero. A cubetti. Capiscono quello che di te entra nelle loro caselle.
E' la stessa cosa della gente che va in un museo, e guarda un quadro di Van Gogh. Gli piace semmai il quadro. Ma se si ritrovasse anche per 3 giorni Van Gogh tra i piedi, semmai a dipingere proprio quel quadro, impazzirebbe, letteralmente.
Comunque l'importante è capire che non sei tu ad adeguarti alla tua filosofia, ma la tua filosofia espressione di te.
Quindi non è una filosofia. Devi andare oltre, cercare lontano, tu che ci puoi arrivare.
Non è vero che non si può riuscire nell'impossibile.
Costa caro, molto caro, ma io ci sono riuscito più volte.
Genererai intorno a te un mare di disapprovazione, il che non è che conti molto. Anzi, può essere anche divertente.
Il brutto è che si genera anche un mare di ansia e di dolore in chi ti ama.
Ma non è un'esperienza comune a tutti.
Capita solo ai seminatori di sofferenza.
Spes ultima dea lo dicevano i romani; per il cristianesimo è fondamentale; stop, questo coelho in quelle due righe non dice niente. La speranza c'è al mattino, al pomeriggio, alla sera e alla notte. Due righe di puro effetto scenico.
Quanto alla prima parte della frase: "Non posso perdere l'unica cosa che mi mantiene vivo: la speranza" anche qui c'è un più celato, ma ancora più pericoloso effetto scenico: se speri, coelho, non è la speranza (che non esiste in quanto soggetto) a mantenerti vivo, ma sei TU a mantenere viva la speranza. Tanto è vero che la speranza è una virtù dell'uomo, non l'uomo un figlio della speranza, anche se questa seconda locuzione, mi rendo conto, è più degna di uno zuccheroso aforisma.
E quindi: se gli aforismi comunicano concetti, ben vengano; ma se servono solo a far venire quel pò di pelle d'oca che poi passa e lascia niente, meglio lasciarli alle ortiche, insieme alle lacrime (di coccodrllo) di cui è pieno questo sito. : )))
Voto ZERO.