"Vice" racconta cose già note al mondo intero, non cita mai il deep state (o i deep states) al di sotto dei pupari di facciata alla Casa Bianca (inclusi Obama e Hillary Clinton), rivolge l'attenzione al passato più o meno lontano della storia statunitense quasi volesse distrarci dall'emergenze più recenti, globali e terribili.
Se l'importanza della storia vera si comprende solo per alcune didascalie poste prima dei titoli di coda e per altre informazioni reperibili online, mentre regista e sceneggiatori si sono limitati a dilungarsi sul degrado cittadino, ambientale e sociale di Detroit, allora il film ha fallito nella sua utilità.
Il riferimento a miriadi di film del passato è da fessi se s'inciampa, di nuovo e di nuovo, nell'errore di "Sfera" (Levinson, 1998): avere dei poteri soprannaturali con cui realizzare ogni proprio desiderio e invece accontentarsi d'adoperare il pensiero magico per manipolare la realtà secondo le pulsioni più mostruose e orrorifiche. Uccidere il fratellino per gelosia? Trasformare in lesbica una ragazza già col fidanzato pur di non sentirsi sola? A quando una bella visita dal professor Charles Xavier?
Se per raccontare la storia d'un supereroe gli sceneggiatori saccheggiano quelle di re Artù e Pinocchio, è meglio cambiar mestiere. Qualch'idea e qualch'emozione solo nell'ultima mezz'ora, dopo due ore di troppo.
Nonostante la scena dello straripamento sia di pura potenza visionaria, e il ripristino del dialogo con l'ex emani sincerità reale, troppa poca grazia: regia, protagonista e storiellina vanno bene al più per il pilot d'una serie tv, come già capitato per "Non pensarci". Titolo: "Lucia e la Madonna", prime time su Rai 1, successo garantito. E i Radiohead d'"I Promise" (1997) son messi lì a casaccio.
C'era un Trier che sapeva usare l'estetica per sondare l'etica, ora è rimasto un Trier provocatoriamente inutile e inefficace, che piega per intenti estetici o anestetici l'etica o la falsa e farsesca immoralità sperando di far credere che, "Jenseits von Gut und Böse", stia ancora parlando d'arte e d'antropologia: "Esse sono il regno del male e io lo raffiguro" ("metto in scena l'osceno", cit.). Però il suo inferno, come quello di Dante, Blake, Doré, è vacuamente immondo. Manc'a dirlo, per i Cahiers è l'ottavo miglior film dell'anno.
Creare atmosfere cupe, livid'e claustrofobiche con la lentezza e meno d'una manciata di personaggi si chiama retorica, non se lo ricorda più nessuno? I cardini dell'estetica sono diventati opzionali?
È come downgradare "Matrix" alle vite personali dei/delle Wachowski. In pratica non è ancora noto alcunché di certo sul problema identitario ("gnōthi sautón", tempio di Apollo a Delfi, forse sesto secolo a.C.), eppure c'è chi ha così tanta fretta da volerne già affrontar'un sottinsieme quale l'identità di genere.
"Bela Lugosi's Dead Bela Lugosi's dead
Bela Lugosi's dead
Undead, undead, undead
Undead, undead, undead."
Bauhaus 1982, tormentone musicale del film. "Dead or undead", il cinem'italiano? Ma Bela Lugosi aka Drac.ula vive morèndo e muòre vivendo, come Sorrentino e Virzì, così involontariamente sc.ult da trascendere pur'il metacinematografico e raggiungere l'iperrealismo: più i loro lavori son'osceni, più diventano rappresentativi della realtà odierna e verranno ricordati nonché rivalutati proprio per il loro valore di testimonianza epocale.
Val'anche per gl'atei: potrebbero raggiungere la possibilità d'ottenere la salvezz'assoluta, eterna, massimale, cioè quell'in cui ogni negatività pregressa verrebbe definitivament'eliminata, ma sarebbe proprio il ricordo ancor'intatto di quella negatività a costituire un insormontabile ostacolo per accettare un simile traguardo.
Ciò fornirebb'un'inaudita esegesi della kafkiana "porta della Legge": l'impedimento non starebbe più nel guardiano o nel presunto legislatore, bensì ormai in noi stessi e nella nostr'esistenza martoriata. Insomm'un loop causale: per saper accogliere la Redenzione bisognerebb'essere già redenti.
Bela Lugosi's dead
Bela Lugosi's dead
Undead, undead, undead
Undead, undead, undead."
Bauhaus 1982, tormentone musicale del film. "Dead or undead", il cinem'italiano? Ma Bela Lugosi aka Drac.ula vive morèndo e muòre vivendo, come Sorrentino e Virzì, così involontariamente sc.ult da trascendere pur'il metacinematografico e raggiungere l'iperrealismo: più i loro lavori son'osceni, più diventano rappresentativi della realtà odierna e verranno ricordati nonché rivalutati proprio per il loro valore di testimonianza epocale.
Ciò fornirebb'un'inaudita esegesi della kafkiana "porta della Legge": l'impedimento non starebbe più nel guardiano o nel presunto legislatore, bensì ormai in noi stessi e nella nostr'esistenza martoriata. Insomm'un loop causale: per saper accogliere la Redenzione bisognerebb'essere già redenti.