Mauro Lanari

Nella pagina del Film Il traditore di Marco Bellocchio
Didattica e onirica o "incubatica" (sic), è questa la cifra stilistica di Bellocchio (dopo Fagioli?), spesso efficace, a volte ripetitiva. Per la parte didattica e considerando anche la lunghezza del film, forse sarebbe stato più consono un format televisivo, se non rosselliniano, almeno quello a puntate di Sorrentino. Per l'ideologia alla base, la fase post-iconoclastica dei "I pugni in tasca" (1965) insiste nel distinguo tra modelli familiari cattivi e buoni, Riina contro Buscetta e ovviamente gl'altri contr'il clan Bellocchio: al figlio Pier Giorgio il padre dedica progressivamente un numero sempre maggiore d'inquadrature, primi piani, linee di dialogo, sin'a renderlo l'unico affine a Favino, quas'il successore di Falcone. Mah.
5 anni e 2 mesi fa
Nella pagina del Film Il grande salto di Giorgio Tirabassi
D'una durezza inaspettata quanto sorprendente. Scordatevi la commedia italiana, il tragicomico, l'agrodolce, la risata amara, Germi, Risi, Pietrangeli, Comencini, Monicelli, Scola, Citti. L'esordio alla regia di Tirabassi scommette sul cinema dell'assurdo con un racconto cupo, disperato, da dramma esistenziale o da tragedia greca sul Fato avverso che s'abbatte implacabile sui reietti. Lillo, Mastandrea e Giallini appaio in camei che non snaturano il progetto m'addirittura lo rafforzano: eterni sconfitti, "gli ultimi saranno ultimi" (Massimiliano Bruno, 2015). Peccato che l'epilogo, invece di rilanciare nella beffa d'un ulteriore atroce scherzo del destino, cambi registro virando verso il grottesco alla Ferreri.
3 anni e 5 mesi fa
Nella pagina del Film Diego Maradona di Asif Kapadia
"Lui" cita "The Untouchables" (De Palma, 1987), Minà lo paragon'a Masaniello, io ho ripensato all'importanza dell'"Homo ludens" d'Huizinga prefato nell'edizione italiana da Eco e al baratro concettuale fra "Götzen-Dämmerung" (Nietzsche, 1889) e "Götterdämmerung" (Wagner, 1848).
4 anni e 11 mesi fa
Nella pagina del Film Yesterday di Danny Boyle
L'idea della seconda chance grazie a un mondo alternativo/parallelo buono per la cosmologia dell'MCU*, un protagonista amorosamente impacciato per ragioni inspiegate, le canzoni dei Fab Four e dei lor'epigoni considerate imprescindibili per un mondo migliore senz'alcun controfattuale. Boyle e Curtis sfornan'un prodotto dalla superficie dorata e inconsistente. Attenti a grattar via la patina.

*Questo spunto è identico allo sketch di Troisi in "Non ci resta che piangere" del 1984.
5 anni e 1 mese fa
Nella pagina del Film Climax di Gaspar Noé
Non capisco Noé quando si convince dell'inconciliabilità fra vena narrativa e sperimentazione che riduc'il film a pretesto per un'esperienza sensorial'e ipnotica. Un gruppo di ballo prov'una coreografia ripresa in piano sequenza: armoniosa e solidale coralità. Fine della prova e stacco. Segue il montaggio serrato d'una serie di siparietti immobili in cui i ragazzi esprimono isolatamente le loro intimità contrastanti e conflittuali. Iniziass'e terminasse qui, "Climax" potrebb'essere interpretato com'una confutazione audiovisiva della tesi freudiana di "Psicologia delle masse e analisi dell'Io" (1921): l'unione/coesione determinerebbe la forza morale mentre la "singletudine" condurrebbe alla devastazione sociale. Ma ci sono anch'un prologo e un lungo epilogo (la seconda metà del film). Il cappello introduttivo non produce alcuna empatia verso i personaggi tant'è focalizzato sull'ostentazione metacinematografica dei referenti culturali del regista, e la sangria drogata avvia un sabba demoniaco e apocalittico, una catabas'infernale, dov'anarchia e caos stanno più nelle sole 5 pagine della sceneggiatura che negl'eventi mostrati. Alcuni momenti come l'inquadrature ribaltate in una fotografia cromaticamente cruenta sono migliori della pedante trasposizione trieriana di Dante, ma l'ostacolo a stringer'un legame affettivo coi protagonisti crea un macigno insopportabile. Eppure Noé ci dice d'esser certo che l'unico paradiso possibile consista proprio nello stile lisergico del suo sguardo (la conclusione con le gocce psicotrope nell'occhio). Tzk.
4 anni e 8 mesi fa
Nella pagina del Film Parasite di Bong Joon-ho
Se Bong Joon Ho trov'il modo per interessarsi della cultura italiana, invece che a Gianni Morandi dovrebbe dedicarsi a Marco Ferreri per imparare da lui la differenza fra critica sociale e critica antropologica. La prima è sempr'identica a se stessa: tanto in "Snowpiercer" (2013) la satira della disuguaglianza classista si muoveva lungo un'asse orizzontale, quanto qui la denuncia del vampirismo di "privilegiati" e "miserabili" si muove lungo un'asse verticale (Tommaso Tocci, Alberto Pesce, Marco Contino). E se nel 2019 ancora si dilapida tempo per 'sta roba, un motivo ci sarà: parlare d'inestricabili invarianze antropocosmiche mette un po' più soggezione, esattamente 40 anni fa Lyotard pubblicava per "Les Éditions de Minuit" un'analisi fenomenologica con cui dimostrava che la crisi di senso e di prospettiva non era più per addetti ai lavori, di nicchia e d'élite, ma era diventata pop, mainstream, di massa. Non conosco articoli, pubblicazioni, interviste, saggi, dibattiti ch'abbiano approfittato di tale ricorrenza per un bilancio consuntivo. Sempre più comode le "survival strategies" ai tentativi d'"exit strategy". Alla via così, mi raccomando.
5 anni fa
Nella pagina del Film Juliet, Naked - Tutta un'altra musica di Jesse Peretz
"About a Boy" (romanzo: 1998, film: 2002) er'un riferimento più al 36enne Will Freeman/Hugh Grant ch'al 12enne Marcus Brewer/Nicholas Hoult: la poetica d'Hornby s'esaurisce nell'etern'adolescenza d'adulti riottosi ad assumersi responsabilità in linea col loro dato anagrafico, condita con del british humor e della musica rock. Non è un concetto così profondo da legittimare una carriera letteraria da romanziere, e il fiasco dell'italianizzato "Non buttiamoci giù" sta lì a dimostrarlo. Ancora peggio se poi la soluzione della crisi di mezz'età della generazione X coincide coll'imborghesimento (sposarsi, metter su famiglia, avere figli nel pedissequo rispetto di valori e ruoli tradizionali) e se nella soundtrack spicca maldestramente il brano più famoso dei Pretenders ("Brass in Pocket"). Apatow avrà le sue colpe, ma già l'autor'inglese segue un'involuzione tutta sua.
5 anni fa
Nella pagina del Film C'era una volta a... Hollywood di Quentin Tarantino
Nel 1990 Gore Vidal, presidente della giuria veneziana*, sì comportò come molti oggi con questo lavoro pseudoregistico, e fece scandalo con un'"opinione fragilissima, ai limiti del ridìcolo" (Beniamino Placido: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/09/22/venezia-scatenata-la-vendetta.html). Tarantino miglior storyteller e grande letterato? Allora pubblicasse direttamente le sue sceneggiature, se non sa (più) trasformarle in cinema col suo codice diverso, quello audiovisivo ch'esige "instant cult", inquadrature e sequenze che dovrebbero scalfire il c.d. immaginario collettivo, mentr'in questo caso dopo metà film, visto (ascoltato?) il monologo di DiCaprio, mi son'addormentato. La smettesse di citare e ricordare soprattutto "The Big Sleep".

*Questa notizia non è presente nelle voci di Wikipedia a lui dedicate.
5 anni e 1 mese fa
Nella pagina del Film Rambo: Last Blood di Adrian Grunberg
L'incipit è quello del Coppola che quarant'anni fa sintetizzò Vietnam, i Doors e sintomi da DSPT. La domanda del marketing è: quanto può interessare la riproposta d'una denuncia contr'il nichilismo, quando la cultura umana è essenzialmente intrisa di strategie di sopravvivenza, meccanismi di difesa, tentativi d'escapistico rimedio da tale consapevolezza? Tarantino ha reindicato la via della mitopoiesi induistica, omerica, ebraica, norrena: un'affabulazione che non va da nessuna part'e in più tant'ultraviolenza grindhouse da sparatutto per colmare questo vuoto cosmico. Apprezzato, osannato, celebrato, Stallone e il suo nuovo Rambo s'adeguano. E anche David Morrell dovrebbe cercare di capire cosa sia cambiato in quasi mezzo secolo invece di twittare anatemi (https://twitter.com/_DavidMorrell/status/1175060258399481857).
C'è pur'inserita una polarizzazione della geopolitica d'Hollywood nei confronti del Messico, dagl'Oscar ai "three amigos" e Coco al nuov'impero del male ("Breaking Bad", il Villeneuve di "Sicario"), ma con la 7a arte non c'entra nulla.
5 anni e 1 mese fa
Nella pagina del Film Le regine del crimine di Andrea Berloff
Dopo "Widows" (McQueen, 2018), un altro crime movie dell'epoca #metoo, un nuovo sottogenere che segnerà gl'annali della cinematografia per l'ingente sforzo non richiesto di mostrarci quanto l'universo femminile possa essere altrettanto violento e amorale di quello maschile. Una categoria diversa da Lady Macbeth, dai noir con le dark lady o le femme fatal'e da "Soldato Jane" (R. Scott, 1997), poiché in questi nuovi casi subentra la matriarcalità, la sororità, la solidarietà e il sostegno di gruppo, di movimento, di branco tra donne alfa. Godetevi l'ondata d'emergenti Martine Scorsese.
4 anni e 10 mesi fa