Ora che sono fachiro inconcludente sulle lastre fredde dell'anima dissolta _ disciolta è la neve che nera s'appresta a salire dai cieli bassi dai nervi come abissi dai miei tremori come collassi.
Selenica la mia pelle trasfigura s'inserisce a goccia tra i seni grandi e le gole arse e segna ellissi nel tempo futuro che fa morsa e morde rigira l'iperbole a ciò che è stato.
Con la mia guerra in testa ché sulla lama sento tutto il tuo sangue quando ho l'imperdonabile e straziante voglia chiusa a scrigno tra le gambe e ci reclamiamo ciò che resta fragile ed aperto con l'anima calda l'istinto basso i muscoli tesi la mia schiena attaccata al tuo petto e tutto tu messo addosso.
Inorridisce tutt'attorno di ciò che rimane chiuso fuori sigillato dentro l'ottavo peccato di un settimo senso di gemiti affannosi in tre ottavi numerazioni lente parole prive d'alfabeto che l'atono è nella voce che implora di ciò che annovera nella sfilza dei ricordi marcia memoria mi sarai e io dimenticanza lieve nobile nel taciturno furore delle carni non ho più malattie
Io mi presento e non sono me stessa la mia mano amputata e il tuo arto fantasma rimasto a toccarmi ché mi è voglia tutto questo dalla mancanza al tuo perpetuo senso dell'assoluto che mi spurga dentro quando fuori non ci sei perché sei calco osso di traverso nervo e verbo e quando mi sono uccisa il tuo nome è diventato sacrificio.
La sfida di vedere quanto è profondo il baratro e quanta aria abbia l'anima dall'orlo dei nervi al precipizio dei brandelli d'umori e tastare il durante assaporare il mentre del vento dal corpo che oscilla nella bascula del freddo che si fa più tagliente nella caduta e spacca la gravità ed il suo centro la corda immaginaria attaccata al gracile ramo d'un albero abbattuto ché la terra calcata ha ceduto con me e m'anticipa il volo scende in pioggia ed io calo come sasso corpo attratto dal baricentro infernale
M'impasto sempre all'incomprensibile quando le emozioni mi stanno appese per la bocca ad ami che bucano il dolore come pesci agonizzanti brachicardici dal battito all'impossibilità.
Mi sarebbe preferibile anche la rete ché da prigione ne farei custodia e delle sue maglie d'acciaio un copriabito argenteo che rivela la mia profonda natura.
Quando frugo tra i miei silenzi così ostinati ritrovo sempre urli diabolici e l'iperbole del taglio nel fianco che ho prestato meglio come un fantasma che m'abbia gravitato vicino e che m'abbia assestato la sua scure all'acme delle mie mancate difese.
Mi s'apre a mezz'anda il cuore a mostrare spicchi di sentire come la luna che fende il nero falce in un campo d'astri ed io tagliata all'altezza del desiderio tra la prima costola e l'ultima vertebra tra i seni e le tue mani intercapedine tra pellami diversi mischiarsi unirsi dirsi due mutare in uno.
Quasi tutto mi è offerto quando il mio corpo è lento sotto il desiderio dei tuoi occhi che mi falcia tra le cosce velate e nulla è veramente visibile ché tutto è chiaramente immaginabile e così il mio ventre si fa sabbia - tu mare - che torni tante volte quante ti rimando a segnarmi col bastone sul bagnasciuga una scritta ch'è la tua firma la risacca non cancella e tu m'imprimi.