Poesie personali


Scritta da: Daniela Cesta
in Poesie (Poesie personali)

La foresta segreta di Daniela

C'è una foresta che appartiene a me,
è una foresta incantata,
i suoi colori sono teneri,
quasi evanescenti,

but meravigliosi e sorprendenti,
io conosco coloro che ci vivono,
fate, gnomi, folletti,
regna la dolcezza e la serenità,

non c'è violenza,
non c'è odio,
il respiro è solo quello dell'amore,
gli alberi sorridono e si fanno morbidi,

e la melodia che emanano è fantastica,
la musica avvolge ogni pianta e ramo,
si innalza verso il cielo e si perde
nell'universo intero,

io sono nella foresta,
tutto avvolge me in un
abbraccio di tenero amore,
tra gli alberi vive il mio amore

tra il cielo e la terra,
sospesi entrambi tra spazio e tempo,
in questo infinito firmamento
dove noi siamo stati deposti,

nel vuoto pieno di stelle,
la linfa vitale viene dalle radici degli alberi
dall'acqua trasparente e preziosa,
mentre la terra ha dentro di se

ogni seme che porta frutti,
e i cristalli di roccia proteggono.
Armonia di una foresta che
dona la vita nella sua semplicità,

silenzio melodioso di un incanto d'amore.
Composta giovedì 24 gennaio 2013
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    Scritta da: Michele Gentile
    in Poesie (Poesie personali)

    Impossibile

    Sapeva d'amore quel peccato
    e sapeva già
    che sarebbe finita.
    Cos'è allora tutto questo stupore...
    se non ci sono più istanze,
    offese che trovino pace
    tra le misere rovine del perdono?
    Perché l'indecenza non cerca di comprendere?
    Non volevo nutrirmi di dubbi,
    costretto a tornare da me
    a farmi visita ogni notte
    senza riflettere sul senso di una cortesia.
    Paradosso di Escher e non un Dio
    che mi dia una mano
    che dia retta alla mia sorte,
    petali d'acredine scagliati
    contro ogni rinascita;
    rigurgiti di sole decapitano
    buoni propositi...
    traggono beneficio dai rancori
    che sorvolano le mie cattedrali,
    nulla a che vedere
    con il guanto di sfida
    lanciatomi dalla tua partenza.
    Appartengo al nulla
    alla possibile ragione
    di un passato imperfetto.
    Composta giovedì 24 gennaio 2013
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      Scritta da: Ciro Orsi
      in Poesie (Poesie personali)

      Stampa d'epoca

      La cornice intarsiata di foglie dorate
      nel legno robusto scurito dal tempo
      custodiva la grande stampa d'epoca borbonica
      pervenuta dai nonni materni sino a noi.
      Un'illustrazione dai tipici colori grigi e neri
      di varie intensità
      pressati con perizia su cartoncino
      un tempo bianco ed ora assai ingiallito
      sotto il grande vetro che lo proteggeva al meglio.
      Fissata al centro della parte principale
      del camerone d'ingresso della casa
      dava un che di importante a tutto il resto,
      la parte alta sporgeva dal muro,
      trattenuta in un punto da un canapo dorato
      la base poggiata su due grandi ganci,
      era stata sempre lì da quasi cento anni.
      Alta da terra che per ammirarla
      dovevo alzare lo sguardo sù al soffitto
      e, per spolverarla, quando d'uso,
      a zia Letizia occorreva di montar sul tavolo.
      Una gran veduta dopo il terremoto
      da un punto della rocca
      lo sfondo di macerie desolanti,
      cumuli di case accartocciate in ogni via,
      chiese spezzate e campanili appesi;
      in primo piano un cavaliere in gran pavese
      avanza uno stuolo di gentiluomini
      e guida un gran numero di servitori
      con carri, arnesi, vanghe e casse
      a portar soccorsi in ogni parte.
      Sotto in caratteri istoriati il titolo
      "16 settembre 1851: Ferdinando II,
      Re di Borbone, sulle rovine di Melfi"
      Il "Re bomba": così era chiamato dalla zia.
      Ed io mi immaginai che fosse il "re ciccione"
      giusta la ciccia che il cavaliere
      si portava addosso sulla stampa.
      Ma mio padre mi spiegò trattarsi
      di un merito più grave e serio:
      quel Re aveva sparso con le "bombe"
      il sangue dei rivoluzionari a Napoli
      a Palermo ed in Calabria,
      senza fermarsi finché il popolo
      si dimostrò più forte di lui,
      ma continuò a chiamarlo il Re Bomba.
      Negli anni della scuola appresi
      sui libri un po' di storia e talvolta
      mi tornava quella storia del Re Bomba.
      Il terremoto terribile di Melfi del 1851,
      la rapida ricostruzione della città
      per merito del Re bomba,
      i moti di Napoli, gli eroi di Sapri,
      Carlo Pisacane,
      la fine delle speranze mazziniane,
      storie d'oppressione e decadenza paurose,
      tutto in poco tempo, di corsa,
      per merito di Re Bomba,
      colpito in pieno petto e ferito
      in Campo di Marte a Napoli
      da una baionetta per mano
      di un uomo del popolo,
      Agesilao Milano, processato
      e poi impiccato in Piazza dei Miracoli nel 1856.
      Re Bomba non moriva subito
      ma dopo tre anni di sofferenze,
      forse per setticemia seguita alle ferite
      o forse per obesità diceva il testo di storia.
      Ecco, era proprio il "re ciccione"
      che avevo immaginato da ragazzo!
      Non cambiava niente, in ogni caso,
      Re Bomba o re ciccione
      era morto per mano del popolo
      mio padre non poteva sbagliarsi.
      Eppure quel re tiranno aveva provato
      con le opere davvero
      a conquistare le simpatie del popolo:
      proprio sotto casa, a pochi metri,
      passava la ferrovia Napoli - Portici,
      la prima in Italia, un vero vanto,
      per merito di Re bomba o re ciccione,
      ma pure l'officina di Pietrarsa,
      futuro e lavoro per operai,
      tecnici, ingegneri e capi,
      tutta gente che passava sotto i balconi,
      tutti i giorni da oltre un secolo,
      andavano a Pietrarsa per fabbricare
      littorine e locomotive,
      quelle vere che potevi trovare alle stazioni,
      non quelle di latta che portava la befana,
      per merito di Re Bomba o re ciccione,
      quando aveva appena 29 anni.
      E nella stampa di Melfi quanti anni aveva?
      A quel tempo Re Bomba aveva 41 anni
      qualche buona opera ancora da fare
      per puntellare il traballante regno,
      chissà quanti morti già ammazzati
      e quanti ancora da sistemare
      prima di finire da ciccione sulla strada
      che portava al popolo sovrano.
      Composta giovedì 24 gennaio 2013
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        Scritta da: ROBERTO POZZI
        in Poesie (Poesie personali)

        Il tram del viale del tramonto

        All'alba di ogni mia rinascita,
        mi affretto a salire sul mio solito tram
        per la corsa giornaliera
        verso il tramonto del mio viaggio esistenziale,
        ma il destino vuole sempre giocare
        e non smette mai e poi mai
        di rovinare i miei buoni propositi!
        Il mio trascurato tram
        è sempre più malandato,
        con tutte le buche sul percorso
        che in questi anni ha incassato
        senza contare i parecchi ostacoli
        che ha dovuto evitare
        che non hanno fatto altro che allungare
        questo mio già logorroico
        cammino spirituale!
        Mi ritrovo di nuovo demoralizzato,
        dato che devo ancora aspettare
        le risposte che sto sognando,
        mentre continuo solo ad incappare
        in ulteriori domande senza apparente risposta!
        Che tristezza,
        sono soltanto un ingenuo,
        un povero illuso,
        che continua a sognare
        un mondo colmo d'affetti!
        Sono passati troppi anni,
        ormai mi sveglio sempre
        su questo mio tram dei desideri,
        sfiancato dalla solita realtà,
        vivendo l'ennesima delusione
        di questo dannato mondo
        dove pochi riescono a sacrificare
        i loro vuoti sentimenti
        senza mettere tutti quei paletti,
        quelle nevrotiche condizioni,
        che stravolgono la genuinità
        dell'amore in tutte le sue forme!
        È sempre la stessa conclusione
        di tante inconcludenti riflessioni,
        ma io che cosa posso fare
        a parte prendere il solito tram
        verso il tramonto
        e sperare di non ricevere
        la solita tranvata
        che ogni volta mi tocca
        quando scendo alla fermata inaspettata
        e vivo come me stesso
        invece del solito clone
        di te stesso!
        Composta mercoledì 23 gennaio 2013
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          Scritta da: Stefano Medel
          in Poesie (Poesie personali)

          Questa vita senza pace

          Questa vita sempre uguale,
          che a volte mi spaventa,
          a volte, mi stanca;
          e mi lascia senza forze;
          con le preoccupazioni,
          e gli anni,
          che cominciano ad esserci;
          e questa catena d'odio, e di male,
          la cattiveria della gente;
          chi spezzerà questa catena;
          è mai possibile,
          non poter mai vivere in pace;
          ed inseguo un sogno di normalità,
          di quiete,
          di silenzio,
          e gli anni passano,
          svelti;
          tante cose da dire,
          da fare;
          mentre niente và mai, come
          vuoi;
          sempre qualche guaio,
          sempre qualche grana.
          Composta venerdì 25 gennaio 2013
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            Scritta da: perlanerauno
            in Poesie (Poesie personali)

            La luce che si oscura

            Da quando andasti via non ho più luce,
            ti sei portato pure il contatore,
            il contagocce, grucce e dove prima
            ci avevo il cuore adesso c'è l'abisso
            in cui ci affosso tutto il mio dolore.

            Non ti facevo sai così venale,
            venoso, artificioso e ti ho dipinto
            con l'acquarello azzurro del maestrale
            per metterti su in cima al primo piolo
            che sfiora il cielo e caddi dalle scale.

            Le stelle che credevo d'aver visto
            non erano lassù nell'infinito
            ma giù nel sottosuolo in cui ho sbattuto
            la testa e con lo spirito azzoppato
            riprendo ogni mia briciola rimasta.

            Da quando andasti via non c'è più luce
            però ho trovato un alito di voce
            ironica, la chiave di lettura
            che smonta la Poesia alla nostalgia,
            è un fiato di sepolcro in questa via.

            Macabra? Si, ma è poi un dato di fatto
            guardando la realtà che seppellisce
            un verso dietro l'altro con parole
            la luce che si oscura in faccia al sole.
            Composta giovedì 24 gennaio 2013
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              Scritta da: Isabella M.
              in Poesie (Poesie personali)

              Luce e oscurità

              La luce, che cos'è?
              Cerco di rammendare ma mi sono persa
              nell'infinito di oscurità che mi circonda.
              Navigo nell'oscurità come un segugio
              Cercando il pezzetto di me che
              Contiene quel guscio di luce che
              un giorno mi fu strappato
              e poi mi chiedo mi fu davvero strappato
              o è solo codardia quella che mi fa
              nascondere nel angolo più remoto del mio incubo
              quella codardia che mi entra nella pelle
              mi viola la carne, mi penetra nel più
              profondo delle ossa.
              La veste bianca che ricopre la mia anima
              Ormai di bianco ne ha solo il nome.
              Sono la dove ti circonda solo
              Odio... gelosia... rabbia... dolore...
              Eppure in questo momento è qui
              che il mio cuore attinge di stare,
              soltanto qui non rimango delusa da quei
              falsi sorrisi, da quella falsa amicizia,
              da quella falsa luce che con tanto ardore mi
              ci aggrappavo.
              Bramo la luce, la libertà,
              le mie ali sono già pronte a prendere il volo
              verso un mondo che solo dalle mie fantasie
              è stato solcato ma con rammarico le
              richiudo, dopotutto la mente è dominata
              dalle fantasie, la realtà dalle bugie
              e la luce dall'oscurità.
              in fondo qui non c'è nessuna maschera
              a coprire i volti, qui non ci sono mezzi
              sorrisi per i peccatori, qui...
              regna il più dolce profumo della malvagità.
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                Scritta da: perlanerauno
                in Poesie (Poesie personali)

                Non fare il San Tommaso!

                Lo giuro che è fiorita stamattina
                nel mare che tenevo dentro il palmo
                di mano chiusa e aperta come porta
                girevole sul guscio della luna.

                Uscirono dall'acqua i cavalloni,
                le cavallette e mucche con il latte,
                un mucchio d'incredibili visioni
                sentite e udite... che rivelazioni!

                Mi è preso un colpo, quasi non credevo
                che il tutto era nel braccio della rosa
                che punse il cuore e lo portò in ascesa
                e vuoi che non ti dica la sorpresa?

                Hai perso tempo? Dai, facciamo i seri,
                non percepisci il grande sentimento
                tra questi immaginifici lavori
                in cui descrivo tutto quel che sento?

                E tu ci devi credere! Davvero
                ho visto poi quell'asino volante,
                planare sulla scuola, dai non fare
                il San Tommaso e leggi con il cuore!
                Composta mercoledì 23 gennaio 2013
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