Scritta da: Sir Jo Black
in Poesie (Poesie personali)
S
Se ti amo,
speranza,
sarò ferito!
Se ti odio,
speranza,
sono disperato ...
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Se ti amo,
speranza,
sarò ferito!
Se ti odio,
speranza,
sono disperato ...
In questo viaggio
come vaso di cristallo
al sole ...
Fragile,
trasparente,
invisibile ...
Il ritratto del silenzio
stampato nel buio.
Lampi di luce
scappano
sulla linea grigia.
Riquadri di luce,
soffusa o spenta,
dove entrano i sogni:
dolci ricordi,
amari dolori,
si posano sulle luci
che piu tardi
rivedranno solite cose.
Lampi di luce
scappano
sulla linea grigia,
sognano di perdersi...
stampato nel buio,
il ritratto del silenzio.
Ci sarai sempre,
nella mente e nel mio cuore,
bel raggio di sole.
A volte è difficile parlare!
E l'unico rumore si sente,
lo fa il veleno che cade da bocca;
e vorresti acchiapare il vento con le mani
stringere a denti stretti le ultime speranze,
per non rimanere soli; poi...
l'ultimo bacio e poi l'abbandono!
Te ne vai in giro passando
per mani grasse e gonfie,
lasciando il tuo fetido alone verde
su tutto.
Farcisci i ventri obesi
e buchi le tasche dei pezzenti.
Ti si può trovare nella plastica di un sacchetto,
cucito dentro un pallone da calcio,
oppure sotto il fondotinta
di una labile giullare degli schermi televisivi.
Ma il tuo verde non riuscirà mai
a distorcere lo sguardo di tutte le persone,
a inquinare tutti i mari e le lenzuola,
a corrompere tutti i byte del calcolatore,
a spezzare l'ultimo albero e l'ultimo ponte,
a far marcire l'ultima corda di chitarra.
Un giorno tutto il mondo sarà ricoperto di verde,
ma non sarà lo squallido verde dei soldi.
Affacciati dalla veranda
e vuoti volgi gli occhi
verso l'alto; a destra
un monte c'è di fronte
segui il crinale e prosegui
lungo il profilo della cima
ne emergerà un bassorilievo.
Antropomorfo immaginato
quel rilievo è come un corpo
addormentato nella morte
effige con man conserte
coperte e raccolte sul petto.
Non è forse metaforica
bara a cielo aperto di un uomo?
Disceso nelle tenebre
né il lume della luna
né della diurna luce
i suoi occhi spenti
potranno più guardare.
Alla pioggia, al sole
al vento giace per sempre
un fulmine di amor negato
ne carbonizzò la vita
all'annerirsi di un giorno.
Ad esso ancora guarda
ma sorda non parlare:
all'eco della tua voce
affanno d'amore vivrebbe
carezze e vita chiederebbe
e battere rivorrebbe un cuore.
Da quel profilo traine
uno schizzo e stampalo
sull'ultima pagina del libro
in cui racconti la tua storia
ma non editarla nella collana
dei sentimenti e dell'amore,
i posteri che in alto vorrebbero volare
non vi troverebbero insegnamenti alati.
Guarda dopo altrove, voltati
al tuo passato e al tuo avvenire
ritorna dove ti getta il nulla
tra le minutaglie giornaliere
alla clausura dei tuoi pensieri:
senza amore ogni altro sguardo
insulto risuonerebbe a quel morto
tacitato ma con cuore loquace.
Ma l'amore? Che cos'è lamore?
Travolgente passione?
Illusione?
Disarmo alla razionalità?
Perché curarsi così dell'amore?
Forse perché è un sentimento dell'uomo? Ma allora l'uomo è egocentrico... l'odio. L'amore, l'odio, l'amore;
l'amore, l'odio, l'amore, l'odio.
C'è amore senza odio?
Amore perché folgorazione,
Odio perché disprezzo folgorante.
Entrambi sentimenti impulsivi,
che la mente
deve sfuggire!
Vorrei tornare a sentire
i miei sogni vivi dentro di me,
avere nuovi stimoli
che rapiscano la mia mente
e la mia anima
e vorrei che questo
non fosse un sogno
ma la mia vita.
Cosa dovrò escogitare
perché tu mi oda e un eco
riporti suadente una tua parola
or che folate di silenzio
asolano e spazzano
mucchi di speranze,
se arrivare fino a te,
abbandonare il mio carico
di tristezze è il solo prodigio
che possa mutare la rotta
del mio ramingo viaggio?
Abbattuto
è l'albero maestro del mio naviglio
e da una falla l'acqua che vi penetra
copiosa affoga improvvida ogni illusione!
Come edera mi arrampico
al tronco della vita ma è dubbio
se ne vedrò mai la falba chioma;
come spighe
che vogliono essere colte
e divenir pane resisto ai colpi di vento,
erba arsa nel polveroso prato,
aspetto carezze di notturne rugiade.
Ma non senti come galoppa
fino a stramazzare il cuore?
Corsiero a spron battuto,
quante volte inciampò tra rovi,
nitrì e emise lamenti e grida d'aiuto;
rivolti gli occhi al cielo,
scrutando ogni stella remota
abbracciò l'infinito e disse:
perché solo sono io?
Come incupisce l'ora
e fardello si fa il tempo
se alle finestre a cui guardi
ogni lampada è spenta,
se l'anima vano chiede a un domani
di mutare pelle, se attesa d'amor
un tremito non ti riporta
quando vuoto e stanco
vibranti sfide lanci all'infinito!
Demenza di gioia e di dolore
non si placa a poco a poco;
come arsura tra i solchi perdura,
radici assecca, per mano invisibile
lento muori di un male oscuro!
Attraversando il mondo,
illuso che amor esista
per te, per gli altri
ed ogni altra cosa che viva,
vorresti bussare alla prima porta
e farti aprire, spartire
le poche cose che con te porti
raccontarti e sapere...
Ma poi pensi: meglio è se altri
non inorridiscano alla vista
di frammenti e sfilacci
d'anima sventolati tra scuri giorni.
Lasciamoci pure costringere
dalle spire del vuoto se non siamo niente,
zavorrati dai nostri mali, capo in giù
affondiamo negli abissi del vuoto
relitti senza storie e senza nome,
spettri di noi stessi nella notte cupa.