Natale di luci e colori nelle strade gelide. Poveri stesi su cartoni e stracci maledetti. Musiche pastorali venute da angoli bui ridestano colombe di pace su muri bianchi.
Splendono gli auguri d'oro e d'argento con figure di pastori senza gregge. Dietro vetri con neve artificiale si nascondono mani senza pane.
Natale di fantasmi in decadenza. Religione in maschera politica. Politici con guanti di prelati romani. Tanta nostalgia scoppia dentro.
Rinasce una stella nel lontano oriente. I re magi sono uomini senza cammello. Giuseppe un operaio senza tetto, Maria una ragazza incinta in fretta.
Natale di un bimbo senza più dolori. Natale della terra senza più padroni. Natale del cielo senza inquinamento. Rinasci o Cristo con mezzaluna a stella.
E intanto aspetto te. E intanto aspetto che ci pensi un po', e intanto aspetto che mi pensi un po'. E intanto aspetto che tu capisca che la vita è una questione di momenti e che il più delle volte non si ripetono. E intanto aspetto che tu dia un senso alle tue azioni, che tu non dia importanza alle tue convinzioni. E intanto aspetto che passi l'inverno, il freddo gela pure le emozioni. E intanto aspetto che arrivi l'estate, con il sole tutto sembrerà più comico. E intanto aspetto che giunga da lontano un suono che dia la voce ai tuoi sguardi silenziosi. E intanto aspetto che passino le mie paure, che passino le mie perplessità. E intanto aspetto che passi in fretta tutto questo tempo che dovrò aspettare, che mi sembra interminabile se lo immagino senza te.
Da che respirai a pieni polmoni fragranze di rose quanti sono gli anni passati, quanti petali e ciuffi poi il vento ha strappato al petto e al crine di giovanili speranze portandoli via! Tra sassi e streppeti, stanche membra, aggirandosi tra ricordi, vitali tremiti cercano in una sterile ascesa di duri e infittiti silenzi. Solo un cigolio di anni, di tanto in tanto, stridulo ancora risuona lungo una solitaria strada senza ritorno, solo malinconie indelebili come scarabocchi imbrattano le nivee pagine dell'anima mia! Non basta, non basta la speranza a ricomporre quanto il tempo disfa con le sue nefande devastazioni ricorrenti! Non può la cenere ritornare ceppo e il ceppo tronco, non può il fiore avvizzito espandere la corolla se gli stami non smettono l'incessante morire! Tutto è uno scendere infinito senza salire. Senza riposo, polvere, traspirata dal tempo, sulle cose si addensa e, ne sommerge l'essenza. Cristalline trasparenze offuscate cedono il passo ad obliqui profili dalle oscure movenze! E mentre perdute presenze salpano per sempre per mete d'oblio tra tristezze nuove e antiche, il cuore afflitto si mostra sciogliendosi in pianto in uno sfioro d'angoscia.
È un nuovo giorno, albeggia. Strisce di luci tenui emerse dall'orizzonte annunciano e dischiudono un nuovo giorno. Adagio, dai pendii, migrano nebbie mattutine; i suoi giri perpetua la ruota degli eventi senza posa. Su erbe intirizzite da brine, calano e poi d'improvviso si involano gazze e passeracei solitari; di tanto in tanto, chissà da quale punto, giunge un impeto di vento e si allontana, si tinge l'azzurro di colori prediletti e rari. Lontano dai ritmi imposti dalla città operosa, con occhio gaio, in una radura di molli zolle, già bivacco con i miei pensieri. Non un blando brusio, non un fruscìo corrompe la solennità del silenzio che dilaga; spettatore resto di una quiete inusitata. Ah il ricomporsi della semplicità delle cose, il sollievo dell'orecchio dagli insulti rumorosi, le fragranze dei profumi campestri, la quiete dell'aria pura che altro respiro al petto dona! Lieto sono di essere presto fuggito dall'insolente erompere dell'aspro rullare di umani strombettii scordati, dall'invivibilità dei chiusi recinti di case, dal timore di essere pressato malamente da calca umana. Starsene soli ogni tanto, riscoprire un senso di vita smarrito, affrancarsi da un sottile e celato affanno che opprime il cuore, udire chiaro e secco il richiamo misterioso dell'immanenza, fermarsi per un poco su una piazzola del ripido pendio della vita e ammirare la terra e il cielo prima che un moto ineluttabile mi precipiti senza avviso, codesto tante volte è baluginato tra le mie brame. È solo nei brevi momenti in cui ci riappropriamo di noi stessi che avvertiamo l'infinito perdurare di un attimo, che spezziamo i reticolati dei nostri confinamenti e corriamo, corriamo tra distese di emozioni con una dolcezza e un tepore nel petto dimentichi di essere... atomi volatili del vivente!
Nello spietato specchio, ogni mattina, da anni come bolli sul passaporto dei miei viaggi per la vita rughe fanno mostra ricordandomi che vivere è fatica che non c'è pace né tregua nell'esser vivi! Invisibili lacrime segrete a me stesso disperate scorrono mute per solchi d'anima nello strazio vivo di un pesante momento di verità spesso fuggito. Ancora, per altri giorni, in uno slancio stremato, affannato correrò per la vita agonizzando ad ogni passo dietro tramortiti sogni rimpianti e ingialliti. Continuerà il tumulto che stagna nelle radici sommerse dell'acre speranza che al niente conduce! La sera poi verrà e come in un assaggio di morte le sue ombre mi correranno incontro s'aprirà l'altra porta di un oscuro ingresso! Perdendomi in quel buio che si para innanzi svanirò in un infinito e disabitato silenzio.
Spesso e a lungo, con vecchi e giovani ho conversato: le iperboliche scorribande di un pensiero inquieto e inappagato per un po', loro malgrado, hanno seguito. Sorretti da certezze, stabilizzati e ancorati, ad un dubbio non hanno oscillato, paventato un possibile sospetto all'insinuarsi che qualcosa pur non tiene hanno scartato l'idea che una bolla d'aria teme gli abbracci degli uomini senza dei o demoni e che mai poi arriveremo nel mezzo di una verità in cui si veda chiaro. Nessuna sorpresa, c'era da aspettarselo: non si differisce da ciò che si è, come paratie ermeticamente chiuse le convinzioni, tengono! Dopotutto, insidiare una mente per minare una radicata sicumera da tempo accreditata, agitare il frullino nella testa di un altro e costringerlo a domandarsi della vita non è buona cosa, né aggrada. Se si scuote dal sonno un acquario le turbolenze intorpidiscono ciò che è limpido e noi, vogliamo sempre vedere chiaro; godere la dolce ignoranza che ci fa felici, tenere a bada il fioretto invisibile che ci trapassa. E così tutto accade perché siffatto deve accadere; la ricognizione sulle cause del perché del nostro stare al mondo la si lascia ai pazzi o ai singolari, il tempo non impegnato, edace, è contingentato e... ben altro abbiamo da fare!
Quando tristezza come sinibbio l'anima sferza e il deluso giorno cade svanendo in remoto orizzonte non chiedere, al cuore vuoto che già si aggira tra ombre di fari, se la felicità o qualcosa che le assomigli pure esista. Conoscerla o l'umano privilegio di possederla non ci fu dato! Ma se un giorno, per un disguido dell'impossibile, da qualche parte io dovessi scovarla ridotta in fluido microscopico pulviscolo (pompandola col respiro dell'anima mia) come essenza per il mondo la spruzzerei su chi privato è di ogni sorriso.
Se prossima al mio cuore ti penso non pronunciare parole che uccidono ma forte baciami e abbracciami come chi, caro e lontano, -vaga memoria destata- nel risveglio de ricordi, inaspettato un giorno ritorni. Alle voci del petto udienza accorda ora che ansio parla sommesso e sottace quanto l'anima grida! Indicibile aspra e spirale infinita è stata la distanza patita prima di giungere dove tu bramata più non sei ed io... ancor ti guardo! Oltre le aspre cime del silenzio, per greti arsi e strade semimorte, tra vociare di venti e fiammate di sole, seduto su un sasso a scrutar passi di nuvole, di respiro in respiro sempre ti ho sognato; apparizione inverosimile; diafana e muta, ti ho vista sbucare dai corridoi del nulla illudermi e abbandonarmi senza un saluto! Comincerà mai la nostra storia? Sotto una pensilina si fermerà questo treno di pensieri in fumo che in nessun posto mi porta? Lasciami guadagnare un raggio di luce scardinare l'ombra che mi rinchiude; affrancarmi dalla solitudine ricevuta quando per deserti, errabondo senza una compagna speranza, ho vaneggiato mari irreali oltre le dune. Ah sì, si nasce alati senza saperlo terreno, poi si consuma con poca convinzione un magro destino! Ti svegli con il giorno negli occhi candido per il mondo t'avventuri; frughi tra formicai e mercati di carne sognando un incontro senza imposture; fantastichi che un vuoto si colmi e una dolcezza trabocchi fino alle labbra, che un pallido domani, prima dell'occaso, si imbelletti con caldi e vivaci colori. Ma niente accade e bianche restano le pagine ove annoti passato e futuro: o povera vita che inosservata tra tedi fuggi, amore che muori e non torni e in mezzo agli altri solo ci lasci! Così tu vuoi che conduca questa battaglia aperta e il cui esito non rimuove dubbi? E allora sappi dirmelo quando ti guardo: si compirà il non senso dei miei giorni senza oppormi, mi farò distruggere dal vizio assurdo di pensarti.
Ed eccoci qua, davanti a un caffè ristretto. Ristretto come sto rapporto, che non ha più significato. E rieccoci qua, come sempre traditi, traditi dall'irrefrenabile voglia di vederci, parlarci, ma di che? E si ripetono parole, gesti, sorrisi tristi. Siamo foto sbiadite di qualche anno fa. E rieccoci qua, a fare i conti con la vita, a fare i conti con noi stessi, a fare i conti con questa dannata malinconia, che, ancora una volta, ha ingannato entrambi. E ci verrà da ridere, quando penseremo che andrà sempre avanti così. Ma non lo farò mai davanti a te, perché forse, le mie, non sono risate.
Mi sono perso Non hai paura? No... Non eri felice? No... Non senti la mancanza? No... Vuoi tornare indietro? No... Cosa vedi...? Il grigio delle montagne... Il verde smeraldo del mare... Dove ti sei perso? Dove? Nei tuoi occhi.