Mi sveglio la mattina pensando a te; Lavoro pensando a te; Pranzo pensando a te; Guardo la TV pensando a te; Leggo pensando a te; Mi addormento pensando a te; Giornate intere pensando a te; hai condizionato la ma vita. Ti odio per questo... anzi ti amo per questo e sempre di più.
Siamo solo spettri... a che servono i ricordi? Si vive di emozioni fasulle, menzognere... si vive di illusioni dure come la nebbia. Si vive e ci si dimentica...
Si è schiarito dalle nebbie lo spazio all'avamposto ed una croce hanno piantato a ricompensa mille bandiere tinte di sangue e carne vestono dai tempi a ricordare chi tanto a dato a Dio all'infamie patrie e nulla han preso.
E venne verso di te il mestierante. Leggero aveva il passo lento dell'attentatore. Ghigno malefico inquisitore l'uomo in bianco aveva, vivisettore. Giocoso l'accogliesti scodinzolante candido il manto degli innocenti Le mani leccasti al delinquente; atti d'amore, questi, e d'amicizia antica. Il bruto s'avvinghiò sul tuo mantello, un lampo fu, una saetta: e ti prese la libertà le carni. Vivisettore squallido abitante di laboratori, di stabulari, di scantinati doloranti. Manipolatore infame di viscere vive, palpitanti. Fredda e ottusa è l'opera tua di morte d'animali amici, animali santi: scannati, segati, trapiantati, eviscerati, decerebrati, scuoiati, bolliti, arrostiti vivi ed infine, come il Cristo crocifissi. Inutile si rivela il genio tuo assassino, ricercatore del nulla, nemico dell'uomo e della tua imbecillità. Col pane del sangue e della morte nutri i figli tuoi? (saran vampiri! ) lugubre ricompensa dell'arte tua nefanda: padre, barone e santità T'acclamano governi erranti, t'incoraggia all'assassinio e ti benedice il Papa, la chiesa, gli incivili, gli ignoranti. Mio è il disprezzo e la tua morte Gli animali martiri, povere creature, guardano all'amico, al santo buono. S'affidano a Francesco, ai protezionisti e a tutti i santi.
Un un altro giorno ancora Scivola piano sulle mie mani vuote, respiro gli occhi rubati per strada e li raccolgo nel contenitore dei sogni da uccidere, e lo farò come sempre prima che l'alba accarezzi il mio balcone con la sua solita gelida mano d'una nuova falsa illusione.
Un flauto all'ombra d'un cipresso scolpisce note d'umana sinfonia. Viene il vento a lavare la memoria racchiusa in un orizzonte di Castiglia.
La musica riempie le caverne del tempo, galoppa sui bianchi cavalli dell'apocalisse, scivola su fresche cascate dell'anima, commuove il pellegrino che abbiamo dentro.
Il flauto matura i suoni della notte sotto un cipresso alto nel cielo. Pochi ascoltano la voce del mondo camminare sul sentiero dei morti.
Cresce nell'ombra la vecchia luna, illumina il volto triste d'una donna. Il flauto rallenta dolce il suo ritmo nel sogno dell'uomo che dorme.
Una notte in attesa del parto, un flauto all'ombra d'un cipresso, un mondo rifatto più tenero in un uomo senza tristezza.
Geroglifici dipinti d'azzurro estasiano gli occhi dei figli alla croce schizzi disegni d'amore gli scritti dell'anime pure sono solo ricordi e guarda a questa mia terra sempre più infame.
Che notte, quella notte, e che bambole incontrasti in una Chicago in riva al Po che rifletteva colori jazz della tua anima inquieta. Guarda che luna, sorride a bulli e pupe con la tua voce che smeriglia, leviga... incanta. Una Thunderbird rosa, come l'alba del tramonto, la strada distrugge il presente... e noi piccoli eroi dal wisky facile saremo ad ascoltarti nei cieli dei bar, per ritrovarti al fondo di un ricordo.