Il mio mondo Però, tra la piazzetta egli alberi, il mio mondo però, tra la mia stanzetta ed i libri, e la cucina; il mio piccolo mondo però; dove me ne fregherò, della bruttezza del mondo, il mio mondo però, dove fuori dal mondo me ne stò.
Nella grigia giornata d'autunno le foglie ingiallite danzano impazzite quali fragili prede del vento nell'attesa di adagiarsi al suolo. Tutti siamo prede, nulla ci esclude dalla pazza danza rappresentata sul palcoscenico della vita. Quando anche noi, stanchi, ci adageremo al suolo, potremo riposarci come le foglie.
Ricordo il vento del mio paese Che a volte dolce accarezzava Le piante del mio giardino. Ricordo il vento che asciugava La fronte sudata dai giochi Di bambino. Ricordo il vento che cullava i miei sogni di adolescente. Ricordo il vento che mi accompagnava Nelle giornate di lungo cammino. Ricordo il vento che lontano mi ha portato Senza chiedere parere. Aspetto il vento che mi riporterà ove Per tanto tempo sono stato a volte felice E a volte malinconicamente pensieroso.
Vorrei trovare la chiave giusta per leggere il tuo cuore, e cogliere l'istante di ogni tuo silenzio, vorrei esser quaderno dove scrivi la tua storia, e rimaner leggenda nel corso della vita. Vorrei esser melodia al suono dolce di una poesia, e scrivere parole che vanno dritte al cuore. Vorrei gridare il nome tuo, sottovoce e pian pianino dirti... ti amo amore mio.
In questa notte oscura la mente vola al pensiero di te. È un disegno scritto, un'immagine già vista che ripasso a memoria, a ricordo, di un tempo ormai passato vissuti intensamente insieme a te. Il cuore mi è nemico, all'assenza di questo amore, ormai finito, per un semplice disguido, o di pura viltà.
La madre era l'attesa imprescindibile, la gola fiorita di ginestre, l'insenatura calda; era l'approdo certo. La speranza scintillava inavvertita tra le sue braccia. La madre era musica alta, era la culla che nutriva il sogno. Improvvisa, la madre, si frantumò contro pareti altissime lasciò dietro di sé pozzi di solitudine attese senza attesa, noia, musica che, come in un disco di vinile che s'inceppa, ripete ancora e ancora la stessa nota, all'infinito.
La casa dove vivesti ha fenditure ove nidificano le formiche della memoria (camminano dentro la testa, portano via, a mucchi, lentamente, i grani di passate stagioni e accumulano, per un inverno che è già qui). Nelle stanze più interne, quelle costruite nei tuoi recessi più profondi, ci sono crepe che si allargano, erosioni che saranno voragini, fino a che non ci sarà che il vuoto, un buco nero, come per la morte di una stella. E chi passerà dopo di te vedrà ancora l'indifferenza delle formiche che non ricordano, la piccola anfora del tuo corpo le sue minuscole incisioni indecifrabili.
Li seduta a un angolo di via na vecchietta vende castagne. Grida... comprate le castagne riscaldate le mani... Qualcuno compra e lei mette i pochi spiccioli nella calza. Si fa buio e col freddo la vecchietta si stringe al suo scialletto. Poi il suo cane muovendo la coda sembra che dica dai andiamo che è o.
Si profila al di noi appresso la sua figura esile, mentre accosta al di noi fianco con passo delicato e gentile. Traspare nella sua sin troppo evidente timidezza, la carica umanitaria, ricca di amore soadente per un altrui dare con estrema razio e coerenza che con infinito calore dona alla gente. Quella gente che la invita nel continuare a proferire nella missione, ragion che ne ha fatto della sua vita.