Poesie personali


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie personali)

Servi dello Stato

Servi dello Stato colati a fondo,
uno ad uno nella nebbia dimenticati nel nulla,
lungo corsie di sangue a sirene spiegate,
occhi di lince e fiuto di volpe,
ma la morte è regina di notte,
profuma di spine,
si diletta trasformista come primattore da palco,
si acquatta silenziosa, si muove sinuosa,
come un serpente assume i colori del suolo,
a redini sciolte cavalca con furia gli strali assassini,
guida le mani nel bagno di sangue
e si accende gli occhi nel porre fine alla vita.
Colati a fondo ma vivi,
solo nel ricordo di pochi,
sacrificio inutile di anonimi eroi
tenuti a morire pur di salvare una vita,
importante più della loro e di amici e parenti,
soli nella marcia per difenderne il nome,
la memoria e il ricordo,
verso lo Stato che ha comprato il suo perdono
per l'inerzia e la complicità negli anni di piombo.

(Nel ventesimo anniversario del rapimento dell'onorevole Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse)
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie personali)
    Olocausto

    Come si muore,
    quale preghiera rimane, quale forza nel cuore,
    quali ancora parole se non lamenti.
    Insieme e in fondo soli,
    come si muore,
    senza più ricordi, senza pelle e più ossa,
    ombra della propria ombra di notte e col sole.
    Calda la paura rende di fuoco l'aria
    e di sangue le lacrime, di ghiaccio il sudore.
    Come si muore a pochi passi dalla morte,
    come si muore in piedi e ginocchia a terra,
    con occhi randagi a cercare la fuga
    non dalle anguste mura
    ma dai cento altri sguardi,
    sbarrati nell'orrore dell'addio alla vita
    e spaccati dall'odio dell'odio
    come un sasso nel cuore.
    Mano nella mano col silenzio nelle parole
    e il lamento nel cuore,
    dal profondo si leva l'urlo
    sotto le docce infami e assassine
    che bagnano di morte le schiene e i nudi capi chini.
    Come si muore insieme, spalla a spalla,
    corpo contro corpo vomitante sudore,
    nudi nel freddo e vuoti, ormai vuoti,
    già morti nella vita, già nella vita oltre la morte.
    Tutto rimane,
    le braccia marchiate, le vite segnate,
    le lacrime a spasso coi ricordi,
    a torturare l'anima di chi ce l'ha fatta,
    il ricordo di chi non è tornato e mai più tornerà.
    Come la neve,
    polveri bruciate e ceneri come la neve,
    sputate fuori dalla fiamma carnefice,
    che gli occhi segnò di giorno e di notte,
    che mai tremò nel dare la morte,
    legando il dolore e le fiamme, la vita alla morte.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie personali)

      Silenzio della lontananza

      Un silenzio evanescente, ma triste,
      inonda col suo tono sconsolato
      l'arsume della nostra lontananza.

      Ma tu, così distante da me,
      e la sera sempre più lontana,
      fra i versi per i quali hai sorriso
      cerca il calore del mio petto
      (in mezzo a quelle macchie nere
      vive il nostro eterno abbraccio)
      perché possa un sorriso
      dileguare la malinconia.
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        La Felicità

        Lungo viali di puro e limpido cristallo la vita trascorre e si evolve.
        Durante il cammino si raccolgono i pensieri e si condividono.
        Si condividono con i sogni che nascono, specchiandosi nelle trasparenze che si immaginano,
        e le realtà che si trovano, gardando freddamente dritti davanti a se.
        Il segreto della felicità è: camminare lungo questi viali senza farsi accecare dei riflessi dell'immaginazione né opprimere dalla freddezza delle realtà!
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie personali)

          Felicità

          La felicità è il battito d'ali
          del coleottero che non calpesti.
          Il minusculo lembo di pelle
          che si stacca dal dito ferito.
          Una caraffa di bianco frizzante
          bevuta d'un fiato senza respiro.
          Le lacrime sincere d'una ragazza pallida
          il mattino alle cinque
          alla stazione dei treni.
          Quel momento unico
          d'estasi onirica
          quando tutto si blocca
          e intravvedi uno strappo nel tempo
          che ti regala un secondo di vita.
          La felicità è quello che non hai,
          sono i rimpianti
          e i ricordi a cui ti leghi
          nella sera o di notte.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie personali)

            Un po' di pietà

            Erano ragazzi normali e intelligenti,
            mi direte, e quando
            uccisero la madre di lei si dimostrarono
            lucidi e spietati...
            Ora applaudite la condanna
            unendovi al coro degli ipocriti:
            volete esorcizzare il vostro male!
            Erano ragazzi normali e potevano
            essere figli vostri...
            e ciò v'inorridisce.
            Ma forse noi dovremmo avere
            un po' di pietà per loro.

            Ora che cosa potrei dire a Erika
            se fossi suo padre:
            Oddio, dov'ero Erika,
            come potevo non accorgermi
            che in cuore ti ribolliva quell'assurda
            e orrenda gelosia;
            perché soltanto di gelosia si tratta,
            ne sono certo.
            È colpa mia, non tua,
            se non me ne sono accorto.
            Come potevi credere
            che il mio amore fosse poco e divisibile?
            Il mio amore, tu non lo sapevi,
            era più grande e illimitato
            e comprendeva te, la mamma e il fratellino.
            È colpa mia, non tua,
            se tu non lo hai capito.

            O voi tutti che giudicate, siete buoni!
            Voi avete sempre amato vostra madre, ricordate.
            Quando era vecchia l'avete messa in un ospizio,
            quel più comodo,
            sulla strada percorsa nei weekend.
            Così potevate fermarvi un momentino,
            senza perder tempo:
            -Cara mamma, ti ho portato un regalino,
            una scatola di biscotti, quelli molli,
            che puoi mangiare anche tu, senza dentiera.
            Sei contenta? - E andate via.

            Anche voi avete ucciso vostra madre
            e dovreste avere almeno
            un po' di pietà per voi.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie personali)

              Non m'importa

              Che senso ha coprirmi di attenzioni
              proprio ora che mi stai lasciando?
              E perché continui a cucinare
              che non abbiamo neanche voglia di mangiare?

              Da dietro ti guardo di sfuggita
              mentre tu trambusti tra i fornelli,
              vedo il tuo collo bianco e il tuo codino
              e le tue gambe sottili di bambina;
              e il cuore mi si gonfia di tristezza.

              Poi ti giri e nel tuo viso contratto
              leggo una dura ostinazione
              e da un puntino nero della pelle
              che non ti avevo mai notato prima
              sembra sprizzare fuori il tuo rancore.
              Non riesco a capire cosa ho fatto
              per suscitare un odio così forte.

              Tuttavia mi prepari il caffelatte
              col pane raffermo, che a me piace,
              cosa che tu mai facevi prima;
              mi sembra un gesto pietoso come quando
              si offre un lauto pranzo al condannato
              prima di trascinarlo dal suo boia.

              Che me ne importa a me del caffelatte
              se ora tu vuoi andare via?
              Che importa a me di lavorare,
              che m'importa dei soldi e della roba?
              Che m'importa di finire sotto un camion,
              che m'importa di cadere da un ponteggio,
              che m'importa di morire per un cancro
              se ora vuoi andare via?
              Non m'importa, non m'importa,
              non m'importa proprio niente.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie personali)

                Ultima poesia

                La lebbra ha devastato il tuo bel volto
                che ora è nascosto da una pezza,
                ti conosco soltanto dai tuoi occhi
                miopi che mi guardano con astio.

                Il tarlo del tempo corrode i miei ricordi
                e di ciò che mi fu speranza e amore
                rimane un pugno di cenere amorfa
                spazzata via dal vento inesorabile.

                Oh il vento! Porti via anche la polvere
                del mio corpo corrotto dalla morte,
                mulinando cancelli ogni mia traccia.
                Di me più non rimanga nulla.

                Soltanto quando avrai dimenticato
                la mia bocca piena di vermi,
                tu riderai fuggendo il mio ricordo
                fastidioso come insetto da schiacciare.
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