Ringrazio Angela e Margherita1 dell'attenzione prestata a questo pensiero.
Sta di fatto, tuttavia, che la possibilità di tornare indietro non ci è concessa: la freccia del tempo vola solo in avanti. Dunque la frase è del tutto ipotetica quanto alla possibilità di ripetere il percorso effettuato, ed esprime solo le motivazioni per cui è bene evitare rimpianti ed auto flagellazioni riguardo agli errori commessi, che costituiscono un bagaglio prezioso.
Ma... quanto al futuro, che possiamo dirne? La frase di Oscar Wilde, riportata da Tina, si pone su questo piano, più pratico e reale, e sembra dirci che, qualsiasi sia stata la nostra esperienza passata, qualsiasi siano le nostre decisioni o intenzioni, siamo esseri soggetti a sollecitazioni emotive di ogni tipo; e queste sollecitazioni con ogni probabilità prevarranno, al momento opportuno, sulle nostre intenzioni e sulla nostra volontà.
Bene, io concordo in pieno con quest'ultima visuale, ma allo stesso tempo sono con essa in totale disaccordo. E mi spiego.
E' mia ferma convinzione che la molla della volontà umana (ciò che cioè spinge l'uomo a fare un qualcosa) non sia nè la sola razionalità, e neanche la sola emotività, ma qualcosa di molto semplice e primitivo: IL DESIDERIO. Mi sentirei anzi di affermare con certezza che noi "siamo" ciò che desideriamo.
Ha dunque ragione, secondo me, Wilde, quando dice che, di fronte alle circostanze della vita, sulla volontà (intesa come super-io che si impone, alla maniera di Vittorio Alfieri) e sull'intenzione prevarrà la passione. Cioè il desiderio.
Ma è proprio questo il punto: povero chi si illude che errori ed esperienze possano servire ad educare volontà e intenzioni A LIVELLO ESCLUSIVAMENTE RAZIONALE. Il livello di perfezionamento deve essere invece quello dei DESIDERI. Un livello che denota non un'operazione meramente razionale di utilità o convenienza, ma un vero e proprio perfezionamento spirituale. Questo è la prova, questo l'ostacolo, questo il significato ed il senso dell'utilità dell'errore.
Non a caso Gesù Cristo equipara il rubare al desiderare di rubare.
12 anni e 7 mesi fa
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Non sono d'accordo con il tuo modo di vedere, Paolo. Anche i cani sono più o meno intelligenti, più o meno buoni: possiedono vizi o virtù come noi, ammesso che noi ne possediamo... Giacché spesso anche quanto agli esseri umani si può dire che vengano ad essi attribuiti vizi o virtù che non possiedono. Più in generale, io ritengo che il ritenerci superiori ai cani, ed in genere agli animali, sia un errore di prospettiva paragonabile a quello che una volta commettevamo nel ritenere la Terra, cioè la nostra casa, il centro dell'Universo. O nel ritenere la razza nera una razza inferiore, degna di essere assoggettata a schiavitù.
12 anni e 7 mesi fa
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Ti ringrazio, Dana.
In effetti chi teme il mistero (e ce ne sono tanti...) spesso non si rende conto di temere se stesso e la propria matrice. Qualcosa con cui bisogna prima o poi fare i conti, perché da tutto potremo fuggire, tranne che da noi stessi.
Ma occorre qualcosa di più: occorre aver fiducia nel mistero. Perché è al mistero che dobbiamo tutto ciò che ci circonda, ed anche noi stessi e la nostra vita.
In definitiva, è proprio il mistero la nostra grande speranza.
12 anni e 7 mesi fa
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Il problema che poni è molto interessante, perché induce a considerare la differenza tra il valore intrinseco e il valore convenzionale delle cose, esseri umani compresi. Il valore convenzionale è ciò che può ad esempio condurre un oggetto recante una "firma" qualsiasi a valere 10, 20 o 100 volte più di un oggetto analogo non "firmato"; è ciò che in termini umani può essere definito "successo", che spesso arride a chi sa meglio pubblicizzarsi e sgomitare, soprattutto oggi, nel nostro universo umano dominato dai mezzi di comunicazione di massa e dai loro artifici.
Il valore intrinseco è viceversa qualcosa che per sua stessa definizione non dipende da alcun giudizio, nè proprio nè altrui... ed è per l'artista oggetto di interesse, di sfida e di amore, piuttosto che oggetto di valutazione propria o (da sottoporre alla) valutazione altrui. Ne deriva secondo me che il vero artista non tiene in alcun conto i giudizi positivi altrui sulle proprie cose, ma anzi ricerca il senso di quelli negativi; perché, quanto al giudizio proprio, è sempre il più feroce critico di se stesso. Si riscontra inoltre, negli artisti veri, una certa riluttanza a cedere le proprie creazioni (ove si concretino in oggetti), giacché alle stesse essi spesso rimangono legati come a pietre miliari del loro itinerario artistico.
Comunque secondo me, ed in ogni caso, la fama attribuita a questi personaggi (che mi pare sia la domanda che tu poni) dipende dal giudizio collettivo, che spesso è estremamente variabile, come risulta da clamorose svalutazioni o rivalutazioni di artisti, filosofi o addirittura scienziati del passato. Credo inoltre che tu sia sulla strada giusta, giacché, come dicevo, chi si ponga come condottiero o lume dell'umanità, per definizione non è un'artista. Può essere un filosofo, questo sì. Ma di poeti, manco a parlarne. Ogni intento didascalico, in questo campo, lo ritengo una contraddizione in termini, perché esclude a priori la ricerca di cui si sostanzia ogni tentativo di espressione artistica.
12 anni e 7 mesi fa
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I giudizi di valore, secondo me, non sono opinioni individuali, ma obiettività collegate alla nostra stessa coscienza universale: qualcosa che ci preesiste. Un pò come il diritto naturale, quod natura omnia animalia docuit (ciò che la natura insegnò a tutti gli esseri viventi).
Quanto al superamento dell'uomo, è già in atto, anche se ancora non manifesto, come da tempo vado dicendo più o meno al vento. Ma non è un fatto individuale di natura ideologica o volitiva, bensì una modifica evolutiva della specie.
12 anni e 7 mesi fa
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Sta di fatto, tuttavia, che la possibilità di tornare indietro non ci è concessa: la freccia del tempo vola solo in avanti. Dunque la frase è del tutto ipotetica quanto alla possibilità di ripetere il percorso effettuato, ed esprime solo le motivazioni per cui è bene evitare rimpianti ed auto flagellazioni riguardo agli errori commessi, che costituiscono un bagaglio prezioso.
Ma... quanto al futuro, che possiamo dirne? La frase di Oscar Wilde, riportata da Tina, si pone su questo piano, più pratico e reale, e sembra dirci che, qualsiasi sia stata la nostra esperienza passata, qualsiasi siano le nostre decisioni o intenzioni, siamo esseri soggetti a sollecitazioni emotive di ogni tipo; e queste sollecitazioni con ogni probabilità prevarranno, al momento opportuno, sulle nostre intenzioni e sulla nostra volontà.
Bene, io concordo in pieno con quest'ultima visuale, ma allo stesso tempo sono con essa in totale disaccordo. E mi spiego.
E' mia ferma convinzione che la molla della volontà umana (ciò che cioè spinge l'uomo a fare un qualcosa) non sia nè la sola razionalità, e neanche la sola emotività, ma qualcosa di molto semplice e primitivo: IL DESIDERIO. Mi sentirei anzi di affermare con certezza che noi "siamo" ciò che desideriamo.
Ha dunque ragione, secondo me, Wilde, quando dice che, di fronte alle circostanze della vita, sulla volontà (intesa come super-io che si impone, alla maniera di Vittorio Alfieri) e sull'intenzione prevarrà la passione. Cioè il desiderio.
Ma è proprio questo il punto: povero chi si illude che errori ed esperienze possano servire ad educare volontà e intenzioni A LIVELLO ESCLUSIVAMENTE RAZIONALE. Il livello di perfezionamento deve essere invece quello dei DESIDERI. Un livello che denota non un'operazione meramente razionale di utilità o convenienza, ma un vero e proprio perfezionamento spirituale. Questo è la prova, questo l'ostacolo, questo il significato ed il senso dell'utilità dell'errore.
Non a caso Gesù Cristo equipara il rubare al desiderare di rubare.
In effetti chi teme il mistero (e ce ne sono tanti...) spesso non si rende conto di temere se stesso e la propria matrice. Qualcosa con cui bisogna prima o poi fare i conti, perché da tutto potremo fuggire, tranne che da noi stessi.
Ma occorre qualcosa di più: occorre aver fiducia nel mistero. Perché è al mistero che dobbiamo tutto ciò che ci circonda, ed anche noi stessi e la nostra vita.
In definitiva, è proprio il mistero la nostra grande speranza.
Il valore intrinseco è viceversa qualcosa che per sua stessa definizione non dipende da alcun giudizio, nè proprio nè altrui... ed è per l'artista oggetto di interesse, di sfida e di amore, piuttosto che oggetto di valutazione propria o (da sottoporre alla) valutazione altrui. Ne deriva secondo me che il vero artista non tiene in alcun conto i giudizi positivi altrui sulle proprie cose, ma anzi ricerca il senso di quelli negativi; perché, quanto al giudizio proprio, è sempre il più feroce critico di se stesso. Si riscontra inoltre, negli artisti veri, una certa riluttanza a cedere le proprie creazioni (ove si concretino in oggetti), giacché alle stesse essi spesso rimangono legati come a pietre miliari del loro itinerario artistico.
Comunque secondo me, ed in ogni caso, la fama attribuita a questi personaggi (che mi pare sia la domanda che tu poni) dipende dal giudizio collettivo, che spesso è estremamente variabile, come risulta da clamorose svalutazioni o rivalutazioni di artisti, filosofi o addirittura scienziati del passato. Credo inoltre che tu sia sulla strada giusta, giacché, come dicevo, chi si ponga come condottiero o lume dell'umanità, per definizione non è un'artista. Può essere un filosofo, questo sì. Ma di poeti, manco a parlarne. Ogni intento didascalico, in questo campo, lo ritengo una contraddizione in termini, perché esclude a priori la ricerca di cui si sostanzia ogni tentativo di espressione artistica.
Quanto al superamento dell'uomo, è già in atto, anche se ancora non manifesto, come da tempo vado dicendo più o meno al vento. Ma non è un fatto individuale di natura ideologica o volitiva, bensì una modifica evolutiva della specie.