Giuseppe Freda

Nella frase "Tutti sono autori del proprio destino. Perciò..." di Henry Wadsworth Longfellow
Già dai tempi del liceo non riuscivo a capire la massima "faber suae quisque fortunae". Le nostre vite arrancano pericolosamente per alcuni fra terremoti, tegole che cadono, sparatorie, pirati della strada, malattie invalidanti o mortali... mentre invece per altri scivolano lisce come l'olio fra natali principeschi e colpi di fortuna inattesi...  Ci vuole veramente un coraggio a sostenere che ciascuno sia artefice del proprio destino. Vedere poi citata, come conseguenza della massima in questione, la circostanza che il passato non ritorna, è per me veramente un mistero della mente umana. E istintivamente mi viene là per là da pensare: costui, o era troppo intelligente, o era troppo fe*s*so. Poi vai a vedere la scheda, e ti accorgi che era un americano dell'800. E tutto si chiarisce nell'oceano della più disarmante superficialità.
6 anni e 11 mesi fa
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Nella frase "Abbandonano i genitori anziani, li lasciano in..." di Chiara Libero
Tutto vero e sotto gli occhi di tutti, ma c'è da dire una cosa importante, anzi importantissima: povero chi confida negli esseri umani. Bisogna scendere profondamente dentro se stessi, ricercare il senso della vita e delle prove che ci propone, e lottare perché queste ingratitudini, e il senso di solitudine ed abbandono che ne conseguono, non siano fonte di tristezza, e tanto meno di disperazione, ma ci appaiano per quello che sono: grandi occasioni di elevazione spirituale, in quanto tali fonti di gioia, non di dolore. Come tutte le sofferenze cui di tempo in tempo ci assoggetta la nostra fragile ed imperfetta natura umana.
6 anni e 11 mesi fa
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Nella frase "Cose magnifiche vengono alla mente da un..." di Vincenzo Cataldo
Ciao, Vincenzo, ben ritrovato. :)  No, uno che parla di sincretismo ermetico e di esoterismo iniziatico (termini perfettamente "tecnici") tutto può essere, tranne che digiuno di filosofia o contro di essa. Il punto, però, è che nel tuo post, e nei relativi commenti (tra cui quelli provenienti da voxclamans, che ero io prima di ritrovare la password smarrita :) non c'è filosofia, ma ESPERIENZA, cioè realtà vissuta. E di realtà vissuta, peraltro, parlavate anche con Antonio Prencipe. Ora, se uno vive una qualsiasi realtà (ordinaria o eccezionale che sia), si pone al di fuori di ogni etichettatura letteraria, scientifica o filosofica: racconta semplicemente ciò che ha provato, vale a dire ciò che ha percepito e vissuto, al di là di ogni dotta classificazione teorica. Quanto poi agli "iniziati" di cui parlavo, essi sono coloro che vengono informati e addottrinati, e per tal via possono comprendere certe cose; ma chi queste cose già le conosce perché le vive e sperimenta, più che un iniziato forse dovrebbe essere definito un illuminato... - Ma... è poi così importante costruire definizioni delle cose? Certo, studiarle e definirle è importante; ma molto più importante, a mio avviso, è cercarle, viverle e sperimentarle... E' però anche vero che ognuno ha la sua opinione... e la sua vocazione. E tutte le opinioni e vocazioni sono utili, anzi indispensabili all'organismo complessivo del genere umano.
6 anni e 12 mesi fa
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Nella frase "A condannare un uomo alla solitudine non sono..." di Milan Kundera
Nessuno, né nemico né amico, ha il potere di condannarci alla solitudine... perché nascemmo soli, moriremo soli... e, quantunque possa apparire incredibile, viviamo soli, anche quando riteniamo di essere nella migliore delle compagnie.
7 anni fa
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Nella frase "Ciò che si percepisce della nostra vita non è..." di Gustavo Adolfo Rol
No Giulio, attenzione: la "realtà" cui Rol si riferisce non ha nulla di metafisico, ma è proprio la realtà FISICA, quella di tutti i giorni, che non è come ci appare (Rol, con i suoi "esperimenti" riferiti da persone degnissime di fede, lo ha ampiamente dimostrato per un'intera vita): da cui la deduzione che ciò che percepiamo come "normalità" è solo un'illusione. La faccenda, dunque, ha ben poco di filosofico: è FISICA (riguarda cioè la natura), ed è MOLTO importante ai fini PRATICI...
7 anni fa
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Nella frase "Io sono uno di quelli che si sentono liberi..." di Antonio Prencipe
Antonio, la frase è molto bella nel suo significato ma c'è un errore di italiano, che mi permetto di farti notare in pubblico e non in privato, perché si tratta di un errore ricorrente nelle frasi di molti: e se dovessi farlo notare a ciascuno in privato, dovrei scrivere decine di messaggi.     Quello che dico lo dico dunque nonsolo a te, ma a tutti coloro che non avessero colto l'errore. D'altra parte so bene che sei un ragazzo intelligente e non presuntuoso, e dunque tale da non offenderti per una correzione, ma anzi eventualmente da ricercarne per progredire nell'efficacia dei tuoi mezzi espressivi.
    L'errore è dunque il seguente. Il pronome "che" significa "il quale, la quale, i quali, le quali". Nella frase, così come è scritta, esso non può significare altro che "i quali", perché si lega con il plurale "quelli",  che immediatamente lo precede. Stando così le cose, dato che quel "che" è il soggetto che regge il verbo "sentire", questo verbo deve andare al plurale, non al singolare: "io sono uno di quelli che si sentono, ecc.". Te ne renderai subito conto se, nella frase che hai scritto,sostituisci "che" con "i quali":  i"io sono uno di quelli i quali si sente" è evidentemente errato.
    Secondo me però la via migliore di correzione della frase è eliminare il "quelli": "io sono uno che si sente libero solo dentro una poesia".
    Ti ringrazio dell'attenzione, e ti saluto caramente.
    PS: naturalmente il tuo pensiero è molto bello. E proprio per questo merita un bel vestito nuovo.  : ))))))
12 anni e 8 mesi fa
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