Poesie personali


in Poesie (Poesie personali)

Il vuoto

Guardo il vuoto
e non vedo niente,
nè cielo, nè monti,
e volar le aquile
nessuno parla,
nulla si muove,
è invisibile l'invisibile,
come l'anima nel cuore,
che un vuoto di vita,
che poco a poco si riempie
con i nostri sentimenti,
e ho capito ora
quant'è bello il vuoto
a poter riempire
con i miei sospiri.
Composta domenica 18 dicembre 2016
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    Scritta da: Stefano Medel
    in Poesie (Poesie personali)

    Raro amore

    In questo mondo,
    com'è difficile amare
    ed essere amati,
    solo rimanere soli è semplice,
    trovare l'amore è complicato,
    è una grana non facile;
    in questo sociale
    cinico,
    materialistico,
    basato sul denaro e il potere,
    l'amore diventa solo ricerca
    di benessere e di denaro a buon mercato,
    si cercano i re di denari appunto, e basta,
    o le regine di cuori, purché siano ricche;
    l'amore il sentimento,
    è difficile da trovare,
    e capita di rado,
    e le occasioni non sono tante,
    per essere felici.
    Composta domenica 18 dicembre 2016
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      in Poesie (Poesie personali)

      Omaggio a Emanuela

      Conoscere Emanuela?
      è una grande emozione
      è come cavalcare un'onda in ebollizione
      Ella è semplice, determinata, sicura
      è dinamite, adrenalina pura!

      E come conoscere un angelo o forse
      una stella, ma ciò che mi ha colpito
      non è solo il suo splendore ma
      quello che mi ha lasciato il segno è
      il suo carisma, il suo semplice candore!

      Possiede un sorriso aperto, spontaneo leale
      ti mette a tua agio e ti coinvolge nel suo mondo
      virtuale, diventi prigioniero della sua icona ideale
      rimani sbigottito ma è tutto bene in fondo

      Incontrarla è sempre un'avventura, la sua empatia
      ti avvolge, ti sconvolge, la sua voglia di vivere è
      tracotante, effervescente, è un fuoco d'artificio
      la sua condizione è sempre un cratere in eruzione!

      Quando poi ti lascia il tempo di riflettere
      riordinare le idee e ritornare te stesso
      pensi che certe cose ti capitano solo adesso
      e quando le cercavi la vita non te le ha concesse!
      Composta sabato 17 dicembre 2016
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        Scritta da: Iris Vignola
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        E l'angelo guardò la luna

        E l'Angelo guardò la luna,
        contemplandola come Venere sognante,
        attonito e assorto, senza distoglier sguardo,
        dacché, già, l'avea notata,
        la notte, al suo usual incedere fatato,
        mai rimirandola come in cotal momento.

        Parea dipinto,
        sì talmente immobile com'era, da parer finto,
        tutt'uno, sopra l'esiguo scoglio che l'accoglieva.
        Turbato, com'un innamorato, ebbro d'ardore,
        ch'andava a intonar la serenata ch'avea nel cuore.
        S'avesse avuto voce, per quel cantico d'amore!

        Regina della notte, al palesars'in cielo,
        enfasi e stupore, per l'astro incoronato d'alone luminoso,
        che riflettea sul mar barlumi luccicanti a pelo d'acqua,
        brillanti luccichii d'argento,
        sopr'al candido riverbero, delineante strana rotta.

        Rotta del desiderio... pensò l'Eccelso.
        E l'Angelo guardò la luna,
        pensando alla sua veste immacolata,
        perpetuo, il suo scrutare solitario,
        nel tempo suo, ch'andava a terminare,
        gioendo, di splendor ch'avrebbe perso,
        non soffermandosi, quell'attimo d'eterno.
        Composta domenica 6 dicembre 2015
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          Scritta da: Iris Vignola
          in Poesie (Poesie personali)

          Celestiale è

          Celestiale è 'l color della speme, mai muore,
          nutrita al levar del mattino,
          disacerba 'l rancor suffragato dal male,
          di candor fanciullesco s'avvolge.

          Emulando parvenza del mare,
          già sottratta in partenza al cielo ceruleo,
          estorce la tinta cangiante,
          nell'intenso desio di rinascer costante.

          Nel celeste mantel virginale
          si cela, nell'intento di trarne conforto,
          la preghiera che sale è sagace,
          cita l'inno a schiacciare il serpente.

          Celestiale è la nota d'intenso vibrare,
          ch'ancor s'ode, nel porre l'udito,
          quale musica astratta, nel cosmo sapiente,
          un sussurro vitale che prende, struggente.

          Linfa fresca infiamma le vene,
          nel tripudio di coglier respiro,
          nell'immenso fluir di quel canto ancestrale
          stimolante  'l coraggio interiore.

          Celestiale è l'amore che smuove ogni dove,
          che v'è intriso, nell'intrinseco spazio,
          ch'ha certezza soltanto sentito nel cuore,
          quale magico incanto perpetuo e sgorgante.

          Immortal tale fonte primaria, di suono si tinge,
          negli armonici accordi che giungono all'io,
          gorgheggianti com'echi ch'espandono l'aere,
          risponde fervente 'l palpito d'un cuor nascente.
          Composta martedì 13 dicembre 2016
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            Scritta da: Iris Vignola
            in Poesie (Poesie personali)

            Inver nacqui

            Atmosfera rarefatta,
            galleggiando, nel limbo ch'amavo assai tanto,
            protezione e piacere, nel guscio racchiusa,
            fors'anche sarei mai, da lì, sgusciata.
            non assaporando però 'l profumo del tuo seno.
            Inver nacqui dal grembo che scoprii materno,
            vidi la luce, nell'oscurità d'una notte bruna,
            abbandonando alfin quella mia culla
            che, senza sosta, mi ninnava,
            in cui, beata,
            ambivo alle carezze della mano delicata.
            Sonorità latente giungea a me soffusa,
            voce, come nenia, che m'acquietava
            e m'addormentava,
            facendomi sognar la bocca che narrava
            oppur cantava la soave ninna nanna.
            Dolci sensazioni d'un'epoca passata,
            d'una coscienza non ancor delineata,
            di cui 'l ricordo s'è perso già nascendo
            e manca a questo cuor ch'ancor t'acclama,
            ch'ancor accanto ti vorrebbe, mamma.
            Composta mercoledì 14 dicembre 2016
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              Scritta da: Iris Vignola
              in Poesie (Poesie personali)

              Come giulietta so d'ascoltar, d'usignolo, il dolce canto

              Verseggia ancora l'usignolo,
              accovacciato sul ramo del salice che piange,
              melodico il suo suono,
              ne intona il pianto, nel gorgheggiar intenso,
              dopo la notte insonne, nel deliziar l'udito.
              Rimbalza l'eco,
              nella campagna circostante,
              ch'attendeva l'alba, per giungere al risveglio.
              L'oscurità notturna
              m'è comparsa più opprimente del consueto.
              Priva di vita, s'è palesato solamente il nulla,
              nell'inghiottire il tutto.
              La luna è migrata alla mia vista,
              s'è rifugiata altrove, anziché portar conforto.
              Funereo quel cielo nudo, a deluder il morale.
              Solo triste tristezza è apparsa all'orizzonte,
              nella sua veste lunga e nera,
              in cui le lacrime si forgiano a tessuto.
              Inaspettata, s'è insinuata nella mente,
              radicando la sua tela,
              tal ragno, che sa circuir bene la sua preda ignara.
              Come Giulietta, so d'ascoltar, d'usignolo, il dolce canto,
              non dell'allodola, sul ramo.
              Sentor di Paradiso, sebben per un momento,
              m'assale, alle tonalità poliedriche del piccolo pennuto,
              da far tesoro ritrovato e racchiuder nella mente,
              onde fuggir dalla tristezza, or sofferenza, alfine,
              nell'esistenza altalenante...
              A tal uopo, quel canto, sigillerò nel cuore.
              Composta domenica 16 agosto 2015
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                Scritta da: Iris Vignola
                in Poesie (Poesie personali)

                Mi voltai... e vidi quel fiore...

                Nel sentor d'erba bagnata, la violenza scatenata sul mio corpo,
                dita forti mi strappavano i vestiti, lacerandomi le carni ed il mio cuore.
                Assetato di dolore, arrancando, dissetasti la tua oscena bramosia,
                tra le gambe insudiciate sia di terra, che di sangue.
                Più serravo e più impazzivi, scatenando la tua furia,
                soggiaceva, in me, la femmina, alla lotta
                e, strappando i miei capelli, addentravi il tuo piacere
                in quel nido che violavi e violentavi,
                col tuo sadico furore d'una belva assatanata.
                Mi schifasti delle mani che infilavi nei segreti del mio corpo,
                del tuo fiato ch'esalavi dalla bocca spalancata,
                sulle labbra mie, sfinite dalle grida disperate.
                Del tuo umore, che spargesti nelle viscere nascoste.
                Del mio male, appagasti la libidine crescente.
                Te ne andasti come un vile vincitore, la tua spada nella guaina,
                quel tuo ghigno d'un demonio... lo ricordo come allora!
                Non più grida dalla bocca, eran morte nella gola.
                E le lacrime di pioggia si versarono sul viso,
                per mondarlo dal mio pianto, nel fragore del silenzio.
                E la terra infradiciata mi donava il suo tepore, come madre, mi cullava,
                un effluvio mi arrivò, dritto, alle nari, non me n'ero accorta prima.
                Mi voltai... e vidi quel fiore...
                Composta giovedì 21 gennaio 2016
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                  Scritta da: Iris Vignola
                  in Poesie (Poesie personali)

                  Giunto sopra al nono cielo

                  Com'in un baccello,
                  racchiudevan, l'ali sue, quell'Angelo caduto,
                  affranto, nel suo guscio.
                  Fors'il cielo non se n'er'ancor accorto,
                  che mancava al Paradiso.
                  Che mancava il suo sorriso.
                  Quelle lacrime di pianto
                  gli cadevan dallo sguardo desolato.
                  Solitario, il suo dolore,
                  strano specchio del suo essere perfetto,
                  privo d'altro sentimento che d'amore.
                  Rannicchiato su se stesso,
                  come fosse stato in grembo,
                  mai vissuto, dal suo esser un eletto,
                  spoglio d'ogni umana sorte,
                  sconosciuta, a lui, la morte.
                  Dolce rosa... la fragranza riportava la speranza
                  del giardino dei Beati,
                  d'ogni gaudio, profumato e di letizia,
                  dove ritrovar riposo, nell'empirico suo volo,
                  giunto sopra al nono Cielo.
                  Composta mercoledì 3 febbraio 2016
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                    Scritta da: Iris Vignola
                    in Poesie (Poesie personali)

                    Le mancava immensamente

                    Sorvolava il mare, con le sue ali bianche,
                    pareva esser volo d'un gabbiano,
                    scrutando l'onde che, nell'infrangersi su scoglio,
                    l'erodean malvagie. Immobile, com'ad aspettar la morte.

                    Si poneva sulla rena, ammirando, col suo cuor ormai etereo,
                    l'orizzonte, riflettente nell'acque trasparenti,
                    ch'agivano da specchio, nel donargli i suoi colori evanescenti,
                    ch'entrambi rendevan similari. Quasi fosse suo gemello.

                    Seguiva, coi suoi occhi verde-azzurri, fin in fondo,
                    dove sguardo si perdea, laddove parean incontrarsi,
                    sciogliers'in un abbraccio, per divenir tutt'uno. Quasi a sposarsi.
                    Simbiosi d'un creato insormontabile e perfetto.

                    Rammentava l'acre effluvio del salmastro,
                    or mai più potea inebriarsi, così priva dei suoi sensi.
                    Le mancava percepir i suoi fremiti soventi,
                    in quel tempo, nell'immerger il suo corpo ancor intatto.

                    Ascendeva nuovamente al posto suo, alle Alte Sfere,
                    immutabili, in quel ch'era il Paradiso,
                    inni, in cor di Cherubini e Serafini spars'in cielo,
                    non lenivan il ricordo del suo mar...
                    Le mancava immensamente...
                    Non poteva starne senza...
                    Composta sabato 27 febbraio 2016
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