Poesie inserite da Alexandre Cuissardes

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Scritta da: Alexandre Cuissardes

Buongiorno e vai

Ti commento la notizia della radio del mattino.
Ad alta voce.
Rispondi che non puoi sentirmi.
Forse ti stai lavando i denti
o ti stai vestendo.
O sei seccata.
Capisco che non hai interesse.
Ci ho provato.
Restano luci acese
sul tuo percorso in casa.
Quando richiuderai la porta
per andare
io farò il giro,
come sempre a controllare,
a sistemare.
Spegnere tutto e lamentarmi.
Guardiano stanco di questo focolare spento.
Composta giovedì 26 novembre 2015
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    Scritta da: Alexandre Cuissardes

    Album di ex famiglia

    In questa foto vedo un lui felice
    ed una lei che sogna.
    Lui che le cinge la vita
    e guarda avanti sorridendo
    lei che lo guarda
    tenendogli la mano sulla spalla.
    Foto d'agosto,
    foto di vacanza.
    Se volto pagina vedo una lei col velo,
    un velo bianco ed il trucco adatto per quel giorno.
    Lui rivestito come damerino,
    lui che non sopporta la cravatta,
    né i lacci al collo.
    Ridono,
    forse per gli altri,
    a testa bassa fra chicchi di riso,
    applausi ed urla
    uscendo dal luogo in ombra
    dove hanno firmato il gran contratto.
    Foto di giugno,
    foto di suggello.
    L'ultima pagina li mostra due più uno,
    hanno il sorriso,
    ma giusto per l'arrivo.
    Guardano entrambi il terzo,
    non l'uno dei due.
    Hanno il sorriso a colla.
    Non l'hanno fatta volentieri
    quella foto.
    Il resto manca.
    Finisce tutto lì.
    Pagine bianche fino alla copertina.
    Composta mercoledì 25 novembre 2015
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      Scritta da: Alexandre Cuissardes

      La donna ai piani

      Non lo so
      se faccia quel mestiere perché non ha di meglio,
      oppure per sua scelta.
      Passa a pulire quando la stanza è vuota,
      dopo qualche ora.
      E non ci fa più caso
      se il letto è stato testimone di un amore,
      di un tradimento,
      o di una prestazione a prezzo.
      Gli basta il colpo d'occhio.
      Se è molto sfatto c'era la passione,
      se invece è quasi a posto c'era la professione.
      Ma poi chi se ne frega.
      Basta lavorare.
      Li sente
      mentre passa per i corridoi.
      Le grida,
      i lamenti di piacere
      e tutto il resto.
      Le liti all'improvviso
      per le richieste non previste.
      Le promesse mai negate in quei momenti
      che diventano parole rinnegate a fine tempo,
      fuori dalla stanza.
      E poi li vede andare in fretta.
      Qualcuna torna ad invitare il prossimo,
      altre hanno un marito che le aspetta.
      Una moglie.
      E poi ci sono quelli che vanno lì da anni.
      Prima da amanti.
      Ed anche adesso,
      che sembrano due sposi che lasciano a casa un marito ed una moglie,
      e tornano sul luogo del peccato originale.
      Che dopo anni sembra più il luogo del misfatto.
      Chissà perché lo fanno.
      La incontro spesso quella donna ai piani,
      che dà il buongiorno con un cenno a testa bassa,
      certo per far pensare che non vede.
      O forse è il suo modo di salutare
      uno che va lì spesso.
      E sono quasi certo che non si chiede mai
      perché non prenda camere e sia solo.
      Percorra il corridoio
      ed arrivato a quella stanza
      faccia come per bussare,
      mi fermi un attimo
      e poi ritorni indietro.
      Così da tempo.
      Composta mercoledì 25 novembre 2015
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        Scritta da: Alexandre Cuissardes

        A casa in due

        Anche se quello che pensi di me è sbagliato
        non posso impedirti di pensarlo.
        Conta così tanto per te il sentito dire,
        anzi
        conta solo quello.
        È l'unico parlare che capisci.
        Non so se sia perché sono gli altri a chiacchierare
        o solo perché ti piace farmi male.
        Non passa giorno che non torni
        (ed io mi chiedo perché torni)
        col tuo raccolto di parole
        da sputacchiarmi addosso.
        Invece che ascoltarti mi pulisco il viso.
        E forse è meglio.
        Del resto quello che dici è solo il ripetuto ritornello
        di una canzone che ormai conosco a mente.
        Se ti avvicini troppo poi mi tappo il naso
        per non sentire il puzzo che ti esce dalla bocca.
        Da quella bocca
        che per disgrazia ho anche baciato.
        Quel giorno che non ero io...
        Purtroppo so però per certo
        che tu eri tu,
        e tu rimani.
        Mentre io
        non so chi fossi.
        Composta mercoledì 25 novembre 2015
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          Scritta da: Alexandre Cuissardes

          In servizio

          Sarà pure capitato
          ai più sensibili di voi
          di farci un po' un pensiero
          quando andate a ritirare un corpo steso
          o appeso,
          di chiedervi come sia morto
          e quando,
          e magari anche il perché.
          Chiedetevi invece come è vissuto
          prima di quel momento.
          Come è stato fatto vivere.
          E da chi.
          Chiedetevi se non è anche un po' colpa vostra
          e magari vergognatevi.
          Composta mercoledì 25 novembre 2015
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            Scritta da: Alexandre Cuissardes

            Gli addii senza pubblico

            Vite finite.
            Famiglie spaccate.
            Da una parte loro,
            chi resta.
            Dall'altra lui
            che va.
            Figli
            che potranno odiare i padri
            perché non capiscono il loro andare via.
            Padri che odieranno il mondo
            per ciò che gli ha ingiustamente riservato.
            Prima in corsa per lottare,
            poi
            piano piano,
            verso la fine,
            a malapena trascinati.
            Giustizieri solo nella loro testa.
            Giustizieri mancati
            che alla fine giustiziano se stessi,
            lasciando storie senza parole
            ed il posto alle grandi morti.
            Quelle dei grandi titoli,
            dei servizi,
            dei dibattiti.
            Quelle utili agli altri.
            Composta mercoledì 25 novembre 2015
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              Scritta da: Alexandre Cuissardes

              Due per adesso

              Camminano,
              parlano.
              Si tengono per mano.
              Chissà
              forse si abbracciano,
              ma non davanti agli altri.
              "È cosa di noi due".
              Li sento già rispondere
              a chi dovesse chiedere
              se davvero lo fanno ancora.
              Uno nell'altra,
              due come uno,
              così da sempre.
              Con gli anni
              l'amore ha fatto posto al bene.
              Si sono messi il corpo in pace
              ma non il cuore.
              Senza che l'uno lo dica all'altra
              condividono quell'unico segreto.
              Riguarda il tempo peggiore,
              l'ultimo che dovrà venire.
              Quello in cui ognuno dei due,
              dovendo andare
              vorrebbe che fosse l'altro a farlo
              per evitargli il dolore del restare solo.
              Composta mercoledì 25 novembre 2015
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                Scritta da: Alexandre Cuissardes

                Le donne che abitano in piazza

                Indossano il volto di chi va a messa la domenica.
                Maschere tristi di un carnevale molto antico.
                Abiti scuri,
                d'ordinanza.
                Tutti a guardarsi,
                tutti a guardare.
                Poche parole.
                Che c'è da dire?
                Qualcuno si inventa un piccolo peccato fatto ieri,
                giusto per trovare un prete con cui parlare.
                Le due donne che abitano in piazza si inginocchiano
                e stanno a testa bassa.
                Chissà se a scuoterle si possono svegliare.
                Ci proverò
                durante la funzione
                a fare quel dispetto,
                per poi potermi confessare.
                Composta sabato 21 novembre 2015
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                  Scritta da: Alexandre Cuissardes

                  La cassa da vivo

                  Vorrei una casa
                  che fosse una fortezza.
                  Una casa piena di cose
                  e vuota di gente.
                  Vorrei parlare con i muri spessi,
                  lasciar loro il tempo di pensare
                  e ripassare poi per le risposte.
                  Vorrei accarezzarle ad occhi chiusi
                  quelle che gli altri chiamano cose,
                  e con loro ricordare dove ci siamo conosciuti,
                  quanto tempo abbiamo passato insieme.
                  Cosa abbiamo fatto.
                  Vorrei accudirle
                  coccolarle,
                  come si fa con chi ha la vita
                  perché per me hanno vita,
                  e storia.
                  E danno vita.
                  Non vorrei uscire a fare la spesa quotidiana.
                  Vorrei provviste lasciate al ponte levatoio
                  da fattorini che vengono da lontano.
                  E mai gli stessi.
                  E la gente da vedere
                  vorrei essere io a sceglierla,
                  ed a scegliere il quando
                  e l'argomento da ascoltare.
                  E poi spegnerla col telecomando.
                  Perché è qualcosa da vedere,
                  non qualcuno.
                  Non vorrei più uscire di casa
                  per non sentirmi fuori dal mondo,
                  dal mio mondo.
                  Composta sabato 21 novembre 2015
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