Poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Ed esso muore

Ed esso muore

Colui che in trono posa lascia lo segno
dello pugnale infitto entro lo petto
ché di tale malvagità è figlio degno.

Tutto nega quanto che prima detto,
de li discorsi fatti null'ammette
e d'ogni sua parola nega concetto.

Di torte gusta appieno tutte fette
che per ingordigia sua nulla è bastanza,
pel popolo, però, son cinghie strette.

Quando su trono assiso è in adunanza
a lungo disquisisce di scarsezza
fingendo, quasi piange, di doglianza.

Al popolo affamato in su la piazza
ringhia qual cane che di tigna more,
infamia, qual verità, mostra con stizza.

Amici cari, a me langue lo core,
giacché donar vorrei gioie e tesori,
ma preannunciare devo altro dolore.

Pel nostre casse vuote di valori
dobbiamo dar di piglio a nostra messe
onde pianare debiti a fornitori.

Le vigliaccate restano le stesse
perché col garbo di grand'imbroglione
riesce a ingarbugliare tutte matasse.

Lui s'impinguisce ancora'l furfantone
e non ha cura di paesello che more,
ma pensa a tasche sue, il gran ladrone

ch'è esente core suo all'altrui dolore.
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    Scritta da: Nello Maruca

    La Resa

    Iella da ragazzino ebbi per mano
    e grandicello pur per man mi tenne
    e, poi, quando mia gioventute venne,
    puranco allora mio reagir fu vano.

    Allorquando scansare essa volevo,
    più fortemente a presa mi teneva
    e ancora più forte a essa mi stringeva
    mentr'io contro essa sempre più mordevo.

    Stretto mi tenne da bambino a vecchio,
    mai seppi chi m'aggravò di tal malocchio,
    or che m'appresto a varco d'ultimo guado
    lascio che vada come ad essa aggrada.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Il Fato

      Or quando il danno la tua vita tange
      ed a nessuno puoi addurne il danno,
      al fato riportar puoi tutte frange
      che sol'esso a vita dà sì tant'inganno.

      Non ti curar, perciò, di danno e inganno,
      prosegui per la via irta e spinosa
      ché quello da portare è il tuo affanno;
      nato non sei a condurre vita gioiosa.

      Né conviene tener cruccio entro core,
      né a fato convien pensiero donare
      ché quando mala sorte salta fore
      contro essa nullo pote nulla fare.
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        Scritta da: Nello Maruca

        Il Sermone

        Allorquando, nel passato, il pastore
        l'omelia dal pulpito arringava,
        attento, ognuno, l'orecchio allungava
        al celebrante che mettea fervore.

        Era la parola calda e suadente
        che tal discorso scaturia dal petto
        spronando all'amore ed al rispetto
        il ricco, l'ammalato e l'indigente.

        Dacché s'è dipartito vecchio priore,
        sermone viene freddo e senza foga
        che ch'il pronuncia non conosce voga
        e in gola nasce motto e non in cuore.

        Per perizia dicitore inadeguata
        or l'omelia è scarsa ed imbrigliata.
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          Scritta da: Nello Maruca

          Sentimento d'amore

          La vita che sol triboli mi ha dato,
          l'amor qual sentimento mi ha insegnato
          e poiché soltanto in bene essa spendo
          nato son io per morire cantando.

          Sono, pertanto, grato al divin Padre
          d'avermi dato in uso strada madre,
          che se anche ho sudato in suo percorso
          molte di pene ho scosso di sul dorso.

          Sono in attesa, ora, dell'ultimo atto,
          mentre pago canto l'appreso motto:
          Padre celeste, Iddio dell'Universo
          fa che Ti giunga, in prece, ogni mio verso.
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            Scritta da: Nello Maruca

            Falerna mia

            Sorridono sui monti gli alti faggi,
            cantano in mare l'onde schiumeggianti,
            il sol li sassolini fa splendenti,
            rosso sul mar tramonto di suoi raggi.

            Al core distensione loco dona,
            dolce, lieve torpor la mente avvolge
            ch'anima e core entrambi coinvolge
            e tiepido calor le membra sprona.

            Posto a ridosso de li verdi monti
            ch'ossigeno gli dan e mane e sera,
            olézzo di fior d'inverno a primavera,
            l'addorme mormorio di pure fonti.

            Una sol piaga, ahimè, è di tormento:
            l'assenza di suoi nati miglior figli
            che son per esso qual candidi gigli;
            perciò si spira a poco, lento lento.

            Spira pensando li lontani gigli,
            spira, ma il cor trabocca di speranza
            veder un dì veliero in lontananza
            tra l'onde del Tirreno carco dei figli.
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              Scritta da: Nello Maruca

              Quiete agreste

              O campagna dei miei dolci anni verdi
              che l'animo m'empisti di bontate
              per tutte tue amabili qualitate
              disseminate ne li prati verdi.

              Tutto di te mi è caro, dolce campagna!
              Dal fine olezzo di fragile viola,
              all'incessante frinire di cicala
              al raglio d'asino e abbaiar di cagna,

              L'odor di biancospino e di mortella
              frammisto a quel di mosto e uva passa,
              con quel dall'oro che giammai si cessa
              e quell'intenso della cedronella.

              Lo lieve mormorio di fronde intorno,
              la quiete a frescura di quercia annosa,
              il tenue venticel che ognun riposa
              m'invitano se vado, al lesto torno.

              E io mi tornerò alla tua dolce quiete
              giacché qualvolta che a te m'appresso
              turbamento ch'ò in cor tosto m'è cesso
              ché in mente è 'l rimembrar giornate liete.

              In te ritrovo del gran Dio la pace
              cinta d'amenità e Sua fulgente face.
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                Scritta da: Nello Maruca

                Lacrime di sangue

                Il cuore piange lacrime di sangue
                ché più chi gli è in amore a esso punge,
                l'animo, anch'esso, tristemente langue
                ché non è segno d'amor che a esso giunge.

                Pria che su terra lor fossero in vista
                per lor animi e cuor furo in sussulto,
                quando che furo, poi, discesi in pista
                spesso per loro in gola fu singulto.

                Or da quercioli son cresciute querce,
                ma pur stamane ho fatto l'altro sforzo
                ver loro ch'anno per noi anime lerce
                e mio livore ancor contengo e smorzo.

                L'amor ch'è in petto, si, subisce pene,
                ma non arretra, no, perché vessato
                canco pure maggior sprigiona bene
                anche per chi per lui è crudo e ingrato.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  IX

                  Bene! tuona con voce baritonale
                  Il professore di Lingua francese
                  Non stiamo, qui, a chiosare il giornale
                  nemmanco per la paga a fine mese,

                  la media è la scuola tradizionale
                  che se ben fatta porta a dell'ascese
                  che allorché corsa ultima, la finale
                  a ciascuno regala un bell'arnese.

                  Dona in mano bel foglio ch'à valore
                  più d'un castello di trentatré piani,
                  ancor più di reggia adornata d'oro.

                  Studiate, perciò, figli con calore
                  ché gl'anni dati a studio non son vani
                  perché dona a corpo e animo tesoro.
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                    Scritta da: Nello Maruca

                    VII

                    Segna l'inizio assai ben augurante
                    un ciel sereno luminoso e terso
                    che animo e cuore rende esilarante
                    e l'uccelletto innalza col suo verso.

                    Chi arzillo chi lento e chi calante,
                    chi più disteso, chi in timore immerso
                    la scala imbocca ciascun insegnate
                    purtuttavia, ognuno, in pensier riverso.

                    Due giovani professori alti e snelli
                    con risoluto fare e lesti gesti,
                    con l'ausilio di ossuto inserviente

                    assegnano classe ai loro novelli
                    che ad occhi bassi e nei visi mesti
                    seguon confusi lo smilzo servente.
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